Tutti gli articoli di poliscritture
Filippo Nibbi (19 giugno 2024)
Filippo Nibbi (18 giugno 2024)
Il falso vecchio dentro il rumore di fondo
di Ennio Abate
Questo articolo fu pubblicato su ALLEGORIA n. 20-21, Anno VIII, NUOVA SERIE, 1996, nella rubrica “La ricezione”. Il suo sottotitolo, “Rileggendo i necrologi in morte di Franco Fortini”, chiariva bene il suo contenuto. La pagina 276, che qui ho copiato, riassume la critica che ha guidato da allora la mia riflessione su Fortini: “la maggior parte della cultura di sinistra italiana [che nel 1996 ancora c’era] non può più onorare Fortini assieme al suo comunismo. Perché se ne era già da tempo disfatta (di quel comunismo e di Fortini)”.
Continua la lettura di Il falso vecchio dentro il rumore di fondo
Su “Le poesie italiane di questi anni” (1959), in “Nuovi saggi italiani” di Franco Fortini
Su comunicazione (in poesia) a pochi/molti
PER LEGGERE L’ARTICOLO CLICCA QUI
Filippo Nibbi (11 giugno 2024)
CUORE DI TENEBRA CON PREMIO DI CONSOLAZIONE?
senza nulla capire della morte
di Gianfranco La Grassa (Franco Nova)
L’INUTILITA’ DEI DESIDERI Sempre avanti verso le nostre voglie, eppure mai giungono a conclusione. Camminano lenti e incerti i fantasmi di vecchie conoscenze senza successo. Le amicizie tremano e non ricambiano temendo un prossimo fallimento perché i colloqui densi di ricordi scorrono verso un ben amaro finale. I sentimenti sono tanto provati in questi tempi dal passo sicuro e si rapprendono in blocchi omogenei cambiando l’abito delle nuove mode. Dentro di noi è tutto in movimento verso la fine mai prima pensata. Non giungeremo agli obiettivi sempre voluti e mai realizzati, mentre intorno una fitta nebbia sfuma i desideri tanto provati da immergere il nostro animo in un liquido denso di passioni irrefrenabili ma mai soddisfatte. MEGLIO DISTRARSI CON L’INUTILE Senza rimorsi né pentimento la temuta morte entra nel Nulla; il cuore batte e ribatte sul pensiero piegato al male. Quanti ricordi del malato implorante una benedizione nel suo inutile credere ad una morte ancora lontana. La mia è in avvicinamento, subdola mentre piega il lembo della vita sopra ogni pensiero. Quanto inutile quel tremare dolente solo nella fantasia, perché mentre si affila l’arma la decisione sarà inaspettata. Ci svegliamo paurosi la mattina, la megera medita il giusto momento. NON VEDIAMO LA REALTA’ Il crescendo dell’odioso gracidare, senza presenza degli orridi animali, è la vita che muta la sua prospettiva e assume il suo vero essere. Quante illusioni nella giovinezza e quante ancora nel sopravvivere mentre s’allarga il burrone nella prospettiva della caduta finale. Continuiamo ad essere speranzosi senza accorgerci che l’animo ha invertito la sua direzione avviandosi alla bufera finale. Siamo sempre allegri e fiduciosi mentre in noi cupa incombe la nera nube viepiù riottosa, che mai sparisce pur non vista. Ci apparirà improvvisa e noi non lo crederemo se non quando ci avvolgerà per intero soffocandoci. Sempre così la nostra misera vita, si mostra cinguettante e gioiosa mentre prepara la nera prospettiva di una fine priva d’ogni fiore, che gli amici ci metteranno ancor vivi senza nulla capire della morte.
Città greche dell’Asia Minore
di Eugenio Grandinetti
“Noi adesso ce ne andiamo a poco a poco / verso il paese dov’è silenzio e gioia. / Forse, ben presto anch’io dovrò raccogliere / le mie spoglie mortali per il viaggio” scriveva nel 1924 Sergej Esenin in versi che mi tornano sempre in mente ogni volta che penso agli amici che se ne sono andati. Eugenio Grandinetti è uno di questi. Sto cercando di seguire la vicenda della prevista, ma purtroppo ritardata, pubblicazione di un’antologia delle sue poesie a cura di Luciano Aguzzi. Ho saputo che il 23 aprile scorso al Cenacolo Sant’Eustorgio di Milano sono state lette sue poesie per ricordarlo. E, grazie al paziente lavoro di Rosa De Meo, dispongo ora della trascrizione di alcuni testi manoscritti (per lo più bozze di poesie già edite) recuperati da Anna Maria, la sorella di Eugenio. Più avanti ne pubblicherò qualcuno. Oggi voglio ricordarne la figura ai lettori di Poliscritture con questa sua ampia poesia tutta immersa nel sogno di un’antica civiltà sepolta. [E. A.]