Tutti gli articoli di Ennio Abate

Il tarlo di Genova. Commento

Tabea Nineo, disegno 1987
da SAMIZDAT COLOGNOM foglio semiclandestino per l’esodo
Numero 3 aprile-settembre 2001

di Ennio Abate

Genova 18 anni dopo. Ripubblico quanto scrissi – isolato allora come oggi – su una rivistina fotocopiata che distribuivo a mano agli amici. I problemi qui accennati sono gli stessi che ho appena ridiscusso in questi giorni qui e qui. [E. A.]

1.

Cosa sentivo e pensavo prima dei fatti di Genova?

Prima: ero curioso e attento alla galassia “antiglobalizzazione”, ma ne sono rimasto distante per varie ragioni. Non condivido la sua enfasi ottimistica sui diritti umani. Ero scettico verso la scelta del “dialogo alla pari” continuamente cercato con i rappresentanti del governo. Mi sento estraneo alla sua ideologia: un pacifismo così assolutizzato, profondamente dominato dall’impostazione della Chiesa cattolica – un nuovo Super-ego “non-militante”, molto oratoriale (Rete Lilliput) o neopopulista (la rivista Carta), ben espresso nelle sbrigative tesi di Marco Revelli nel suo Oltre il Novecento.

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“Biologia della letteratura” di Alberto Casadei

Sul «Laboratorio di letteratura» di Alberto Casadei si può leggere il testo della sua «Lettera aperta a Walter Siti» sulle idee di letteratura attuali, uscita su “L’età del Ferro”, 3, aprile 2019 (qui) in cui il critico difende il suo Biologia della letteratura, pubblicato dal Saggiatore all’inizio del 2018.  Mi pare importante questa sua ricerca che tenta di produrre un «cambiamento rispetto ai paradigmi dominanti negli anni Sessanta-Settanta, con lo strutturalismo e la semiotica a fare da base scientifica e poi tante altre discipline o tanti altri paradigmi gnoseologici a interagire o a eccepire, dalla psicanalisi alla linguistica, dal marxismo all’heideggerismo o al derridaismo in varie salse». E la segnalo pubblicando vari stralci della lettera e la presentazione del Saggiatore. [E. A.]

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Sulla violenza nella storia

La questione della violenza nella storia, ora anche in una dimensione “gobalizzata” (in passato affrontata su Poliscritture almeno qui, qui, qui e qui), resta irrisolta . Meglio insistere a interrogarsi sul fenomeno. Da tutti i possibili punti di vista. Senza mai arrendersi all'”evidente” e finire per sublimarla o esorcizzarla. Va bene anche partire da materiale “datato” o “passato” o riflettendo a distanza di anni da questo o quell’evento traumatico. All’indomani della discussione scaturita dal post di Donato Salzarulo sugli anni ’70 (soprattutto nella sua seconda parte: qui) e per continuare ad approfondire, pubblico dal mio “Riordinadiario 2005” le ben meditate e ancora lucidissime e attuali “Sette tesi sul terrorismo nel Ventunesimo secolo” di Peppino Ortoleva. Apparvero il 5 agosto di quell’anno sul sito della LUHMI (Libera Università di Milano e del suo hinterland, promossa da Sergio Bologna) e vale la pena rileggerle e rifletterci. Aggiungo il mio intervento e le conclusioni dello stesso Ortoleva (purtroppo non più accessibili on line a quanto vedo, ma di cui avevo conservato una copia). Chi volesse conoscere il resto della discussione lo trova qui (andando in ‘Archivio’ > ‘Sul terrorismo’). Un’ultima precisazione. Ad Ortoleva, che nella sua replica scriveva: «La mia posizione sulla violenza politica implica un corollario, su cui credo Ennio non sia d’accordo. In materia di violenza politica l’etica della convinzione (per rifarci al binomio weberiano rimesso in circolazione da Bobbio) non serve a nulla: se si agisce sul terreno della storia è su questo che si deve essere giudicati; se si coinvolgono altre vite non si può pretendere di essere giudicati solo sulla propria coscienza», rispondo sia pur a distanza di anni di concordare invece in pieno con lui: no, per me pure non è la coscienza individuale (o soggettiva) a misurare da sola il valore di un’azione. Lo può essere (forse) un “io/noi” capace di proporre e attuare – fosse solo per poco tempo (nella storia le rivoluzioni sono lampi) – un progetto razionale e condiviso evitando sia i deliri incontrollati dell’”io” sia quelli standardizzati dei “noi” eterodiretti. [E. A.]

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Da “A occhi aperti”


Zona Editrice

di Lorenzo Galbiati

Protagonista di questo romanzo di Jean Aquaviva (Lorenzo Galbiati) è un critico d’arte, Daniel Sinclair, che dal quartiere milanese di Brera, dove vive, si muove per l’Europa (Danimarca, Francia) per approfondire i suoi studi su Van Gogh e Toulouse-Lautrec. I quadri dei due artisti lo accompagneranno come numi benevoli in una sorta di processo catartico di formazione, da cui uscirà “ad occhi aperti” più maturo e consapevole. Il primo capitolo, “Tycho Brahe o l’empatia”, presenta un ironico e ben poco platonico dialogo sui massimi sistemi tra il protagonista e la sua amante, alla ricerca di un improbabile equilibrio tra intelletto e corporeità. [E. A.]

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Al volo. Robert Kurz, Stato penale



Stralci da “La storia della terza rivoluzione industriale. L’ultima crociata del liberalismo” di Robert Kurz https://www.sinistrainrete.info/teoria/15399-robert-kurz-la-storia-della-terza-rivoluzione-industriale-4.html

1.

Anche la più miserabile delle elemosine di Stato figura ancora alla stregua di un lusso, di uno sperpero, come era già avvenuto in passato durante la primavera capitalistica dei Mandeville e dei Sade. Fu la signora Thatcher a suonare la carica contro i destinatari dell’assistenza sociale mediante dichiarazioni particolarmente dure e, in questo modo, fece scuola un po’ dappertutto:

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Radio Cane: La truffa del sovranismo

Interessante è il ragionamento che Pietro Basso fa sulla intera questione e che si può ascoltare qui . Il precedente, intitolato ” Immigrati: chi ve lo fa fare?” si ascolta qui. [E. A.]

Stralcio:

la loro “grande truffa”, consiste nell’attribuire il deperimento delle condizioni di vita dei lavoratori all’interno delle singole realtà nazionali – prodottosi attraverso diverse ondate in processi sociali e politici ormai ultraquarantennali – a nemici, diversamente e ondivagamente individuati secondo declinazioni specifiche per Paese, collocazione politica, stagionali contingenze elettoralesche, da manipolatori professionali dei deliri psicosociopatici diffusi dallo sfacelo che avanza alla stregua della globalizzazione. Nella loro impotenza di fatto, i sovranismi non possono che risolversi nell’additare l’”immigrato” come capro espiatoio del “grande male” globale.

“Italliani brava gente” e “Umano riciclaggio”

di Francesco Di Stefano

Italliani brava gente

Nun è Sarvini a me che me spaventa
ma er fatto che mijoni de perzone
su quer che dice e quanto rappresenta
ormai ciànno l’istessa posizzione.
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Da ” Un gallone di kerosene”

Edizioni Transeuropa 2019

di Henry Ariemma

 Erano lunghe figure i tuoi disegni,
 occhi ubriachi felici al sorriso
 aperto un mondo,  
 linee decise per motore
 al solo cuore, sguardo per carpire
 fermezze in mani arcobaleno... 
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