di Ennio Abate
Colognosità
LE PERLE LINGUISTICHE DEI POLITICI COLOGNESI (3)
Ovvero piccoli consiglieri comunali (e probabili candidati sindaci) crescono
Certo, una Politica può essere (in singoli casi molto limitati) anche «SERVIZIO» (dei cittadini o della città). Ma attenzione a non farla diventare assistenza sociale. Come se i cittadini (a Cologno o altrove) fossero “deboli”, “minorenni, “disinformati” o “indifferenti” quasi soltanto per proprie colpe o debolezze. Sono degli sconfitti. Da tempo espropriati di diritti prima riconosciuti (al lavoro, alla casa, all’istruzione, alla cultura). E non hanno più organizzazioni, che li educhino a rivendicarli questi diritti e non a rivolgersi a questo o a quel burocrate come dovessero ricevere una elemosina. Dobbiamo riorganizzarci e tornare a lottare.
Certo, fa parte della Politica anche la dimensione sociale e popolare. Che significa anche «entrare in contatto con tante persone, realtà locali e associazioni, commercianti e famiglie» o «saper osservare e mostrare il lato umano delle situazioni». Ma la crisi – anche per la sciagurata partecipazione alla guerra in Ucraina del governo Draghi – continua ad aggravarsi. Le bollette aumentano, il lavoro per i giovani non si trova o è mal pagato, gli sfratti scardinano la vita di molte famiglie. E, quindi, dopo che abbiamo osservato questo «lato umano» – esperienza che può essere anche « stimolante e arricchente» per il politico che se l’era dimenticato o lo ignorava – cosa si fa?
Certo, è lodevole che dei consiglieri comunali permettano «a quanti più Colognesi possibili di informarsi su quanto accadeva giorno dopo giorno» in Consiglio Comunale. Ma se da tempo il Consiglio Comunale di Cologno diretto da Rocchi era diventato un indecente e grottesco teatrino di arrampicatori sociali e di yes man incapaci di far politica, cosa potevano ricavare i cittadini dalla cronaca delle sedute o dal puntuale diario di bordo di Arosio?
Che all’inizio Arosio possa essere stato « ingenuo a credere che ci potesse essere un dialogo franco e costruttivo sui contenuti» con l’Amministrazione di Rocchi ci sta. Era un neoconsigliere. Ma dopo un po’ di fronte alla « miopia e arroganza» o alla « chiusura, strumentale e faziosa», che si fa? Si continua a picchiare la testa contro il muro? Ci si accontenta di informare in modo «trasparente e propositivo» ma inascoltati su questa brutta recita attraverso il diario di bordo?
Una buona politica è prima di tutto gestione e soluzione di conflitti. Quando ci si è accorti che l’opposizione in Consiglio comunale era svuotata, sarebbe stato meglio organizzarsi subito coi cittadini per farlo smettere il prima possibile questo teatrino indecente, invece di aspettare che crollasse da solo per beghe interne diventando tutti spettatori impotenti e mugugnanti.
Io, dunque, la rivedrei questa Politica come Servizio. Nei discorsi di Arosio e di CSD sento troppa eredità democristiana: troppi valori enunciati astrattamente (« competenza, serietà e passione»); troppa voglia di non scontentare nessuno e di bonificare (ma solo a parole e con bei sorrisi) le sacche spesso motivate di pessimismo e malcontento; troppa tendenza a nascondersi dietro affermazioni generiche (come questa: « non esistono soluzioni facili a questioni complesse. Non esiste il leader infallibile, la ricetta facile per ogni situazione»). Se si dice che «Cologno Monzese è infatti una città complessa ma con grande potenziale», bisogna pur chiarire in cosa consista questa complessità e in cosa consisterebbe il suo «grande potenziale». (Specie se subito dopo si afferma che Cologno è «una città economicamente e socialmente fragile, culturalmente eterogenea, politicamente deludente »). Non m’importa che Arosio e CSD ci credano che si possa «raggiungere questo nostro potenziale come Colognesi o come Città». Dov’è un’analisi ragionata ( e non un elenco della spesa) dei problemi di questa città?
Bisogna ripensare Cologno e la politica a Cologno.
* La foto di accompagnamento (Vecchia Chiesa di Cologno Monzese in Piazza XI febbraio) è di Mauro Cambia
Anticololognosità
RIPENSARE COLOGNO MONZESE NEL 2022 (1)
Una riflessione a capitoletti
Nel 1987, quando con alcuni amici facevamo la rivista autoprodotta «Laboratorio Samizdat»[i] preparammo un questionario. Lo intitolammo «Immagini dell’hinterland: Cologno Monzese» e noi stessi della redazione cominciammo a rispondere alle domande che avevamo preparato. Eccole:
1. Consideri Cologno Monzese una città. Si, no, perché?
2. Secondo te, quali sono i tre aspetti più negativi di questa città?
3. Quali sono, invece, gli aspetti positivi di Cologno Monzese?
4. Fa’ un confronto fra Cologno Monzese e qualsiasi altra città o paese da te conosciuti. Cosa ha di più o di meno Cologno Monzese?
5. La tua attenzione a Cologno Monzese è aumentata o diminuita negli ultimi 10-15 anni? Perché?
6. Da quali quartieri e zone di Cologno Monzese, che hai frequentato di più, ti sei costruita la tua immagine (o idea) di Cologno?
7. Quali sono i quartieri o le zone di Cologno Monzese che più ignori? A chi ti rivolgeresti per fartene un’idea?
8. Quali sono state negli ultimi 10-15 anni le trasformazioni per te più evidenti di Cologno Monzese? Come le giudichi?
9. Quali sono i tuoi sentimenti verso Cologno Monzese?
10. Quali sono le tre esperienze più significative che hai avuto a Cologno Monzese negli ultimi 10-15 anni?
11. Quali sono le esperienze più negative che hai avuto a Cologno Monzese negli ultimi 10-15 anni?
12. Cologno ti appare come periferia di Milano. Si no, perché?
13. Ritieni possibile costruire una nuova immagine di Cologno Monzese? Se sì, in quale direzione (politica, culturale, economica, ecologica) impiegheresti le tue energie?
14. Pensi che a questa nuova immagine di Cologno Monzese possano contribuire di più i viaggiatori (quanti lavorano fuori Cologno o hanno di frequente rapporti con altri luoghi o Paesi anche stranieri) o i sedentari? Perché?
Nota
[i] «Laboratorio Samizdat» è stata una rivista ispirata al pensiero comunista (marxismo critico) della Nuova Sinistra, che a Cologno era stato rappresentato negli anni Settanta prima dal «Gruppo operai e Studenti» e poi dalla sezione di «Avanguardia operaia». Fu preparata – in una prima fase “in casa” (fotocopiata) e solo negli ultimi numeri stampata – a Cologno Monzese e diffusa a mano. Fra il 1986 e il 1990 uscirono, oltre al numero zero di prova, 8 numeri. In redazione: Ennio Abate, Roberto Fabbri, Erica Golo, Eugenio Grandinetti, Roberto Grossi, Marcello Guerra, Roberto Mapelli, Donatella Zazzi.