Tutti gli articoli di Ennio Abate
Una vecchia intervista
RIORDINADIARIO 1997. NEI DINTORNI DI PDG (PIERO DEL GIUDICE)
A cura di Ennio Abate
Nel dicembre 1997 cominciammo a preparare i saggi della rivista «Inoltre» sul tema «della violenza e altro» per il n. 2, che fu poi pubblicato (per motivi che qui non tratto) soltanto nella primavera del 1999. In esso, alle pagg. 59-65, compare una mia conversazione con Piero Del Giudice, «Ex Jugoslavia: il tempo del conflitto e l’internazionalismo dei diseredati» che porta la data 15/16 marzo 1967. Ora in una mia cartella del PC ho ritrovato un’intervista molto più lunga e meno impersonale di quella. Ne pubblico uno stralcio in coincidenza con la ricorrenza dei venticinque anni (1995) del massacro di Srebrenica [E.A.]
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di Ennio Abate
14 gennaio
Sogno
A un convegno che dovrebbe essere terapeutico e religioso. Assisto spaesato, tollerante ma non coinvolto emotivamente. Mi ritrovo vicino ad alcuni malati impegnati in un rito che dovrebbe guarirli. Poi vedo alcune persone che, ispirate, cominciano a danzare in fila indiana tremolando col corpo. Ora sono seduto in una poltrona. Degli adolescenti, handicappati e bavosi, cominciano a sputacchiarsi l’un l’altro. Uno di loro mi viene addosso. Sento uno sgradevole umido di piscio sul mio braccio. Poi mi aggiro su un prato. Qui un’orchestra si prepara a suonare e io mi metto in un angolo per ascoltare. Accanto a me c’è uno di spalle con due cani lupo. Il tizio vuole fotografare uno dei due cani. D’un tratto, però, l’altro cane si avventa contro di me. Riesco a respingerlo. Ora ho il compito di dipingere di blu i muri di una cappella. Esaminandoli attentamente mi accorgo però che lì c’è già un affresco. Rappresenta una successione di semicerchi. Sono di colore giallo, sbiadito però dal tempo. Allora prendo una decisione: dipingerò di blu solo lo zoccolo basso dei muri e rafforzerò il giallo dei semicerchi.
Continua la lettura di Riordinadiario 1999Informazione e politica, Business e Thing. Appunti sulla Lettera rubata di Edgar A. Poe
di Roberto Bugliani
Più di altri racconti d’Edgar Allan Poe, La lettera rubata (The Purloined Letter, 1844) ha consentito, scandite nel tempo, letture di vario orientamento, da quelle “fenomenologiche” attestate sulla dialettica visibile – invisibile fino a patirne le conseguenze abbaglianti, a quelle fondative d’un discorso teorico o comunque istitutive d’una conferma. Nella seconda metà del secolo scorso il racconto di Poe ha stimolato due ascolti – e due sguardi – cruciali e contrapposti: quelli dello psicoanalista (Lacan)[1] e quelli del filosofo (Derrida)[2]. Ma entrambi, troppo attenti a rinvenire nei tratti della lettera rubata (o deviata, si potrebbe dire, dalla sua originaria destinazione) quelle stigme che la familiarizzano col loro discorso analitico[3] (per Lacan l’insistenza del significante e la sua circolazione lungo la linea fallo-castrazione-femminilità; per Derrida decostruzionista la critica alla logica fallo-fono-logocentrica), si sono lasciati sfuggire un resto che, indisciolto, continua a fare nodo. Un eccesso d’attenzione può distrarre tanto quanto una sua insufficienza, dacché nessuna delle modalità di lettura sopra evocate ci pare essersi adeguatamente soffermata sul significato politico elementare contenuto in modo manifesto (nemesi e paradosso insieme d’una lettera cachée) in questo racconto di Poe dotato come pochi altri d’una valenza semantica decisamente plurale. E’ infatti stupefacente come La lettera rubata costituisca un referto cristallino della dinamica che presiede la lotta per l’informazione condotta all’interno d’una cerchia di personaggi di potere, e raffigurata come parte costitutiva del più generale conflitto politico per il Potere, in questo caso integrato dalla lotta tra classi: quella borghese del Ministro e quella nobiliare della Regina, in una Francia dove i regnanti sono i rappresentanti della monarchia restaurata.
Continua la lettura di Informazione e politica, Business e Thing. Appunti sulla Lettera rubata di Edgar A. Poe«Sui confini della poesia» di Franco Fortini. Appunti
di Ennio Abate
” Sui confini della poesia” si legge in “Nuovi saggi italiani 2” alle pagg. 313 -327 del volume della Garzanti pubblicato nel 1987. E’ una lezione tenuta da Fortini presso l’università del Sussex nel maggio 1978. Il testo non è di agevole lettura, anche perché rivolto ad un pubblico di studiosi. Usa espressioni concentrate e le tesi non vengono spiegate ricorrendo ad esempi. Questi sono gli appunti che ho steso in questi giorni dopo una ennesima lettura e avendo in mente la questione del rapporto poesia/moltinpoesia. I numeri tra parentesi rimandano alle pagine. [E. A.]
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di Ennio Abate
5 gennaio
Leggendo/rileggendo Fortini (Disobbedienze)
Pur leggendo i suoi articoli su il manifesto e Quaderni piacentini per tutti gli anni ’70, ero distante dal suo modo di pensare e problematizzare, condizionato parecchio dall’essere studente lavoratore e militante di Avanguardia Operaia. Non è stato un caso che cominciai a intendere meglio le sue critiche dal 1977. La mia lettura di Questioni di frontiera avvenne quando già ero uscito nel 1976 da Avanguardia Operaia che confluiva in Democrazia Proletaria.
Continua la lettura di Riordinadiario 1998Lode del dubbio ma difesa del singolo
di Ennio Abate
La vicenda è penosa. Sembra confermare tristi presagi mentre fa riemergere viscidi fantasmi del passato. Sul contrasto fra Farid Adly e la “Direzione” di Radio Popolare la penso per il momento così:
Rita Simonitto
https://www.ibs.it/cuore-domani-forse-libro-rita-simonitto/e/9788863412406
Alcuni racconti del libro di Rita Simonitto sono stati pubblicati su Poliscritture
Oggi parliamo di Cultura
di Samizdat Colognom
Con la modernità, in cui non smettiamo di accumulare, di aggiungere, di rilanciare, abbiamo disimparato che è la sottrazione a dare la forza, che dall’assenza nasce la potenza. E per il fatto di non essere più capaci di affrontare la padronanza simbolica dell’assenza, oggi siamo immersi nell’illusione inversa, quella, disincantata, della proliferazione degli schermi e delle immagini. Jean Baudrillard, "Il Patto di lucidità o l'intelligenza del Male" (Raffaello Cortina)
Lettera aperta ad Alessandra Roman e alla sua coalizione
Continua la lettura di Oggi parliamo di CulturaSu “La disciplina dell’attenzione”di Roberto Bugliani (3)
di Velio Abati
Buono l’argomento della Disciplina dell’attenzione, difficile la posizione dell’autore. Come sappiamo l’argomento, in ispecie per la narrazione, non è elemento secondario per il valore dell’opera. Naturalmente l’argomento non è dato in assoluto, lo si misura nel suo contesto. E che cosa è più urgente, oggi, parlando degli uomini, della spaventosa spoliazione – crescente eppure nascosta, riversata nei nostri mari e terre eppure invisibile – del mondo che conta di cui portiamo bandiera ai danni della rimanente umanità? Invisibile, dicevo, ma non muta, tanto che anche nella nostra lingua hanno preso da tempo parola altri sguardi e linfe e colori che hanno finalmente attraversato i confini dell’orto letterario fecondandolo di nuovi semi, per chi vuol vedere. A questa urgenza, esplicitamente didattico, rinvia il titolo: l’attenzione è una necessità che richiede disciplina.
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