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Blocco navale contro i migranti


DAL “DIARIO POLITICO” – 1 NOV. 2022 – DI LUIGI VINCI

a cura di Ennio Abate

Niente giuridicamente giustifica un blocco navale: Meloni, Salvini e Piantedosi, attuale Ministro dell’Interno, se le facciano una ragione. A ogni scadenza elettorale i leader delle principali forze politiche della destra (Fratelli d’Italia e Lega) ripropongono le loro “soluzioni” per arginare l’arrivo di migranti e richiedenti protezione internazionale. Di qui la riproposizione da parte di Giorgia Meloni. Ma sarebbe concretamente possibile praticare un blocco navale, se tentato? Sarebbe legittimo? la risposta è semplicemente “no”. Giova rammentare come Salvini sia ancora sotto processo, in ragione del suo razzismo e delle sue bravate criminali, come l’impedimento allo sbarco di migranti, persino bambini, donne incinte, in mare anche da settimane. Ma andiamo alla legislazione internazionale, a cui fa capo anche l’Italia. Il blocco navale (naval blockade) è una misura di guerra volta a impedire l’entrata o l’uscita di qualsiasi nave dai porti di belligeranti. (Fu normato in Italia nel 1938). Dev’essere formalmente dichiarato e notificato agli Stati terzi. Oggi è universalmente disciplinato dalle Convenzioni di Ginevra sul Diritto umanitario. Costituendo il blocco navale un atto di guerra, un’attività di contrasto a immigrazione irregolare via mare non può essere attuata mediante tale blocco. Se praticato, sarebbe come dichiarare guerra a Stati le cui navi o imbarcazioni raccogliessero migranti. Si potrebbe legittimamente fare qualcosa di diverso dal blocco navale, che abbia comunque l’effetto di “bloccare” navi o imbarcazioni non desiderate, intese a sbarcare migranti, ecc.? No, semplicemente, un “qualcosa di diverso” con effetti di blocco giuridicamente non esiste. Ed è precisamente questo l’ignobile motivo per il quale l’Italia da anni sottoscrive e proroga accordi e tira fuori fior di soldi per la Libia a bloccarvi migranti, e l’Unione Europea paga Erdoğan perché fermi migranti intesi a sbarcare altrove nel Mediterraneo. O per cui è stata creata una SAR (Search and rescue, Ricerca e soccorso) libica fittizia, intesa a consentire alla sua Guardia costiera il suo lavoro criminale, cioè, la consegna dei migranti a campi di concentramento, anche quando siano donne e minori. Da notare: il traffico illecito di migranti non è crimine di livello internazionale (crimen juris gentium). Questo significa che nella Convenzione-Protocollo di Palermo (2004) non esiste la possibilità per Stati-parte, cioè coinvolti, di attivare provvedimenti come il blocco navale o il dirottamento verso il porto di partenza di nave impegnata in trasporto illegale proprio o di altro Stato. Non solo: tale Protocollo prevede l’obbligo, per lo Stato che direttamente adotti iniziative di contrasto al traffico di migranti, “di assicurare la sicurezza e il rispetto dei diritti umani delle persone trasportate; inoltre, di non pregiudicare gli interessi commerciali dello Stato di bandiera e di altri Stati interessati”, ancora, di evitare ogni interferenza del Protocollo con altre fonti di diritto internazionale, come il diritto umanitario internazionale, i diritti umani e la Convenzione di Ginevra, 1951, sui rifugiati. Dunque, il blocco navale non è praticabile nel senso auspicato da Meloni e da destre in generale, in nessuna forma. Né come atto di guerra, ovviamente, né in forma più morbida queste destre possono fermare movimenti di migranti. In base al diritto dell’Unione Europea, al diritto internazionale e al diritto italiano, anche i migranti trasportati illecitamente hanno il diritto di chiedere lo status di rifugiato. L’articolo 33 della Convenzione di Ginevra prevede che “nessuno Stato contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche”. Ciò è anche parte di un principio di no-refoulment, di non respingimento, previsto dall’art. 19 della Carta fondamentale dell’UE, e della protezione in caso di tentativo di allontanamento, espulsione ed estradizione. “Le espulsioni collettive sono vietate, nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esista un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura e ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti”. Analogamente la CEDU (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, alias Corte di Strasburgo) prevede il divieto di espulsione collettiva. A disporre di tali divieti c’è anche l’Italia. Infine, sempre stando alla Corte di Strasburgo, la tutela di questi diritti non riguarda solo persone già sul territorio, ma anche se altrove – per esempio, in mare, in acque internazionali, ecc. Ancora, l’art. 98 della Convenzione Unclos (la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, 1982), titolato “Obbligo di prestare soccorso”, prevede che ogni Stato possa esigere che il comandante di una nave che batta la sua bandiera debba, nella misura delle sue possibilità, senza mettere a repentaglio la nave, l’equipaggio o i passeggeri, portare soccorso a chiunque sia trovato in mare in condizioni di pericolo, parimenti procedere quanto più velocemente al soccorso di persone in pericolo. E ciò vale anche nella cooperazione tra navi. Esistono poi altre Convenzioni di analogo orientamento. Non a caso, dunque, l’ex ignobile Ministro dell’Interno Salvini per aver imposto il blocco a navi ONG che soccorrevano migranti richiedenti soccorsi è tuttora sotto processo. Pescatori siciliani sono stati portati a giudizio, per anni, per aver tratto in salvo migranti naufragati. L’accusa, per molti, di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina” o di “illegale mancato soccorso”[qui la frase mi pare interrotta….Nota mia]. Secondo Amnesty International, “oltre 85mila persone sono state intercettate in mare e riportate in Libia: uomini, donne e bambini sono andati incontro a detenzione arbitraria, tortura, trattamenti crudeli, inumani e degradanti, stupri e violenze sessuali, oppure portati ai lavori forzati, o, anche, uccisi per essersi ribellati”.

(Dalla pagina FB di Roberto Mapelli
https://www.facebook.com/permalink.php…)

Narratorio grafico di Tabea Nineo

di Ennio Abate

 Ho trasferito tutti gli articoli del blog Narratorio grafico di Tabea Nineo (2011-2021) qui su POLISCRITTURE nella rubrica omonima (qui).

Presentazione 2011
Da ragazzo ho imparato a scrivere. Ma ad un certo punto ho imparato anche a disegnare e dipingere.  Per molti le due attività sono conciliabili o si alternano senza troppi problemi. Nel mio caso non è andata così. Scrittura (poesia, saggistica) e pittura  sono state  davvero in certi periodi della mia esistenza strade divaricate e poco conciliabili. Per ragioni che ora non affronto. La scrittura ha preso il sopravvento sull’altra attività che è rimasta secondaria.  Anche se il Tabea Nineo (anagramma giovanile del mio nome e cognome), col quale  avevo deciso di firmare disegni e dipinti, è in fondo un mio gemello e, quando ho potuto, gli ho dato più  spazio: prima insinuando “disegnini” in bianco/nero sui fogli dei quaderni o sulle pagine dei giornali o delle riviste o  dei libri che, per passione o obblighi, andavo leggendo; più tardi lavorando su fogli da pacco o disegno  e, più recentemente, anche su tela e coi colori ad olio,  passando così dalla stilografica o dalla biro al carboncino ai pennarelli e ai pennelli. C’è una certa contiguità tra la mia scrittura e i grafismi che, a partire da uno “scarabocchio”, diventano figure. E spesso le due ricerche, che hanno temi simili, sembrano collaborare e somigliarsi Non so dire quanto il mio narratorio in parole e quello grafico siano complementari. So che a volte imboccano direzioni diverse e si perdono di vista. Anche se il sogno giovanile di una possibile unità,  in cui disegni, poesie e prose si ricompongano, fuori da ogni gerarchia, non è del tutto svanito , per ora e per me scrittura e pittura rimangono solo inquietamente vicine.

–  In copertina: Tabea Nineo, Ombra di donna e uomo antico, olio 2003]

In morte di Luigi Sciagura

Comunico che mio marito Luigi Sciagura é deceduto il 07.10.2022. La salma sarà esposta per le visite a partire da oggi, sabato 08.10.2022, dalle 15.00 alle 17.45, presso la Casa Funeraria Domus Pacis, in Via Sibilla Aleramo, numero 29, cap. 20092 in Cinisello Balsamo(Mi). ORARIO: “Sabato 08.10.2022 dalle 15.00 alle 17.45” “Domenica 09.10.2022 dalle 08.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle17. 30″.” Lunedì 10.10.2022 dalle ore 14.00 alle 15.00 sarà possibile vedere la salma. Dalle 15.00 alle 16.00 avverrà la cerimonia funebre. Saró presente Lunedì dalle ore 14.00 in poi. Giovanna Musca

* Nota di E.A. Di Luigi Sciagura si legge  su Poliscritture La mia vita a capitoletti  (qui e qui)

Riordinadiario 7 ottobre 2022

SULL’ASSEMBLEA DELLE LISTE CIVICHE (ARTLISTA E CSD)
6 OTTOBRE 2022 IN VIA PETRARCA A COLOGNO MONZESE

di Ennio Abate

Ieri sera sono stato all’”auditorium” di Via Petrarca per seguire l’assemblea pubblica di ArtLista e CSD. La prima dopo il commissariamento del Comune di Cologno Monzese ma anche dopo la clausura per Covid e lo sconquasso per la guerra in Ucraina. Un po’ di pubblico (di anziani, molti di loro con un certo passato politico alle spalle) e anche qualche giovane.
Che delusione, però!

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Poliscritture: declinare bene

di Ennio Abate

Esisterebbero ancora tutte le buone ragioni per continuare come Poliscritture, rivista che – ricordo – è iniziata nel 2005, un lavoro di laboratorio di cultura critica. Ma le cose – come si è visto – non sono andate e non vanno bene. Giocoforza nel 2017  abbiamo dovuto interrompere la pubblicazione della rivista cartacea (qui gli 11 numeri usciti). Anche due tentativi di rilanciare una redazione collettiva (il primo nello stesso 2017: Poliscritture 2; il secondo nel 2021: Poliscritture 3) si sono arenati. Poche e saltuarie restano le collaborazioni di autori giovani. Comunico, perciò, che abbandono definitivamente il progetto collettivo di Poliscritture. E sostituisco il suo affermativo sottotitolo con un volenteroso ma solo augurale Per un laboratorio di cultura critica. La nuova fase – declinante – della rivista sarà  a cura di Ennio Abate e basta. E in questo luogo, fin quando potrò, pubblicherò i miei scritti (poeterie, narratorio, appunti politici e di lettura), ospiterò le rubriche intestate ad alcuni amici/che ed i testi da me ritenuti validi, che altri/e ancora dovessero propormi.
Grazie dell’attenzione.

P.s.
Nei prossimi giorni ritoccherò titoli, rubriche e grafica della Home Page

 

Nota
L’immagine d’accompagnamento è di Paul Klee. Il titolo è “Senecio”. Dicono che rappresenti con  forme rettangolari geometriche racchiuse in un cerchio un volto di un vecchio e che forse il soggetto raffigurato sia lo stesso Klee. L’opera è del 1922.

Un’altra perdita…


a cura di Ennio Abate
Ecco perché non avevi più risposto al mio messaggio riguardante Danilo Montaldi.
Ciao, Giovanni Mottura


P.s. per i giovani che non ne sanno nulla

Giovanni Mottura. Valdese. Nato a Torino nel 1937. Ha insegnato Sociologia del lavoro all’Università di Modena. Ha svolto attività di inchiesta sulla condizione operaia e la ripresa delle lotte sindacali a Torino e sulla disoccupazione e le condizioni di vita e di lavoro di braccianti e contadini nella Sicilia occidentale e successivamente in Campania. Dagli anni ’80 ad oggi si è occupato soprattutto , come ricercatore e operatore, dei nuovi processi migratori infra europei e verso l’Europa. Su tutte queste tematiche ha pubblicato libri ed .ha collaborato con Quaderni Rossi, Gioventù Evangelica, Problemi del socialismo, Quaderni Piacentini, Inchiesta, Community Development, Rivista Storica del Socialismo, La Questione Agraria. Ha fondato e diretto Agricoltura e Società. Nell’ultimo decennio ha collaborato come coordinatore alla redazione del rapporto Immigrazione e Sindacato dell’Osservatorio sull’immigrazione dell’IRES nazionale.

 

6 spunti di studio: Massimiliano Tomba su Marx


a cura di Ennio Abate

1.  La tecnologia è capitalistica e non di per sé liberante

I computer non hanno liberato tempo, ma hanno dilatato il tempo di lavoro occupando anche la sfera privata. I telefoni portatili hanno reso reperibili in ogni luogo i lavoratori mobili. Non si tratta di guardare romanticamente a un passato precapitalistico, ma non si deve nemmeno enfatizzare lo sviluppo dei mezzi di produzione come portatori di una intrinseca possibilità di liberazione. I mezzi di produzione hanno un valore d’uso intrinsecamente capitalistico in quanto sono finalizzati all’aumento della forza produttiva del lavoro e alla sua intensificazione. La tecnologia che essi incorporano è segnata da quello stesso valore d’uso. Macchine e scienza non sono neutrali. Non sono nemmeno attraversate da un’intrinseca ambivalenza che ne racchiude splendide possibilità di liberazione. Esse, in sé, non racchiudono un solo atomo di liberazione. Ambivalente può invece essere il loro uso, quando è diretto contro il capitale. Contro la sua valorizzazione. Continua la lettura di 6 spunti di studio: Massimiliano Tomba su Marx