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Quattro poesie
di Cristiana Fischer
DIO CAMPESTRE Inarcato nello spaziotempo spaventapasseri senza cappello arriccia le dita per captare consistenti extradimensioni lo allena la volpe nascosta odora le tracce in pori d'aria le antenne fascine di paglia convogliano sussurri e ospiti in biglietti di foglie la vestina religiosa dei riti trasformati giano bifronte senza facce sulla soglia di mondi paralleli. * * * Le mani delle donne sono forti. Cucinano i cibi e sanno scegliere i nutrimenti ricchi e scartare i resti indigesti poco nutritivi. Le mani mi appartengono per lavare scegliere e confezionare i cibi che costano e non ci appartengono ma il lavoro delle mani mie non ha bisogno dell'Elevazione è solo nascita e cultura di sopravvivenza estrema grazie a noi. La materia infinita ci risveglia e sopravvive nell'unica forma in cui la conosciamo e soprattutto grazie alle mani laiche delle donne che non credono in dio provvidenziale ma nella terra madre materiale di cui accogliamo il compito. * * * POESIA MENDICANTE Noi siamo le emozioni sbigottite le scarne idee e la lingua prudente il bastone le scarpe e il fagotto della poesia mendicante in agguato alle svolte delle strade e batte alle porte delle case per una minestra o una moneta da incastonare tra i versi. * * * Venisse l'angelo con ali d'aria e non di terra, sporco di materia mortale che degrada gli empiti migliori, eppure angelo mio restio quasi offeso e reticente angelo di specie benedetta che sai le vie della ridotta convincimi di quell'antica via di sapienza che nessuno esclude vivente e come tale conoscente della sua sorte inesplicabile: sbatti le ali e con lo spirito diffondi un'impari credenza che nel cosmo immaginario siamo tutti eguali viventi e morti in noi coscienti e l'uguaglianza è un problema di sostanza inficiato all'origine di quale mondo sostanziale mai si dia.
Nonne
di Annamaria Locatelli
La nonna del Nord contadina (Maria) La povera gente - diceva- è sempre quella possiede una padella per cucinare due uova al tegame e non morire proprio di fame. Rompeva un sasso a metà, la sua specialità: con uno scaldava il letto di notte, con l’altro insaporiva la zuppa di verdure cotte. Sapeva scrivere del tempo che passa su fili d’erba verdi e rossi, delle stagioni in eterno cammino. Il viaggio era lungo e stanco a novembre, di cascina in cascina, tracciando rughe sulle mani scure come solchi della terra e delle passioni vive e oscure che ogni vita semina e raccoglie. Arrivata a settant’anni soleva dire: “toh, in un baleno la vita è finita da ora, per ogni anno, è regalata!” La nonna del Sud, pescatora (Chiara) Dal Sud di casa nostra al Sud del mondo, l’Argentina, e poi di nuovo al nord italiano tra i tranesi della Mala milanese, l’osteria a Porta Ticinese: il vino mescolato ad amaro sangue... E ancora, vagando per pianure, approdasti in quel di Lodi tra fitte nebbie. La prima neve scambiasti per farina: che spreconi quei polentoni! Avevi la grinta di chi non si arrende, la sciura Chiarina benefattrice fu riconosciuta dai piu’ poveri. Senza saper leggere e scrivere tenevi testa ai signori laureati con le tue parlate salaci. Ma un sogno conservavi, del tuo mare... di quando con le mani il pesce pescavi e crudo come dio l’ha fatto poi mangiavi! La nonna del Sud ricamatrice (Anna) Umbratile di fattezze ma bellissima, color seppia nella foto di una coppia d’altri tempi, appare: al suo fianco mio nonno, dai baffi regali, e splendida lei, la mia nonna Anna, quella che, appena quarantenne, seguì la spagnola lasciando sei figlioli, l’ultima, ancor bambina, mia madre... Appena sedicenne, dal Sud catapultata in un’osteria della Mala, si perse... Mia madre quasi non la ricordava, gli zii, suoi fratelli, tessevano di lei le lodi di una donna raffinata e disadattata. Le sue lenzuola, in dote ricamate, ne conservo un paio, erano opere di fate!
Lavorando a Narratorio
di Ennio Abate
Scorri, buia campagna d’infanzia, mostra i tuoi sterpi.
Ci siamo fatti vecchi. Ci siamo persi. E ai bambini
sognatori che fummo – biascicanti favori, baciamani,
abbassaocchi – somigliamo nella sofferenza dei ricordi.
Dal braciere di povere fiabe scintillano ancora
immagini pie contro geli pugnalatori. Conservare
queste marmellate di paure, cibo di compassione.
E non scendere irriconoscibili e muti
negli immensi cimiteri marini dei dimenticati.
Narreremo furie e lamenti della carne dei viventi.
Nutriremo l’impazienza di altri combattenti.
8 maggio 2024
* Copertina. Tabea Nineo, Nonna animali contadino e nudo, carboncino 1990
Su chiusura di sipario
di Gianfranco La Grassa
RIVIVIAMO MA DIVERSAMENTE Urlano gli ambulanti grezzi, pur utili alla vita quotidiana, attirando la serena attenzione dei visitatori della bellezza cittadina. Gli amanti della cultura e storia, formatrici di nuove civiltà, prendono una diversa via e alimentano un ricordo millenario. Molte vicende decide la sorte in una mescolanza mutevole che annulla ogni misera volontà. Il nostro animo si ribella al destino, ma questo detta la sua legge. Siamo fragili e la vita ci spezza, i frantumi si rimettono insieme dandoci l’impressione di nuova vita. Saremo sempre pronti a riceverla soltanto se questa sarà serena, non coinvolta in mille pene come quelle finora patite. IL SIPARIO SI CHIUDE La fine mi sta aspettando e spiando ogni mio movimento, mentre la tormenta infuria nell’animo ormai prosciugato. I pensieri si dividono in gruppi e giocano fra loro irridendomi, pur se la mente tenta di scacciarli. Fiori rossi nascono all’improvviso e gettano i loro petali delicati sulle teste pelate di passanti che incespicano sui mattoni dei miei pensieri vaganti in un vuoto ricco di rumori. Non vedo donne ma megere scheletriche coperte di vesti neri; urlano e ghignano sugli umani tra loro formando densi gruppi facili allo sterminio senza scelta. Alte grida si levano dai vegliardi accortisi degli scheletri vicini, che fanno udire lo scricchiolio della fine ormai alle porte. Infine giunge l’eterno silenzio, il cielo si oscura, nulla più si vede. QUESTO SIAMO NOI Il cielo è sereno stasera; le stelle però non brillano, sembrano stanche e annoiate nel seguire le sorti della Terra, solo un granello nell’Universo. Ci sentiamo il centro del Tutto e chissà quant’altra vita esiste in lontananze irraggiungibili. Viviamo senza chiederci perché e crediamo di essere importanti così da immaginare un Creatore. Finirà un giorno l’Uomo e forse anche il pianeta, il sistema solare e ancor di più. L’Universo non avrà un fremito mentre l’individuo umano trema e non sa e nemmeno potrebbe vivere una pienezza rassicurante. Questo siamo noi e presto finisce l’esistenza d’ogni singolo.
Conversazione 2 con Gianfranco La Grassa.
Filippo Nibbi ( 4 maggio 2024)
Ra e mane e zi Luigia ae mane re mierece
Narratorio 10
di Ennio Abate
Dopo aver corso quel rischio di morte all’inizio della sua vita e dopo l’incidente del dito – l’unghia saltata non ricrebbe più e la punta del dito rimase deforme [1] – l’infanzia di Chiero fu punteggiata da vari malanni e un serio incidente. Il Narratore perché dovrebbe saltarli?
Nel passaggio da Casebbarone a Salierne gli venne l’uocchie sinistre strabbiche – un occhio era rimasto a Casebbarone e l’altro era attirato da Salierne? – e per qualche tempo dovette portare gli occhiali corretivi. E i coetanei – terribili! – sfottevano: o quatruocchie! Continua la lettura di Ra e mane e zi Luigia ae mane re mierece
E ora ci stiamo alzando
Ci sedemmo dalla parte del torto perché gli altri posti erano occupati (B. Brecht). E ora ci stiamo alzando perché gli altri posti sono occupati dalle menzogne.
Cnn, decine di manifestanti arrestati in sgombero all’Ucla
LE TROUPE DELLA CNN SUL SITO DELL’ACCAMPAMENTO DELL’UCLA HANNO VISTO DECINE DI MANIFESTANTI ARRESTATI DAGLI AGENTI DELLA CALIFORNIA HIGHWAY PATROL.
Figlie e Nannìne e ra guerra
Narratorio 9
di Ennio Abate
Chiero nacque in piena guerra e gracile: Continua la lettura di Figlie e Nannìne e ra guerra