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18 Brumaio e dintorni

di Paolo Di Marco

Alla tragica estinzione della lotta di classe è succeduto in questi tempi l’emergere un po’ farsesco della contraddizione fra libertà dei singoli e necessità dell’igiene pubblica.

Ma sorge il sospetto che, come negli Stati Uniti i residui della classe operaia sono diventati i più accaniti sostenitori di Trump, così qui da noi i più accesi talibani della verità scientifica contro la superstizione e difensori del patto sociale contro l’arbitrio individualista stiano sbagliando bersaglio. (n.b.: questa è un’autocritica..)

Giustificati forse dalle trappole semantiche e politiche collocate da forse non innocenti filosofi, eppure colpevoli di miopia.

Perché a sorreggere tutta la costellazione di movimenti no-vincoli e a darle forza sta una constatazione ineludibile: che il patto sociale è stato già da tempo rotto. E che lo stato non è nostro amico.

Notizia vecchia, e già alla base delle lotte comuniste, eppure dimenticata nei lunghissimi anni di ingannevoli speranze e snervanti compromessi del dopoguerra, e accantonata quando ne è morto politicamente il protagonista sociale, la classe operaia. Per aggrapparsi agli scampoli di democrazia ancora pendenti dai balconi e soprattutto al relativo benessere che li reggeva.

Ma intanto il patto sociale veniva sempre più eroso dall’interno, e la privatizzazione del sistema sanitario ne era lampante testimone. Finché la pandemia non ha presentato il conto.

Ed è un segno della residua vitalità del sistema che i portavoce dei rapinatori siano diventati i paladini dei rapinati. Con diffuso e trasversale consenso. A destra come a sinistra, fra i colti e gli ignoranti, gli intelligenti e gli stupidi, ma tutti uniti dalla convinzione che quando piove è il governo che è ladro. E che il greco (anche vestito da scienziato) è sempre nemico, anche quando porta doni.

Pesa su di noi la tradizione socialista di identificazione con lo stato nei paesi dell’est e di compromesso con esso ad ovest. E non ci hanno aperto gli occhi lo svuotamento progressivo dei diritti e beni né la crisi del 2008 né il clima che impazza. Del resto ai ciechi se mostri la luna al massimo toccano il dito. E siamo diventati ciechi per ignavia, compiacenza, pigrizia.

Ma anche perché ci hanno tolto i sogni.

In ogni grande trasformazione c’è una combinazione inestricabile di necessità e speranza, di sogno e bisogno. Che coinvolge tutti.

E allora, come ci ricorda Bodei nell’introduzione al ‘Principio Speranza’ di Bloch, “non abbiamo forse fin troppo abbassato lo sguardo confondendo, più banalmente, la caduta di alcuni idoli con la caduta degli ideali?”; e più tardi, citando Bloch (133):” la speranza è un concetto antitetico all’angoscia ma anche alla memoria”.

Aprire gli occhi altrui significa allora innanzitutto riaprirli noi. Liberandoci dal socialismo e il suo stato come peccato originale del comunismo. Riconoscendo che la sviluppo delle forze produttive ci permette oggi di compiere qualunque passo, se la sovrastruttura lo consente.

Ricostruendo dunque quell’alleanza tra anarchici e comunisti che era già stata alla base della terza Internazionale, in un percorso che Guido Viale vede svilupparsi dal basso, dai territori, poi  ‘l’Intendance suivrà’, fuori dalle logiche di stato.

La polemica sui vincoli è dunque trappola, su ben altro occorre buttare la polemica, alzare il tiro al disopra di questa mischia. E ricominciare, subito, un dibattito sul futuro. Finché il futuro ce ne darà tempo.

42, rivisitato/sulla vita, l’universo..e tutto

Premessa

Nella imprescindibile Guida Galattica per Autostoppisti com’è noto si trova anche la risposta alla domanda fondamentale sul mondo e sulla vita, ed è 42.
Ma dato il tempo trascorso dall’ultima edizione (anche se cambiata da quella originale del ’78) sentiamo il bisogno di un aggiornamento su alcuni temi che ci stanno a cuore.

1- Cos’è la vita

Schrœdinger, uno dei fondatori della meccanica quantistica, nel 1943 tenne delle conferenze su questo tema a Dublino, poi tradotte in libro nel ’44. Da qui nasce il dibattito moderno sul tema.
Purtroppo viziato da un presupposto implicito, cioè che si tratta della nostra vita. L’obiettivo è quindi assai importante ma limitato, e inficia in modo quasi automatico tutti i dibattiti sugli alieni. Così come ingenera, sempre in automatico, una gabbia concettuale che racchiude le analisi delle ragioni di quello che è successo ma non considera quello che avrebbe potuto essere.
Anche l’ultimo libro sull’argomento, quello di Paul Davies, fisico e divulgatore (nonchè portavoce ufficiale del comitato di ricevimento degli alieni, PPSDTG@SETI), non sfugge a questo limite, anche se i risultati cui arriva possono aiutare ad allargare gli orizzonti.
Ma conviene precisare subito com’è fatta la gabbia: anche perché altrimenti la nostra capacità di riconoscere un alieno verrebbe pericolosamente compromessa (in umile ma netto dissenso con Jim al Khalili e tutti gli scienziati che intervista nel suo libro).

Se eliminiamo il requisito che la vita sia del tipo della nostra, quindi protoplasmatica, intelligente (e auspicabilmente di bell’aspetto) dobbiamo riformulare i caratteri base evitando ogni presupposto nascosto; un possibile elenco sarebbe:
1- ha uno scambio di energia/materia con l’esterno
2- ha una propria dinamica interna che la fa evolvere
3- scambia informazione con l’esterno
4- si riproduce
Mentre 1 e 2 appaiono essenziali, 3 lo è un po’ meno, e 4 altrettanto.
Una domanda interessante che aiuta a chiarire il problema è: una stella è viva?
Non possiamo usare una risposta a priori, che sarebbe assai utile a delimitare il campo, in quanto non possiamo avere una certezza sufficiente ad orientarci e quindi inficieremmo tutto il discorso: mentre possiamo escludere che un sasso sia vivo per una stella la questione è più complicata di come potrebbe apparire a prima vista: infatti soddisfa certamente le prime due condizioni, per la terza emette informazioni (e non sappiamo bene se ne assorba) e per la quarta in certi casi (supernova) con la morte manda in giro frammenti di sé che fecondano altri elementi (i metalli pesanti dei pianeti).
Questo però dà una prima idea del tipo di percorso necessario a definire la vita una volta abbandonato il requisito nascosto protoplasmatico se non antropomorfico.
Un elemento interessante è che mantiene una caratteristica di base: è un sistema aperto.
E quindi possiamo accorgerci se un alieno si sta avvicinando perché scambia energia con l’esterno (almeno quasi sempre: anche da noi un batterio in difficoltà si incistida in spora per tempi anche lunghissimi…ne hanno scoperti recentemente alcuni sotto il ghiaccio da milioni di anni..).
Ma l’entrata in scena dei batteri ha un significato più vasto nel discorso: per Davies i tumori sono il risultato di uno scontro fra l’origine monocellulare degli organismi e quella multicellulare che ci vede partecipi. Quello che succede è che quando una cellula si trova in difficoltà/ambiente ostile/aggressione esterna tende a ritornare alla condizione primitiva unicellulare, che ha due caratteristiche base: è immortale (continua a riprodursi), e si difende dall’esterno (che in questo caso è il resto dell’organismo). Quindi il problema non è distruggere le cellule in guerra con l’organismo ma eliminare l’ambiente aggressivo e in qualche modo (…) convincerle a cooperare di nuovo.                                                                          (La somiglianza coi problemi delle guerre civili è evidente).

Tornando ai quanti potremmo chiederci (e qualche venditore di olio di serpente ha già le ricette pronte..) se esistono una biologia quantistica e una medicina quantistica. Per la prima la risposta è sì, ma: ci sono molti fenomeni quantistici, come la fotosintesi clorofilliana, ma nessuno di quelli ‘strani’ che comportano delocalizzazione, sdoppiamento, intrecciamento. Quindi per la seconda la risposta è no: quelli che ci possono essere a livello di chimica fine sono nascosti da effetti macroscopici e fluttuazioni termiche di dimensioni assai maggiori, quindi sarebbero in ogni caso invisibii e inutilizzabili.

2- Cosè la coscienza

Nel libro di Davies il discorso sulla coscienza parte dai lavori di Tononi (nel nostro recente articolo su ‘Uscire dal tempo’ c’eravamo più appoggiati sull’altro pilastro, Damasio).
Ma con un accento nuovo: la coscienza come informazione strutturata. È un concetto che viene dalla teoria dell’informazione, ancora dai lavori di Turing e Shannon e von Neumann, e passa nei calcolatori e nell’intelligenza artificiale. Sembra un ossimoro, dato che ciò che caratterizza un insieme strutturato rispetto ad uno casuale è proprio l’informazione, e soprattutto Davies non va molto più in là.

Per farlo conviene fare un passo indietro: per costruire un cavolo romano (che ha una struttura frattale, con forme semplici che si ripetono a varie scale) la natura usa pochissime informazioni, che quindi si chiamano informazioni ‘potenti’; a queste accompagna uno schema di controlli (tanto più sofisticato quanto più le informazioni sono semplici) che avvia, dirige e ferma il processo. La combinazione dei due è un’informazione strutturata.
Lo stesso avviene col DNA: tutta l’informazione per costruire una donna (l’uomo è solo un accessorio) è contenuta lì. La gestione prima e il controllo poi di questa informazione è affidata agli ormoni: è l’insieme dei due che la rende informazione strutturata.
In altri termini significa aggiungere una dimensione (o più) all’informazione in sé. E così la coscienza è legata alla connessione tra i diversi sistemi informativi del corpo. C’è anche un indice, φ, che specifica il grado di interconnettività e di informazione strutturata collegata a questo. Continuando a dare i numeri, il cervello umano ha 100 miliardi di neuroni, e le sue interconnessioni sono 1000 triliardi (con una velocità superiore a qualsiasi supercomputer: 10000000000000000-10 elevato alla 15- operazioni/secondo).
Ma è necessario fare una distinzione spesso trascurata sui tipi di coscienza, che possiamo dividere in tre: l’autocoscienza, l’attenzione cosciente all’esterno, il ragionamento (che anche se a volte avviene anche nel sonno o sotto la soglia di attenzione è un processo autonomo rispetto alla gestione delle informazioni: teniamo conto che la coscienza è assai più della mera consapevolezza: il nostro cervello è una macchina per simulazioni potentissima, che crea e modifica continuamente scenari e mondi virtuali (tutto per prevedere l’evoluzione dell’ambiente esterno, essenziale quando eravamo cacciatori e prede); e anche il ragionamento è assai più di una catena di proposizioni: anch’esso lavora su più piani e coinvolge molti sottosistemi, costruendo varianti di realtà virtuale ).
Il rapporto tra coscienza ed emozioni su cui insiste Damasio è un esempio chiave del numero di dimensioni (di parametri) che la caratterizzano.

L’attivazione delle connessioni prodotta dagli allucinogeni, evidenziata in questa magneto/termografia, che coinvolge un numero impressionante di sottosistemi del cervello, dà un’idea per quanto semplificata e apparentemente uniforme del numero di dimensioni in più coinvolte.
(Ancora qualche numero: fra due sottosistemi c’è una sola connessione, fra 3 ce ne sono 3. Fra 4 ce ne sono 6….; regolare la coscienza in presenza di più connessioni è come un giocoliere che fa roteare delle palle colorate aggiungendone man mano una: per riuscirci -e non è detto che ci riesca sempre- deve salire di livello/dimensione).

L’elemento da non dimenticare è che anche per la coscienza vale il principio che la regolazione è essenziale.
Un esempio dalla produzione di massa può aiutare: per costruire un oggetto, ad esempio un’automobile, possiamo seguire due metodi: combinare tanti elementi semplici, il che permette di semplificare l’acquisizione dei pezzi base, o produrre direttamente parti finite. Questo secondo ha il vantaggio che siamo sicuri della funzionalità (per esempio resistenza strutturale) mentre nel primo dobbiamo controllare attentamente l’assemblaggio perché un piccolo errore potrebbe compromettere tutto. In compenso il primo è più elastico e permette di produrre una versione modificata con un piccolo cambiamento del processo.
Anche il nostro cervello ogni tanto si riposa e utilizza sistemi concettuali già organizzati come stampi base. Coi vantaggi e gli svantaggi dell’esempio.
E anche per lui vale che quando ha utilizzato un sistema concettuale come stampo base ha difficoltà a liberarsene, perché fa anche da attrattore per concetti vicini.                           Questo è uno dei meccanismi della tribalizzazione del nostro comportamento e delle coalescenze ‘ideologiche’ sui social.

3- Un calcolatore quantistico ad acqua*

Agli albori dell’era dei calcolatori c’era la distinzione tra calcolatori analogici e calcolatori numerici (oggi digitali, in omaggio all’inglese digit=cifra, numero). I primi imitavano/simulavano il processo che si voleva studiare, ed era un percorso logicamente rischioso (ne uccide più l’analogia della spada) ma anche intellettualmente affascinante. E per entrambe i motivi è morto prematuramente (anche se in parte risuscitato, forse, nei prossimi calcolatori quantistici).
Quelli numerici si sono semplificati a funzionare con operazioni logiche, realizzati mediante circuitini (porte logiche) che realizzano le principali operazioni : passa corrente, non passa; passa in uno e nell’altro; passa nell’uno o nell’altro….
Ma tutte le porte logiche fatte con la corrente elettrica si possono fare anche coll’acqua e una combinazione di rubinetti/valvole.

calcolatore analogico idraulico russo del '36 (Lukyanov): il primo a risolvere equazioni differenziali alle derivate parziali. Un suo parente postbellico, il MONIAC dell'australiano Phillips, simulava l'economia inglese.

L’unico difetto è che l’acqua è più lenta della corrente. Ma ha anche dei vantaggi: ne possiamo regolare il volume (anche se questo varrebbe anche per l’elettricità ma non viene usato per paura del riscaldamento conseguente), possiamo regolarne il tipo (calda e fredda, o di colori diversi, moltiplicando così il numero dei bit/unità di informazione e il tipo di porte logiche). Se poi utilizziamo l’inclinazione dei condotti e la pressione per modificare le velocità relative, aggiungiamo qualche turbolenza..abbiamo un calcolatore analogico e digitale insieme che compie simulazioni che i supercalcolatori hanno difficoltà a gestire.
Un caso limite è quando le gocce d’acqua sono di volume comparabile al diametro del rubinetto (è un caso studiato in un famoso frattale di Henon): allora il numero di parametri del sistema acqua-rubinetto sale di colpo (prima era regolato solo dalla quantità di acqua, ora anche dal tipo di pareti, dalla forma della goccia…) e il comportamento (rappresentato dalla frequenza delle gocce) diventa imprevedibile (caotico).
È l’equivalente del calcolatore quantistico.
Ed è molto più economico anche se più lento. Però può fare quello che i calcolatori quantistici sanno fare meglio: decrittare le chiavi di sicurezza dei sistemi informatici di banche e Pentagono….(in quanto tempo non ho ancora calcolato).
Chi scrive non si assume responsabilità delle eventuali conseguenze..allagamenti di prova compresi.

Va anche osservato che in caso di mancanza d’acqua, per esempio in un paese desertico, si può anche utilizzare la sabbia, purchè di granulometria controllata.

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Paul Davies, the Demon in the Machine, Penguin 2020
Erwin Schrœdinger, What is Life, Cambridge U. Press, 1944
Giulio Tononi et al, Integrated information theory: from consciousness to its physical substrate, Perspectives, 17, 450, 2016

Jim al Khalili, a cura, Alieni, c’è qualcuno là fuori? Bollati Boringhieri, 2017                                   Douglas Adams, Guida galattica per gli autostoppisti (The Hitchhiker’s Guide to the Galaxy), 1978/2005

Paolo Di Marco, An Hydraulic Quantum Computer, Academia.edu/2021

*questa parte è coperta da diritto d’autore, privo di oneri: chiunque può utilizzarla purchè ne citi l’autore; ogni uso improprio comporta una penale da stabilirsi a insindacabile arbitrio dell’autore stesso, cui spetta anche la definizione di uso improprio.

il diavolo nei dettagli, 4 / vita e morte di una foresta

 

di Paolo Di Marco

a) l’agricoltura biodinamica e i suoi critici

È recente la comprensione della complessità della Terra e di tutte le interrelazioni fra i suoi elementi, dall’ipotesi globale di Gaia fino alle comunicazioni tra le radici di tutti i componenti di un bosco (Suzanne Simad, Nature 388, 1997/ Finding Mother Earth, Knopf, ’21)), dai molteplici cicli di retroazione (feedback) tra piante, animali e territorio fino al clima nel suo complesso.

In Italia la pratica, e talvolta anche la teoria, di queste interrelazioni si è svolta prevalentemente nel movimento biodinamico: circa 9000 coltivatori di cui 1/3 ufficializzato sotto una sigla tipo Demeter. L’orto senza aratura nè vanga, la pacciamatura, il compost, l’uso delle interazioni benefiche plurispecie al posto di fertilizzanti e diserbanti chimici sono alcune delle bandiere del movimento. C’è anche un’ala teorica, con tanto di cattedratici e rivista annessa.

Il guaio è che all’origine del movimento, e delle sigle ufficiali, c’era Steiner, personaggio con molte idee interessanti (anche nel campo educativo) ma anche molte venature mistiche, tanto da renderlo gradito anche nei circoli nazisti. E alcune delle sue pratiche avevano apparenza stregonesca, come l’interramento agli angoli dei campi di corni riempiti di letame. Questo ha provocato alcune reazioni scomposte in occasione dell’inclusione della biodinamica in parallelo alla biologica nel finanziamento governativo; in primis della senatrice Cattaneo, che per quanto benemerita in molti campi (come la battaglia contro il finanziamento all’IIT di Cingolani), sull’agricoltura è un filino reazionaria, sposando a spada tratta le battaglie della ‘rivoluzione verde’ (OGM+ fertilizzanti+diserbanti= soluzione alla fame del mondo) che andavano di gran moda a inizio secolo, con inni sulle pagine di Nature, che in tempi recenti sono stati però ritrattati dagli stessi autori che si sono finalmente accorti che il ciclo invece era: diserbanti tossici per suolo e animali, OGM per rendere le piante più resistenti ai diserbanti, ancora più diserbanti, fertilizzanti a gogò…e dopo 10 anni il deserto. Alla Benemerita si è poi aggiunto, dall’alto del suo blog sul Fatto, un fisico in genere piacevole e interessante (sua la fondamentale ricetta per come trattare con gli eventuali alieni di OummaUmma) ma che in questo caso si è costituito, insieme a una piccola squadra di accoliti, come Sacro Tribunale dell’Inquisizione Per la Scienza Integra. Forte delle sue credenziali contadine sulle Alpi dove si parla lo Schwiizertütsch il prof Aparo von Flühe si è lanciato, insieme a un fido astrofisico un poco incerto sulla relatività, in una battaglia a lancia in resta contro la magia e per la Scienza; commettendo però l’errore fondamentale per uno scienziato: pubblicare senza dati. Nessuno della squadra aveva mai visitato una fattoria biodinamica né letto gli articoli scientifici; dove avrebbero anche trovato una rivalutazione del cornoletame come generatore di reazioni chimiche potenzianti il contenuto microbico positivo. E per inciso anche visto che il 90% delle aziende agricole era assai lontana dall’esoterismo delle origini, avendo da tempo imparato a sostituire Democrito ad Apollo. (Cosa che avrebbero anche potuto scoprire prima e dopo sulle pagine del Manifesto).

b) vita e morte di una foresta

Fra le interrelazioni scoperte di recente la vita di una foresta è fra le più interessanti e nuove. Al cuore stanno tutti e quattro gli elementi classici: terra, acqua, aria, fuoco. Gli alberi assorbono acqua dal suolo, la fanno scorrere nel tronco e nelle foglie, poi l’evaporano; l’aria soprastante si satura e dopo un poco la restituisce al terreno sotto forma di pioggia.  Quando arriva un incendio solo il 5% degli alberi bruciano, e il rinnovamento che segue è parte del ciclo vitale della foresta. In condizioni di ‘normale’ equilibrio la foresta è un organismo assai resiliente. L’esperimento centrale (Balch et al, The Susceptibility of Sotheastern Amazon Forest to Fire, BioScience, 31/8/2015) si è svolto nel 2015: sottoponendo un  appezzamento ad una serie ravvicinata nel tempo di incendi contemporanei e concentrici si è visto che dopo la prima serie di incendi la seconda e le successive colpivano il 60% degli alberi, perchè la prima aveva distrutto il sottobosco che serviva da base della protezione, gli alberi ricresciuti erano più sottili e fragili, le erbe ricresciute invece di essere resistenti si incendiavano assai più facilmente. E, superato un certo livello, la foresta cessava di emettere vapor acqueo e generare pioggia. La conseguenza: il rapido collasso e morte di tutta la foresta (‘Dieback’, termine di Lovejoy).

Nel 2019 e 2020 questo esperimento ha visto un’applicazione su vasta scala: nel Mato Grosso e in larga parte della foresta amazzonica, per creare pascoli per le magre mucche brasiliane, si sono applicate integralmente le stesse tecniche. (NYTimes, The Amazon Time Bomb, 6/8/21). Il risultato visibile dei grandi incendi oscura il processo in corso: la foresta amazzonica, grande come un continente e polmone verde dell’America e del mondo, ha smesso di assorbire l’anidride carbonica del resto del mondo e di produrre il suo ossigeno; il suo bilancio è diventato di emettitrice netta. Ma anche il tasso di piovosità è già diminuito nettamente: è questione di pochi anni prima che collassi, e al posto del continente verde vi sia un’arida savana.

c) breve nota

Non vorrei che con tutte le buone novelle che reco si generi un’epidemia ispirata al borgesiano cuculo americano, che vola all’indietro perchè gli interessa dove viene ma non dove va…

d) IPCC, relazione definitiva

È uscito oggi il rapporto definitivo 2022 dell’IPCC: + di 1000 studiosi, + di 16000 studi scientifici, le linee di base rimangono quelle classiche sul riscaldamento globale e la sua causa antropica. Il grande merito di questa edizione è una attenzione alla complessità molto più matura e dettagliata: si mettono in luce le molte interrelazioni tra i singoli sistemi (terra, acqua, aria, vegetazione, mari, produzioni…) e gli effetti di retroazione e retroazione avanzata (feedforward) che li collegano. E questo permette di mettere in evidenza i molti punti di non ritorno (tipping points) che ci attendono nel futuro prossimo, dallo scioglimento possibile delle grandi calotte di Groenlandia e Antardide (+7 m di livello del mare) all’acidificazione degli oceani, all’indebolimento delle correnti oceaniche, …..per passare a desertificazioni, guerre dell’acqua, carestie, migrazioni….

Come al solito il diavolo è nei dettagli: la frase drammatica presente nella bozza è stata eliminata, e sono state aggiunte note di forzato ottimismo: se facciamo tutti tutti i bravi è possibile ridurre l’aumento a 1,5°; anche se seguita da un ‘ma se continuiamo come adesso ci ritroviamo a +4,5°, che non è sopportabile per la nostra civiltà ‘.

Una novità interessante è anche il maggior dettaglio geografico sui diversi effetti, rappresentato anche tramite una carta interattiva. Val la pena di giocarci.

il diavolo nei dettagli

di Paolo Di Marco

1- Wuhan, senza plotti

Zeynep Tufekci

il consulente del NYTimes per i problemi difficili (nonchè statistica e docente) ha affrontato il Complotto a testa bassa; il risultato è curioso: conferma che
– si sono svolte ricerche di ‘aggiunta di funzioni’ sui virus tipo Covid nel lab di Wuhan
– sono state finanziate dagli USA
– i  virus, semplici e ‘aumentati’ sono stati maneggiati con molta sciatteria, spesso in lab di livello sicurezza 2 (meno di una sala operatoria) invece che il prescritto 4
Questi 3 punti insiemi ci dicono: l’ipotesi di una fuoriuscita dal lab di Wuhan di virus è una possibilità concreta
Se uniamo la distanza del focolaio di W da altre sorgenti di virus e la ricerca infruttuosa di ospiti intermedi la possibilità rimane la più autorevole
– curiosamente ZT scarta l’ipotesi ‘guerra batteriologica’ con un brevissimo ragionamento indiretto: ‘per la guerra batteriologica si usano agenti patogeni per i quali abbiamo già l’antidoto’ (in questo caso il vaccino); affermazione vera e insieme di ovvia fallacia, dato che il vaccino viene dopo aver sviluppato il patogeno e averci fatto la ricerca dell’antidoto.
Essendo ZT persona non usa a fallacie questo breve cenno suona come una strizzata d’occhio..che allude alla non volontà di addentrarsi su una strada politicamente troppo pericolosa.
Rimangono in sordina, anzi mute di conseguenza, le informazioni di Wade sui numerosi finanziamenti a numerosi centri nel mondo per la ricerca su ‘funzioni aumentate’, sempre di orgine CDC-Fauci e sempre tramite la EcoHealthAlliance di Daszak (la volpe che per conto dell’OMS è andata a controllare il pollaio a Wuhan).

Ma tutto questo aprirebbe un vaso di Pandora (‘a can of worms’ direbbero gli americani),
dovendo scomodare altri due protagonisti: Fort Detrick, centro di ricerca militare nel Maryland insieme a Ralph Baric, professore dell’UNI North Carolina (e maestro della ‘signora dei pipistrelli…è tutta una grande famiglia), entrambe punte di diamante della ricerca per la guerra batteriologica da decine di anni.
Sempre col pretesto di trovare il vaccino per future malattie (cosa che si fa in ogni guerra batteriologica (v. Project Baseless dell’Aeronautica USA) , salvo darlo preventivamente solo ai propri soldati)..
E sempre col rischio di incidenti involontari, come:
– 3 casi febbre Q, ’51, 60
– 1 morto antrace, ’51
– 1 morto virus Machupo, ’64
– 1 morto morbillo ibrido, ’78
+
– Epidemia influenza A in Russia e Cina da campione USA ,’77,
– 1100 incidenti di laboratorio tra 2008 e 2012
– 12 anni di errate spedizioni internazionali di antrace vivo
– 6 mesi di chiusura di Fort Detrick per ‘falle’
+
-o anche volontari, come i campioni di antrace spediti ai senatori democratici sempre da Fort Detrick nel 2001, autore ancora ufficialmente ignoto (anche se c’è stato un suicidio..)

-Zeynep Tufekci,Where Did the Coronavirus Come From? What We Already Know Is Troubling, New York Times, 25/6/2021
-Nicholson Baker, The Lab-Leak Hypothesis/ For decades, scientists have been hot-wiring viruses in hopes of preventing a pandemic, not causing one. But what if …?/ The Intelligencer, 2021)
and What we know and don’t know about the origins of COVID-19 Poynter May 18, 2021

2-l’ipotesi atavica del cancro

Uno stress -calore, radiazioni, veleno- genera danni genetici, ma probabilmente, dice Davies, il tumore non è la proliferazione delle cellule danneggiate e quindi incontrollabili; passa da un processo darwiniano (puramente casuale)-lamarckiano (finalizzato) atavico che porta le cellule a produrre una cascata distruttiva delle catene geniche da cui emergono, per selezione naturale, delle cellule isolate (come i primi protozoi) che come tali si comportano (comprese anche le difese dai contrattacchi dell’organismo).
Sembrerebbe possibile che un accorto utilizzo dell’omeostasi possa rovesciare la situazione, forzando condizioni energetiche tali da favorire nuovamente la cooperazione (mancanza di nutrimento et similia).
Tuttavia non ci troviamo di fronte ad un organismo o ad una singola cellula che devono adattarsi, ma ad un cambiamento genetico, che può essere alterato solo mediante un percorso darwiniano di mutazione/selezione inverso a quello originale, per quanto influenzato dall’esterno e reso ‘lamarckiano’ dall’omeostasi.
E assomiglia assai a rimettere insieme l’uovo dopo averlo rotto. Anche se non ci manca energia da sprecare nel processo.
Questo scontro tra anarchismo (di ritorno) e collettivismo ricorda da vicino l’organismo sociale e gli antagonismi che lo caratterizzano.
E il fatto che ci fossero (e ci siano ancora) gli anarco-comunisti ci rincuora.



Paul Davies, The demon in the machine, Penguin, 1/2019

3- clima

L’ultimo rapporto (2022, in bozze) dell’IPCC (International Panel on Climate Change, organismo internazionale formato da scienziati selezionati dai governi: di provata competenza..e ovvia moderazione) è catastrofico: in sintesi dice che fra 30 anni l’umanità sarà sull’orlo dell’estinzione.
Cos’è cambiato dal precedente, che faceva sì previsioni drammatiche ma assai meno drastiche e stemperate nel tempo?
Semplicemente che la complessità e i suoi figli caos e retroazione positiva si sono fatti sentire. E processi che sembravano lineari sono diventati esponenziali.
L’Artico è la zona che si è più scaldata in media, ad oggi di 5°, ma con picchi accentuati (la regione più fredda del mondo, la Kamchatka, ha in questi giorni temperature di 27°); quando bruciano le i cespugli e le foreste si scioglie il permafrost, che contiene grandi

quantità di metano, un gas serra cento volte più potente dell’anidride carbonica, aumentando così l’effetto serra e il riscaldamento. (‘retroazione positiva’ (feedforward))
Il mare è stato un grande serbatoio di assorbimento di CO2, (anche se ora è saturo al 94%), ma questo ha provocato un aumento dell’acidità dell’acqua, col conseguente scioglimento delle barriere coralline e la riduzione di ossificazione dei pesci; il calore assorbito (la gran parte di quello che arriva sulla terra) in parte è andato negli strati inferiori, (con conseguenze imprevedibili sulle grandi correnti oceaniche) e in parte torna ad alimentare l’aria sovrastante, cambiando le correnti e aumentando di molte volte l’energia delle tempeste. (‘creazione di attrattori caotici’ a largo raggio ma anche a breve)’
La migrazione di popolazioni in fuga dalla siccità e dalla riduzione delle risorse (in aumento progressivo da 5 a 500 milioni da qui al 2050) provoca un’accentuazione dell’intensità di sfruttamento delle risorse nelle zone di arrivo insieme ad una estesa conflittualità (scontri migranti-stanziali come in Europa e USA); la riduzione dell’acqua disponibile legata anche allo scioglimento dei ghiacciai (diminuiti del 40% rispetto a metà secolo scorso) provoca una corsa all’accaparramento delle risorse (dighe sui fiumi v. Eufrate, Nilo, Gange, Brahmaputra) e venti di guerra (Turchia-Iraq, Siria; Egitto-Sudan; Cina-India,Indocina), come anche l’impiego delle tecnologie di semina artificiale delle nubi (Cina-India ancora).
Questi e altri elementi si uniscono a una tendenza inesistente alla mitigazione delle cause:
Europa, Asia e USA continuano lo stesso tasso di emissioni (accompagnate da forti venti generati dalle promesse a vuoto), l’Amazzonia che era il ‘polmone verde’ del mondo quest’anno è diventata emettitrice netta di CO2; per le palme da olio hanno distrutto col fuoco il verde dell’Indonesia e del Borneo, col fuoco della torba che continua per mesi a bruciare e riempire i cieli.
Sono sicuramente contenti gli evangelici che hanno dato 40 milioni di voti a Trump, altrettanti a Bolsonaro, fatto eleggere un loro in Australia, perchè vedono avvicinarsi il regno dei cieli.

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-Joint NASA, NOAA Study, Earth’s energy imbalance approximately doubled during the 14-year period from 2005 to 2019, 15/6/2021

-Potsdam Institute for Climate Impact, Tipping Elements - the Achilles Heels of the Earth System, 2019
-The Science of Climate Change Explained Facts, Evidence and Proof - The New York Times, 25/5/2021
-The Lancet, The 2020 report of The Lancet Countdown on health and
climate change: responding to converging crises, 2/12/2020
-IPCC, Draft Report 2022, (France 24) Crushing climate impacts to hit sooner than feared: draft UN report -Issued on: 23/06/2021 
-Science Alert, Someone Leaked The Next IPCC Report. Here's How Experts Are Reacting, C. Watson 25/6/2021

Appendice: scettici..a pagamento

quello che segue è l’elenco di tutti gli Istituti messi in piedi dai petrolieri (in primis i Flli Koch e la Exxon) per occuparsi (a modo loro) del riscaldamento globale.

Un analogo elenco è disponibile (se a qualcuno interessa) di tutti i personaggi finanziati da questi: politici, scienziati, e, perchè no, ambientalisti. La generosità dei petrolieri non ha limiti.

ExxonMobil Corporation
Competitive Enterprise Institute
Accuracy in Academia
Accuracy in Media
Acton Institute for the Study of Religion and Liberty
The Advancement of Sound Science Coalition
US Russia Business Council
Air Quality Standards Coalition
American Council on Science and Health
American Enterprise Institute
ALEC – American Legislative Exchange Council
American Conservative Union Foundation
American Petroleum Institute
The Advancement of Sound Science Center, Inc.
Centre for the New Europe
American Recreation Coalition
Annapolis Center for Science-Based Public Policy
Aspen Institute
Arizona State University Office of Cimatology
Atlantic Legal Foundation
Atlas Economic Research Foundation
Blue Ribbon Coalition
Capital Legal Foundation
Capital Research Center and Greenwatch
Public Interest Watch
Cato Institute
American Spectator Foundation
Center for Strategic and International Studies
Center for the Defense of Free Enterprise
Center for the Study of Carbon Dioxide and Global Change
CFACT – Committee for a Constructive Tomorrow
Chemical Education Foundation
Citizens for A Sound Economy and CSE Educational Foundation
Citizens for the Environment and CFE Action Fund
Clean Water Industry Coalition
Consumer Alert
Council for Solid Waste Solutions
Federalist Society for Law and Public Policy Studies
FREE – Foundation for Research on Economics and the Environment
Frontiers of Freedom Institute and Foundation
George C. Marshall Institute
George Mason University, Law and Economics Center
Global Climate Coalition
Great Plains Legal Foundation
Harvard Center for Risk Analysis
Heartland Institute
Koch Industries
Heritage Foundation
Hoover Institution on War, Revolution and Peace, Stanford University
Hudson Institute
Independent Institute
Institute for the Study of Earth and Man
International Republican Institute
James Madison Institute
Mackinac Center
Manhattan Institute for Policy Research
Media Institute
Mountain States Legal Foundation
National Center for Policy Analysis
National Environmental Policy Institute
National Legal Center for the Public Interest
National Wetlands Coalition
National Center for Public Policy Research
Pacific Legal Foundation
Pacific Research Institute for Public Policy
PERC – Property and Environment Research Center, formerly Political Economy Research Center
Reason Foundation
Reason Public Policy Institute
Science and Environmental Policy Project
Southeastern Legal Foundation
Center for American and International Law
Texas Public Policy Foundation
Washington Legal Foundation
New England Legal Foundation
American Coal Foundation
Weidenbaum Center on the Economy, Government, and Public Policy
Center for the New West
National Wilderness Institute
American Enterprise Institute-Brookings Joint Center for Regulatory Studies
American Council for Capital Formation Center for Policy Research
Landmark Legal Foundation
Lexington Institute
Stanford University GCEP
ECO or Environmental Conservation Organization
National Policy Forum
Statistical Assessment Service (STATS)
World Climate Report
Independent Commission on Environmental Education
American Policy Center
Greening Earth Society
Alexis de Tocqueville Institution
Americans for Tax Reform
Association of Concerned Taxpayers
Center for Security Policy
Cooler Heads Coalition
Defenders of Property Rights
Junkscience.com
Seniors Coalition
60/Sixty Plus Association
Small Business Survival Committee
Institute for Biospheric Research
Center for Environmental Education Research
National Council for Environmental Balance
Institute for Regulatory Science
International Policy Network – North America
Fraser Institute
Alliance for Climate Strategies
Mercatus Center, George Mason University
Media Research Center
Congress of Racial Equality
Tech Central Science Foundation or Tech Central Station
National Black Chamber of Commerce
Free Enterprise Action Institute
Institute for Energy Research
The Justice Foundation (formerly Texas Justice Foundation)
International Council for Capital Formation
Africa Fighting Malaria
United for Jobs
Illinois Policy Institute
Earthwatch Institute
Institute of Humane Studies, George Mason University
The Locke Institute
Virginia Institute for Public Policy
American Friends of the Institute for Economic Affairs
Communications Institute
Free Enterprise Education Institute
Lindenwood University
National Association of Neighborhoods
University of Oklahoma Foundation, Inc.
Institute for Senior Studies
Western Fuels
National Mining Association
Shook, Hardy and Bacon LLP
Peabody Energy
European Enterprise Institute
Climate Research Journal
Cornwall Alliance for the Stewardship of Creation
DCI Group
World Affairs Councils of America
New Zealand Climate Science Coalition
International Climate Science Coalition
Centre for the New Europe
Science and Public Policy Institute
Institute for Public Affairs
Cascade Policy Institute
Oregon Institute of Science and Medicine
Affordable Power Alliance
Smithsonian Astrophysical Observatory
Doctors for Disaster Preparedness
Business Civic Leadership Center
Committee For Economic Development
The Tax Foundation
Wyoming Heritage Foundation
Institute For Liberty
Consumers Alliance for Global Prosperity
Initiative for Public Policy Analysis
Australian Climate Science Coalition
American Energy Freedom Center
TSAugust
Global Warming Policy Foundation
U.S. Department of Energy
Americans for Prosperity
American Coalition for Clean Coal Electricity
Hawthorn Group
American Coalition for Clean Coal Electricity
American Electric Power
U.S. Chamber of Commerce
Senator James Inhofe’s Office
Philanthropy Roundtable
Donors Trust
Donors Capital Fund
Charles Koch Institute
State Policy Network
Charles G Koch Charitable Foundation
Knowledge and Progress Fund
CO2 Coalition

memorie (uscire dal tempo 3)

           la frase finale de 'il mistero del falco':
           'questa è la sostanza di cui son fatti i sogni'

di Paolo Di Marco

1-le nostre memorie

La nostra coscienza, la nostra vita, il mondo che vediamo si fondano sulle nostre memorie. Se la coscienza è l’ordito le memorie sono la trama.
Non a caso molte sono le parti del cervello implicate nella memoria, dalla corteccia prefrontale all’ippocampo (v. figura), che trasforma le immagini in ricordi. Continua la lettura di memorie (uscire dal tempo 3)

Il giardino dell’Eden

uscire dal tempo, 2

di Paolo Di Marco

1                  il plusvalore

Possiamo leggere la storia degli ultimi secoli come una progressiva espropriazione del proprio tempo, trasformato in tempo di lavoro collettivo controllato dal capitale.
Marx è l’ultimo economista che si occupa dell’origine del profitto (tema centrale dell’economia classica sino a Ricardo), e la sua analisi parte dalla giornata di lavoro, il cui tempo viene diviso in due parti:
una in cui il lavoratore lavora per sé, l’altra per il padrone. Questa seconda dà origine al profitto. Continua la lettura di Il giardino dell’Eden

Uscire dal tempo

di Paolo Di Marco

Il tempo certamente non è lineare. Nella nostra esperienza scorre più o meno lentamente secondo il nostro umore, gira su stesso nella nostra memoria, nella storia si concentra o si allunga – per Arrighi è un lungo secolo ventesimo e per Hobsbawm polemicamente un secolo breve. Ma soprattutto appare, dentro e fuori, intrecciato alle nostre vite in modo inestricabile, in un abbraccio che alla fine si rivela mortale.
Ma, se guardiamo attentamente, se capiamo meglio il nostro oggetto e, perché no, anche il soggetto, possiamo trovare il modo di sfuggirgli. Continua la lettura di Uscire dal tempo

Bacco, Tabacco e Cenere

Una vita al servizio del demonio

di Paolo Di Marco

primavera 2021

Tabaccaio londinese di Bond street e fabbricante di sigarette dal 1854, Philip Morris si espande a New York e nel resto del mondo, fino a vendere, ancora nel 2015, 850 miliardi di sigarette. Nel 2016 il fatturato globale sono 74.953 miliardi. Nel consiglio di amministrazione di Philip Morris e Altria (la cassa finanziaria) siedono in tanti, come gli italiani Ferragamo e Marchionne; altri ricevono laute consulenze (come Casaleggio). Continua la lettura di Bacco, Tabacco e Cenere

complessità

Oltre l’analogia

Poliscritture 3: presentazione

di Paolo Di Marco

a) Temi

complessità

La scienza ha due nemici insidiosi perché provengono anche dalla sue stesse file: l’analogia e la linearità.

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Coalescenza 3: mafia, droga e rock&roll

Un racconto siciliano

di Paolo Di Marco

Presentare Riina, questo personaggio rozzo che uccideva i nemici a mani nude come il capo della mafia se da un lato aveva una funzione lombrosianamente rassicurante: ‘vedete come il male si manifesta anche nei tratti’, dall’altro lasciava anche perplessi i più avveduti.

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