Per un approfondimento vedi articolo su POLISCRITTURE: Un quadro e un manifesto (qui)
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Fra pochi giorni…
di Gualtiero Via
Nel leggere questa ode di Gualtiero Via così cordialmente meditativa e speranzosa sulla scuola d’oggi, mi sono ricordato di quant’era invece dolente e incupito dalla sconfitta del ’68 “Prof Samizdat”, personaggio/maschera alle prese con la scuola anni ’70-’80 del Novecento. Il racconto della sua esperienza cominciava, infatti, così: “Dove lo troviamo Prof Samizdat? A bagnomaria nel quotidiano scolastico. Eccolo. Ha dettato i voti d’italiano e storia. Primo quadrimestre, eh. Restano da firmare i tabelloni e il registro azzurro. Ultimi avvertimenti di una voce – la coordinatrice di classe. Con la fregola addosso si accalcano per lo scarabocchio finale sui tabelloni e i registri. Battutine. Quali? Boh. Ultimi saluti distratti. Si scappa fuori. Il pomeriggio è di piombo. Dentro e fuori? Ci arriveremo, ci arriveremo. Lui pure scappa. Per i corridoi a quell’ora deserti e silenziosi. Ti scruto primo quadrimestre. Ti perquisisco io, pezzo di vita stronza. Io, prof Samizdat, che quasi non ti voglio notare, mutanda mia scolastica! Ché sui tabelloni metterei non la firma ma uno sputo. Che è firma + rancore. Per assenza d’amore? E chissà se un corridoio resta. Per l’amore o solo per andare a cesso?“. Non suoni provocatorio accostare due esperienze lontane nel tempo per capire da quanto tempo dura la sofferenza di una scuola che ora pare smettere di respirare e rischia di dissolversi in DAD. [E. A.]
un’ode (agli studenti a agl’insegnanti) Fra pochi giorni avremo lo scrutinio carissime colleghe, e voi, colleghi, condenseremo, in numeri, che cosa?Continua la lettura di Fra pochi giorni…
Mani del 2015
Commento ai disegni 1976 – 1986
di Franco Casati
Da Marcel Duchamp in poi l’arte figurativa ha subìto una indubitabile crisi, che ha portato infine al concettuale, dove i ponti sono stati del tutto recisi. Si è dovuto, successivamente, ripartire quasi da zero, volendo recuperare una tradizione artistica millenaria, per altro dura a morire; nella sua ricerca teorica Cesare Brandi evidenziò, appunto, come nel secondo ‘900 sia stato il recupero del legame fra segno e immagine a riportare tradizioni e regole dell’ arte del passato. In questo senso il disegno ha avuto un ruolo fondamentale, proprio per le sue caratteristiche di essenzialità e di libera invenzione. La sua evoluzione, nella forma e nelle tecniche, ha accompagnato tutto il successivo cammino dell’arte. La grammatica del disegno, creatrice di sintesi e di potenza evocatrice, ha funzionato come una sonda lanciata nell’inconscio, assecondando una ricerca culturale che ne è stata fortemente condizionata.
In questo senso, ad esempio, l’opera di Paul Klee, dove nel disegno si esprime una capacità e una sintesi espressiva distinta dalla pittura, ha spinto verso un’espressione primordiale e una moderna, sofferta spiritualità, nonché verso quella dimensione di “confessione creatrice” che consente all’artista una maggiore intimità. Può accadere, a mio avviso, che un disegno, un abbozzo, uno schizzo o un’incisione possano avere un maggior valore identitario e artistico rispetto a un quadro. Nella mia attività spesso mi è capitato di preferire il disegno di un artista a una sua opera, riscontrandovi una maggiore essenzialità e un minore condizionamento tecnico-formale. Mi piace ipotizzare un paragone in campo letterario: un haiku giapponese a fronte di una elaborata poesia occidentale, mutatis mutandis.
In questo blog viene pubblicata una rassegna diacronica dei disegni di Tabea Nineo. Osservando queste opere, per quanto mi viene consentito dalla semplice riproduzione, ho riscontrato di primo acchito le caratteristiche di cui sopra, in fieri, dove si innestano quelle istanze che vorrebbero attualizzare il messaggio di un’arte figurativa contemporanea. Provo ad evidenziarne alcune caratteristiche, fermo restando che la mia esperienza mi porta a ritenere che la conoscenza diretta dell’artista (che in questo caso non ho) sia importante per capire il suo percorso e per entrare nel laboratorio tecnico, nella sua officina.
Il ‘Narratorio grafico’ comprende disegni del periodo ’76/’86. In queste opere si riflettono temi di anni caldi di tensioni politiche e culturali, di lotte sociali; ma anche visioni oniriche e inconsce, elementi di realtà urbana e contadina, oppure singoli soggetti o persone. Nei disegni la linea è descrittiva ed espressiva al contempo, vibrante, partecipe. C’è una prevalenza del vuoto sul pieno, un uso misurato del tratteggio, qualche netto contrasto di chiaro-scuro, di luce-ombra.
Al di là di reminiscenze Picassiane o di correnti di pittura meridionale, in certe figurazioni e nel raro uso del colore, l’artista ha una sua cifra, una propria identità che va collocata in un alveo espressionista, più che astratto-informale. In tutte le opere salta all’occhio una netta opposizione, un forte contrasto a un formalismo di tipo estetico, perentoriamente cercata; un disegno figurativo che sfugge all’accademismo e declina verso un sofferto realismo. Non indugio sulla descrizione dei singoli lavori, perché sono tanti e ciascuno meriterebbe un discorso a sé. Invito, semmai, il lettore di queste brevi note a prenderne visione, per farsene un’idea personale.
Qualche pittore amico, nel passato, per valutare l’effettivo talento di un artista, mi suggeriva di esaminare i suoi disegni; e sono tuttora convinto che questo consiglio valga, e ancora di più, verso gli artisti contemporanei .
Colognom. Vicinanze e distanze
di Ennio Abate
Seconda risposta a Donato Salzarulo
«Chi ai nostri giorni voglia combattere la menzogna e l'ignoranza e scrivere la verità, deve superare almeno cinque difficoltà. Deve avere il coraggio di scrivere la verità, benché essa venga ovunque soffocata; l'accortezza di riconoscerla, benché venga ovunque travisata; l'arte di renderla maneggevole come un'arma; l'avvedutezza di saper scegliere coloro nelle cui mani essa diventa efficace; l'astuzia di divulgarla fra questi ultimi». (Bertolt Brecht, «Cinque difficoltà per chi scrive la verità»)
Caro Donato,
dopo il tuo intervento (qui) rilancio ancora:
A principesse Sichelgaite
da “A VOCAZZIONE”
di Ennio Abate
Lo so, abuso della pazienza degli italianofoni. E quelli che ancora oggi usano il dialetto salernitano-napoletano forse faticheranno a decifrare questo mio, di memoria e scritto. Eppure la soddisfazione di raccontare la storia della Principessa Sichelgaita come se quelli che parlavano in dialetto con me quando ero ragazzo potessero ascoltarmi me la prendo.[E. A.]
Disegni vari ’76 – ’86 (4)
“Un vento gentile soffia su Cologno”, ma le scarpe sono “rotte” o no?
a cura di Ennio Abate
Miseria della politica e speranza di cambiamento in un città di periferia, dove abito dal 1964. Pubblico un mio intervento critico, una mail dell’amico Donato Salzarulo, la mia replica e, in Appendice, le reazioni di vari amici e amiche su una pagina FB locale, Cologno Outside. Mi attendo approfondimenti, ma vanno bene anche ulteriori polemiche [E. A.]
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29 maggio alle ore 07:24Ennio Abate aPOLISCRITTURE COLOGNOM29 maggio alle ore 07:19
SAMIZDAT COLOGNOM
SPIACE DIRLO: A COLOGNO ABBIAMO LA STUPIDITA’ AL GOVERNO E UN’OPPOSIZIONE ABBAIANTE
Succede che il sindaco uscente leghista Rocchi si fa fotografare con tanto di gonfalone cittadino bene in vista insieme ad una giornalista locale, Jacqueline Allemant, sua servizievole fan. Lui ha la mascherina d’ordinanza anti Covid-19. Lei s’è messa una mascherina-museruola con su la scritta (famigerata per chi un po’ di storia italiana del Novecento l’abbia masticata) “Boia chi molla”. E la foto compare sui social colognesi. Succede anche che, non contenta di questo, la stessa Jacqueline Allemant pubblichi un altro selfie: lei e la vicesindaco di Cologno, Tesauro, entrambe con le mascherine-museruole e il “boia chi molla” bene in vista.
Da Filippo Nibbi
Dormiente (anni ’80 – 2020)
Dormiente anni ’80 Dormiente 30 mag. 2020