Tutti gli articoli di Ennio Abate

Bottega di cose slave di Antonio Sagredo

NUOVA RUBRICA DI POLISCRITTURE 3
cose slave

Lo scopo di questa bottega è di presentare ai lettori, amatori e curiosi, sul bancone o esposti sulle mensole, prodotti “slavistici”, spero di prima qualità; certo è che l’assaggio della merce è garantito a tutti i palati e  l’assaggio può essere dolce o amaro o dolce-amaro secondo i componenti costitutivi di ciò che viene offerto.
Vi saranno molti prodotti assolutamente indigeribili e altri tutto il contrario, o infine sconosciuti come certi continenti mai calpestati.
Può essere presentata una merce in apparenza del tutto avariata, ma è raccomandato dapprima l’assaggio per dare un giudizio.
Per molti sarà la prima volta, e in alcuni casi l’ultima poi che la scalata è difficoltosa se non si hanno gli strumenti adatti, cominciando dal cerebro che ognuno di noi possiede per finire agli scarponi e ai ramponi inutilizzabili; e ne dovranno trarre le conseguenze accorgendosi che l ‘informazione che essi credevano  completa è invece insufficiente, se non addirittura inutile e dannosa.
Alcuni andranno avanti con la gioia e l’aspettazione di scoprire continenti, altri torneranno indietro impauriti e conosceranno i propri limiti.
E non basta una conoscenza che a volte si limita ai soli nomi (Ah sì, Quevedo, lo conosco – ma non è vero affatto!). Bisogna conoscere la storia e la ricerca scientifica relativa sui poeti qui presentati, la loro geografia (socio-culturale) e, dunque, il territorio entro cui ciascuno ha vissuto e operato.

Rileggendo “Una lettera a Nietzsche” di Franco Fortini

di Ennio Abate

Sono passati ben 37 anni da quando lessi «Una lettera a Nietzsche», la sezione di dieci testi che apre «Insistenze» (Garzanti 1985)[1] e l’acuta analisi che Elena Grammann ne ha fatto su Poliscritture (qui) mi ha spinto a riprendere in mano questo libro. Continua la lettura di Rileggendo “Una lettera a Nietzsche” di Franco Fortini

Ciao, Giancarlo Majorino/ veleno a me vicino!

– Sai, un po’ io l’ho fatto (scelte, letture, manifestazioni, ma tieni conto della mia età e degli impegni che mi prendono interamente (lo scrivere anzitutto).. Proprio non ce la faccio a leggere tutti i libri di poesia che arrivano. È difficile fare un discorso in generale.  Credo che ognuno debba farlo concretamente in base al proprio tipo di vita.  Sono straconvinto che siamo tutti gravati da una frenesia folle, da un gremito non fasullo, vero. Con tutti gli amici che un tempo vedevo  adesso non riusciamo mai a incontrarci. La quotidianità di ciascuno, soprattutto in città, è diventata convulsa. Io faccio una lunga mattina di lavoro dalle cinque alle due. Se mi salta, già m’incomincio a innervosire. Poi il pomeriggio e la sera cerco di liberarmi, di non legger più, di fare un’altra cosa, di vedere gente. Io alle due, per dirti, non ho più voglia di legger niente, ma davvero: anche libri di persone che conosco, poeti veri. Sono semistremato. Allora questa curiosità legittima verso quello che fanno gli altri è  ancora più soffocata, se vuoi. Tieni poi conto che  pratico fonti scritte e fonti viventi. Mentre con le fonti scritte bazzico continuamente, ho come l’impressione che, al di là di risentimenti corporativi discutibili, al di là di certe ambiguità della cosa, sia difficilissimo spalancarsi con disponibilità a migliaia di sconosciuti. È difficile, perché che cosa spingerebbe a questo? Un letterato potrebbe anche analizzare che tipo di tecniche passano in questa produzione, ma la forma che ti arriva è quasi sempre una forma non pienamente realizzata. Mentre, invece, se vi fossero  studi attendibili e rigorosi che dicessero che cos’è questo fenomeno, li leggerei davvero. Ma fino a quando questo non c’è… Io non riesco a guardare neanche le antologie. C’è una vera restrizione del nostro orizzonte di curiosità, di attenzione,  che tutti quanti proviamo. Non c’è la libertà, la disponibilità all’ascolto. E questo non  dipende solo da arroganza o saccenteria.

(da Una conversazione con Giancarlo Majorino, 5 giugno 2002)

Il viaggio di un cetomedista

di Ennio Abate

O Dio, se si potesse leggere nel libro del destino
e vedere come il volgere del tempo
appiana le montagne, e i continenti,
stanchi di restar solidi, si stemperino
nel mare; e veder altre volte
che la cintura costiera dell’oceano
 è troppo larga per i fianchi di Nettuno; come i giochi
 del caso e il mutamento colmino la coppa
 dell’instabilità con liquori diversi!
Oh, se questo si vedesse, anche il più spensierato
dei giovani, guardando il suo cammino futuro,
 i pericoli passati e le prove a venire,
chiuderebbe quel libro e vorrebbe morire»

(Shakespeare, Enrico IV  citato in Viaggio nella   presenza del tempo, p. 294)
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Appunti  sulla storia di AO

di Ennio Abate

Meglio la malinconica consapevolezza di una sconfitta. Meglio la dignitosa riflessione di un intellettuale che contribuisce alla lotta con l’esperienza maturata in un’altra epoca.

(Fabrizio Billi e William Gambetta, Massimo Gorla una vita nella sinistra rivoluzionaria,  pag. 90, Centro Documentazione di Pistoia)

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