Tutti gli articoli di Alessandro Scuro

Goytisolo e il suo tempo

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Intervista  di Alessandro Scuro a Francesco Luti

Questa intervista appare in seguito alla pubblicazione di alcuni interventi sull’opera di José Agustín Goytisolo del quale lei ha tradotto varie poesie, come ha fatto con i componimenti di altri poeti del ‘50 e delle generazioni successive. Che origine ha il suo interesse per la poesia e, nello specifico, per i summenzionati poeti? Continua la lettura di Goytisolo e il suo tempo

Girona-Portbou

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Resoconto del ciclo 2016 di conferenze su Benjamin
organizzato dall’Università di Girona

di Alessandro Scuro

Portbou è il primo villaggio catalano sulla costa mediterranea, alle pendici dei Pirenei. Si scende per una strada tortuosa scavata nella roccia, dominando all’orizzonte il mare oltre la rada. Se il panorama è incantevole e degno di una cartolina, lo stesso non si può dire a prima vista del paese: un porticciolo turistico e alcune moderne palazzine, incastrate tra i vecchi edifici rimasti in piedi dai bombardamenti della guerra civile, intorno all’unica spiaggia. Già da lontano, però, quel che nota l’occhio per primo è l’immenso edificio della stazione ferroviaria internazionale, decisamente sproporzionato rispetto all’estensione dell’abitato. Continua la lettura di Girona-Portbou

José Agustín Goytisolo: C’era una volta…

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di Alessandro Scuro

La fortuna di José Agustín Goytisolo non può prescindere dal successo delle versioni musicate delle sue poesie, oltre che indissociabile dalla voce più rappresentativa di quei cantori, quella di Paco Ibáñez. Legati da una profonda amicizia e uniti talvolta sul palcoscenico, entrambi si riconoscevano appieno in quelle canzoni, raccolte nel 2004 nel disco Paco Ibáñez canta a José Agustín Goytisolo, ad alcune delle quali come «Cuento», ribattezzato in seguito «El lobito bueno», e «Palabras para Julia», debbono parte della loro celebrità. Continua la lettura di José Agustín Goytisolo: C’era una volta…

Gabriel Celaya: la poesia è un’arma carica di futuro

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di Alessandro Scuro

Interessato in gioventù alle sperimentazioni formali e alle elucubrazioni oniriche dell’arte per l’arte, come la maggior parte dei suoi coetanei, Gabriel Celaya fu tra i molti che in seguito agli eventi del 18 luglio del 1936 trovarono inadeguati quei versi raffinati, colpevoli quegli artifici indifferenti ad una realtà che non poteva più essere ignorata senza complicità. I poeti in erba degli anni precedenti alla guerra, inevitabilmente influenzati dalla Generación del 27, si ritrovarono a vivere il dilemma maireniano, travolti da una barbarie che la ragione non poteva sopportare. La morte, l’esilio e il silenzio rassegnato al quale la censura e la repressione fascista avevano costretto i superstiti, lasciava quei giovani orfani della maggior parte dei propri riferimenti. Impossibile per loro mostrarsi docili verso l’ordine immutabile delle cose, dopo aver visto stravolgere con i propri occhi speranze e possibilità, soffocate dalla tradizione più nefasta. Continua la lettura di Gabriel Celaya: la poesia è un’arma carica di futuro

Collioure-Portbou. Machado e Benjamin sul cammino dell’esilio.

 

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di Alessandro Scuro

Sostenitore della prima ora, Machado si era nel tempo dimostrato scettico a proposito dell’operato della Società delle Nazioni, dopo che le potenze firmatarie avevano tacitamente permesso a quel «facchino presuntuoso» di Mussolini l’invasione dell’Abissinia[1]. Continua la lettura di Collioure-Portbou. Machado e Benjamin sul cammino dell’esilio.

Federico Garcia Lorca. Il poeta alla guerra

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di Alessandro Scuro

A FIOR DI TEMPO (3)

Il dibattito che occupò la Spagna intellettuale ed artistica nei primi decenni del Novecento è normalmente stigmatizzato nell’opposizione tra i “vecchi” della Generación del 98 e i “giovani di quella del 1927, nonostante entrambi i gruppi siano stati estremamente eterogenei per età e varietà d’espressione, oltre che di idee. Continua la lettura di Federico Garcia Lorca. Il poeta alla guerra

Antonio Machado. All’etica attraverso l’estetica

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di Alessandro Scuro

A FIOR DI TEMPO (2)

Orfana delle ultime colonie, dopo il desastre del 1898, erede dei sanguinosi conflitti del secolo precedente e dell’ipocrita politica del turnismo (la successione alternata delle forze contendenti) introdotta da Canovas del Castillo [1], la Spagna si presentava decisamente disorientata al principio del XX secolo. L’instabilità politica e il disordine sociale continuavano a caratterizzare la vita del paese; la monarchia, rappresentata ora da Alfonso XIII, sedava le rivolte facendo affidamento alle forze che le prestavano appoggio, mentre intraprendeva l’ostinata e massacrante guerra del Reef per mantenere, con il protettorato marocchino, le ultime parvenze di potenza imperiale. Continua la lettura di Antonio Machado. All’etica attraverso l’estetica

Juan de Mairena. Lezione: sul concetto di storia

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A FIOR DI TEMPO (1)

di Alessandro Scuro

Con questa prima lezione Alessandro Scuro inizia un’esplorazione a puntate della letteratura spagnola. Poliscritture ringrazia per questa preziosa collaborazione. [E. A.]

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L’immagine più nitida della storia, intesa come speranza irrealizzata da attizzare e alimentare e non come cenere delle passioni ormai estinte del passato, può essere resa con l’espressione contenuta nei versi di una canzone popolare ecuadoriana, cantata tra gli altri, da Paco Ibáñez, il cantore dei poeti. Proprio con questi intenti il cantore valenciano, a partire da metà degli anni Cinquanta, ha dedicato la vita intera a musicare una sterminata antologia musicale a partire dall’opera di autori di lingua spagnola e non solo. L’espressione «a flor de tiempo» con il quale l’autore descrive le immagini del passato, degli amori e delle illusioni, che si affacciano al suo sguardo in punto di morte, si utilizza qui come indicativa di una ricerca volta, secondo la definizione di Walter Benjamin, a «spazzolare la storia in contropelo».

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