Tabea Nineo (al 17 novembre 2022) Continua la lettura di Bimba corre alla maniera degli alberi
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Quattro poesie da “Tre regni”
di Cristiana Fischer
Dall’appena pubblicata (su You Print) e a prima vista smilza e sommessa raccolta di poesie di Cristiana Fischer ho scelto di segnalare questi quattro testi. E, dunque, quattro temi: Il vento (“re sonoro”); la casa abbracciata da “alberi giganti”; il fiducioso desiderio di “credere” e di “sapere”; la vecchia in meditazione sulla “sua morte” e su “un doppio sé impensabile”. Lì ho estratti (non proprio a caso ma con un certo arbitrio) dalla prima lettura che ho fatto. Ma – occhio al titolo della raccolta e al termine “regni”! – alla ineludibile tripartizione scelta dall’autrice andranno ricondotti in seconda o terza lettura per svelarne gli enigmi allegorici, che mi pare di cogliere. [E.A.]
Continua la lettura di Quattro poesie da “Tre regni”Io cerco parole
di Paola Del Punta
Un solo albero sta in mezzo a un verde prato eppure nessuno lo vede Scendo le scale Nere da te lucidate Dal lucernaio sopra La porta la luce Illumina i tuoi passi Uno a destra e poi uno a sinistra Migliaia di volte hai salito E sceso queste scale ripeto le tue orme la tua presenza Nell’assenza Malinconica mente si attarda nel frastuon di luci e grida di gabbiani Nell’aria della sera Un altro porto straniero Appare e volti e voci Si confondono Qui ora e allora Gira senza sosta La ruota del tempo Dalle maglie Della tua rete Scivolano via Granelli di senso Della vita altrui Ora i miei raccolgo E in una grande tela Li compongo a formare un paesaggio colorato Vedo passare vecchi increspati Che il tempo abbandona Mi rifugio in una nicchia Di tepore Mangio cioccolata. E’ scritto best Sul dorso della ciabatta sotto consunta sfilacciata in mille fili trascina i tuoi affanni . Mi chiedi una magia Silenziose lacrime E il ricordo gioioso di bambina Premono e ammutolisco. Siamo a un filo legati Come panni stesi Da finestra a finestra Ci scaldiamo ai raggi del sole E ritornano parole Segni di lunghi silenzi Sulla pelle incisi Se ne va un uomo Col suo sacchetto Lungo un viale Di alberi di luce In lontananza lo raggiunge La rosa del tramonto
Da “La segreta isola di sale”
di Emma Pretti
La danza degli alberiContinua la lettura di Da “La segreta isola di sale”
Per tutto il giorno il vento
ha preparato un temporale,
ma il temporale non è arrivato.
Adesso ch’è buio gli alberi
continuano a scuotersi al vento
tagliente.
La notte è tersa e i loro profili
ondeggiano maestosi e piumati.
Al fresco fogliame di primavera
il vento non dà tregua.
La sua voce al mio sonno
non dà pace.
La danza degli alberi,
la coercizione del vento.
Un coro di tuoni e lampi
in lontananza.
Un’antica tragedia nell’aria,
davanti alla mia finestra
per tutta la notte.
Misura
Trinità di Rublev
di Cristiana Fischer
L’illusoria potenza di credere all’influenza materna nei confronti di maschi liberi. Ma voglio credere in una via riformista: liberi ma non salvi, nella vecchia via guerresca cannibalica paleolitica.
La vostra libertà richiede che anche noi, le madri di tutti, non siamo altro che allevatrici temporali per lanciarvi liberi in un mondo di sole vostre regole.
Invece credo che ogni complementarietà sia acquiescenza al vostro mondo di lotte tra maschi senza memoria di nascita.
Il mondo vegetale -stabile- gioca la sessuazione insieme a compatibilità. Noi primati la generazione riduciamo a un’unica modalità: duale. Mentre nascere e fiorire sboccia in forme di travolgente umanità.
Allora sono minoranza! Bella esperienza ascoltano con sufficienza quel poco che conferma e il centro esatto di differenza si trascura. Ma per non sbagliare preciso che non sono contenuti argomentati ma logica teorica che cause e effetti inenarrabili non ancora previsti ha anticipato. Invece si tratta di altro mondo che già c'è e non si vede dai ciechi, il nuovo essere del mondo di colori verdi e chiari. carovane di nomadi infiniti venti di particelle le frontiere di foglie scompongono correnti sopraffanno i giganti del tempo dita lacere e scheletri viventi. Un'aria azzurra e i turbini disciolti galleggiano diffusi oltremontani si placano sul mare come un'ombra di incertezza mai ripresa. L'attacco dell'incanto è rimandato. Si aggrappano gli alberi in aspetto severo al loro bosco ai nuovi margini, la rete di radici i funghi nutriti e i colori che regalano equilibrio vegetale. Querce e carpini induriti e sconvolti perenni nei secoli fioriscono carezze di stagione e soddisfare i voli è loro ferma e costante volontà. Il pensiero ha un innesto nel corpo e non per caso il corpo mortale conserviamo pronti a tutto non a morte cieca senza speranza: la virtù la forza che apre i cieli oltre materie consistenti miste di quanti e sostanzepensiero: come se tutto svanisse in materia come le anime dei morti adesso. Lo spazio che mi allarga al solo tempo dei gesti necessari sulla terra scandito nei ritmi spazio ecoico che risuona in millenni e milioni di storie individuali. Come cieca alla tastiera punto ai frutti generali cacciando spirito generativo. La mente ultrapossente che ci pensa risponde a necessaria debolezza. con noi i morti tutti quanti vivono in coincidenza temporale nel tempo nostro - e non trascendentale della possibile divina incarnazione che un pensiero illuminista ha confinato nell'eguale per cui tutto il possibile è reale con lo scandalo di mortalità. Tutto si spiega oppure il nulla se la vita ci dispera e il dio barbuto eterno ci rallegra nell'unica fantastica idiosfera dell'ultimo conflitto e noi segnando la stazione fermiamo la voglia del delitto e la disperazione volta a volta del popolo sconfitto. Pensare e sapere come forze spirituali al materiale di cui siamo fatti. Abbi pazienza ripete e come tutti raccolgo l'indicibile del cielo in terra e delle morte madri successive spirito ci sostiene.
Trinità di Cimabue
Due fiabe
di Annamaria Locatelli
NEL BOSCO ANTICO
Anno 2050…autunno piovoso. Il bosco offre un tappeto di foglie multicolori: il sentiero ne è disseminato, ma ne restano ancora sugli alberi, piccole fragili bandierine già arrese. Alle zampe di agili o pigri animali, le foglie non scricchiolano più, la pioggia le ha rese flosce e marce, quasi una poltiglia di fango giallo-verde mescolato al terriccio. Una stradina costeggia il bosco e un’altra lo attraversa: ad un tratto, alla svolta di un’audace curva, si congiungono, quasi vanno a sbattere muso contro muso, come due animali fuggitivi e disorientati. Nessun paia di occhi a testimoniare l’incontro, solo felci e muschio.
Ma quelle due strade hanno fissato un incontro per sempre: rigide, immobili. Si toccano, si attraversano per poi divergere di nuovo. Chissà se hanno pattuito un’intesa, si sono confidate un segreto o solo sfiorate per perdersi una volta per sempre…Presenze, presenze. Gli alberi sono quelle più antiche: dominatrici possenti vite, hanno generato altre vite. Formiche, uccelli, insetti, piccoli mammiferi e poi fiori, arbusti…un mondo completo, anche se marcescente. Il torrente, scendendo dal monte e srotolando macigni, si è affacciato alla scena ancora prima del bosco: intorno a lui tutto è germogliato…di presenza in presenza un’infinita catena a ritroso, senza poter risalire al Big Bang. Ripercorrendola in avanti, per ultimo è apparso l’uomo che ha sentito il bisogno di tracciare una o più strade nel bosco. Eppure prima di lui nessuno vi si era mai perso. Chi volava sopra, chi lo attraversava con la lentezza della lumaca, chi con la velocità della lepre, senza bussola e punti cardinali. Era sempre la propria casa: non ci si allontanava mai, non ci si perdeva mai. A volte si mangiava, a volte si veniva mangiati: sempre si andava a concimare la terra. E arrivò l’uomo! Non è riuscito ad essere con la natura, ha voluto dominarla…ma le stradine, in fondo, sono solo una tenera cosa, un bisogno di esserci, di facilitare il cammino, senza disturbare.
In quel bosco, ai piedi delle montagne, a parte le due stradine, lascito di antichi pastori che un tempo conducevano i loro greggi sulle alture e sentiero prediletto di persone solitarie e di innamorati, non c’erano tracce di opere umane.
L’autunno é avanzato e si intravedono i primi segnali dell’inverno imminente. Gli animali più pigri si preparano al lungo letargo, gli uccelli migratori hanno già spiccato il volo per terre lontane, le farfalle, dalla breve vita, sono scomparse e l’edera, cadute le foglie, ha cessato di ricoprire i tronchi e le verzure di delicate campanelle bianche, screziate di rosa, in un abbraccio mortale.
C’è un’attesa nell’aria, nel silenzio incantato, silenzio che la sottile pioggia non riesce a turbare. La natura tutta sembra interrogarsi sul suo destino: vivrò o non vivrò? E’ struggente e spasmodica la richiesta di una risposta che tarda ad arrivare…e tutto è sospeso nell’aria, come per il primo giorno del mondo. Però allora il mondo si apriva alla speranza di un’eterna primavera, ora invece presentimenti di morte si stampano nella linfa verde e nei corpi dei piccoli insetti e degli animali del bosco. Gli alberi piangono le loro lacrime di pioggia e di freddo, le goccioline a rivoletti si inseguono sui tronchi squamosi, sui rami, sulle foglie ingiallite e vanno a penetrare nella terra scura…scoiattoli, talpe, serpentelli si acciambellano nelle loro recondite tane e rifiutano agli occhi la luce…ne hanno vista e vista e basta una volta per tutte! Lasciateci dormire in santa pace! Noi veniamo forse a disturbare il vostro sonno? Scusate, scusate. I dialoghi sommessi nel bosco…
E le due stradine che si incrociano sempre rigide a fiutare la metamorfosi – soltanto un mese prima tutt’intorno c’erano movimento, vita, musica di uccelli, colori e profumi inebrianti – pensano di essere solo loro uguali nel tempo, mentre lì tutto si trasforma. Certo sono opera dell’uomo, l’essere che pretende di incidere sulla natura “ per sempre”, l’essere che pretende di essere immortale.
Ma ad un tratto, nel silenzio tintinnante, un garrito squarcia l’immobilità del cielo e il pesante grigiore: la macchia scura di un rondone taglia in due lo spazio, segnando nel cielo, come a specchio, la traiettoria del piccolo sentiero che attraversa il bosco, una freccia saettante.
Nello stesso tempo una farfalla vola al limitare del bosco, sulla piccola strada che costeggia il tratto boschivo. Il rondone, in una delle sue acrobazie, si abbassa nel volo, quasi radendo il suolo, e va a raccogliere tra le ali nere quelle della bianca farfalla. Forza e delicatezza si incontrano in un abbraccio improvviso e disorientante di corpi vivi nel volo. Ciascuno dei due esseri si sorprende imbarazzato e desideroso di recuperare il suo spazio, la sua integrità, e si ritrae ma subito dopo freme dal desiderio di replicare il contatto. Farfalla e rondone sono dei sopravvissuti, i loro simili hanno già concluso la breve esistenza oppure sono migrati in terre lontane, dal clima accogliente. Solo loro sono rimasti a quelle latitudini, nel rigore dell’inverno imminente. Ma perché? Perché non seguire il comportamento dei compagni che da tempi remoti si ripete e che attiene alla conservazione della vita? Un mistero unisce le due creature in un insolito e comune destino! Forse un’amnesia dell’istinto destinata a portarli a morte certa? Oppure un atto coraggioso di volontà, la bacchetta magica di tutti i giorni? L’incontro inaspettato ha scatenato mille dubbi e ciascuno teme sadiocosa. Lunghi e incerti sguardi…Incomincia il rondone con un timido rito di corteggiamento, vola intorno alla farfalla, ma non è abituato a volare basso e a percorrere piccoli spazi concentrici, bensì a puntare all’immenso cielo azzurro intrecciando con i compagni mille trine nere. Solo così si sentiva libero e felice, ma ora una forza irresistibile lo porta in altra direzione. Anche la piccola farfalla, del resto, lo asseconda e cerca di elevare il suo volo quasi all’altezza dei rami più bassi degli alberi, colta da ugual sentimento. Il rondone vede la farfalla tremare di gioia, allora distende le sue ali protettrici e la farfalla prontamente vi si incunea, e non più per caso, sentendosi entrambi pervadere da un senso di accoglienza. Cercano ora un rifugio nella fessura del tronco di una vecchia quercia e a lungo si raccontano…Le stradine del bosco sbirciano in tutte le direzioni, vorrebbero divincolarsi, rincantucciarsi l’una nell’altra, ma si sono perse d’immobilità…
L’INVITO
La donna si sveglia di soprassalto, guarda l’orologio: è mattina tarda ormai! Quella notte aveva sofferto di insonnia, i soliti pensieri fissi che le disturbavano il sonno! Era sola e viveva di preoccupazioni e di ansie. Riusciva comunque a sognare in quelle poche ore di sonno dall’alba al risveglio, e non sempre erano sogni rassicuranti! Quella notte, infatti, una invasata ipnotizzatrice le aveva letteralmente inculcato la paura folle di avere ormai poco tempo di vita e di dover portare a termine con urgenza una missione: scrivere un testo teatrale per uno spettacolo che si doveva rappresentare su un grande palco, in una regione imprecisata del mondo, in una località ancora meno definita. Nella mente della donna tutto era vago, il sogno lo era per i suoi contorni indistinti, ma nello stesso tempo il messaggio trasmessole aveva una forza assoluta e un mandato indiscutibile. Pertanto la signora si preparò un caffè molto forte e si mise subito al lavoro. Lei non era una scrittrice, tuttavia prese un foglio ed una penna e pensò: qualcosa mi verrà in mente…Dopo un’ora la pagina era ancora del tutto bianca, tra l’altro nessun suggerimento le era stato fornito sul soggetto. Sconforto e terrore cominciarono ad impadronirsi di lei. L’orologio scandiva senza tregua il trascorrere del tempo e lei non riusciva a sfornare la più piccola idea! Era una questione di vita o di morte arrivare al più presto allo scopo…ma perché, se doveva comunque morire? I sogni vai a capirli! Bisognava almeno pensare ad un nome, ad un titolo che l’avrebbe magari ispirata e poi forse tutto sarebbe stato più semplice. La donna strinse forte la penna nel pugno e scrisse di getto una sola parola: Pagnotta. Fu come accendere uno schermo: apparve il Paggio Pagnotta di dimensioni umane, pervaso da un intenso profumo di menta e avvolto da un mantello di color verde, dal bavero rubino. Incantevole ed enigmatico…la piccola stanza si allargò e prese le dimensioni di una vasta foresta profumata, attraversata da un impetuoso corso d’acqua!
Lo strano essere, mangereccio e fluviale, si rivolse direttamente alla donna molto sorpresa (aveva, nonostante l’aspetto, la voce severa):
– Ero qua ad osservarti da molto tempo, tu non mi vedevi, ma poi mi hai invocato, eccomi qua: hai bisogno di aiuto e l’avrai, ma devi anche farti guidare…le cose non vanno mai o quasi mai secondo i piani degli uomini! Ma sbrigati, hai già perso troppo tempo in cose ingannevoli. Ti suggerirò le informazioni esatte che da tempo cercavi. Prendi la mappa della Terra, c’è un luogo, piccolo punto del nostro pianeta, dove sei attesa. E’ situato in prossimità del mare e verdi colline lo incorniciano. Là si erge un palco costruito dalla natura: uno spiazzo elevato e protetto da antichissimi lecci e querce. Vai e saprai: ti aspetta un velivolo e il pilota è già pronto a condurti!-
La donna si sente confusa e smarrita: dovrebbe partire subito, lasciare tutto per una destinazione ignota e per una missione ancora più ignota? Ha un momento di esitazione, ma sa di non avere alternative, il suo cuore batte forte, ha molta paura ma deve. All’ultimo momento afferra una borsettina con qualche soldo e una carta d’identità, non poteva sapere di qualche controllo di frontiera. Intanto l’autorevole e appetibile Paggio si rende di nuovo invisibile e la donna spaventata si precipita all’esterno dove una cornacchia dalle ali spiegate la incoraggia impaziente a salirle sul dorso. Solo un fugace pensiero: ma quanto scomoda sarò? Si vola! Si vola! La signora prova a rilassarsi perché deve pur affrontare la situazione con calma; le penne del capo, a cui è aggrappata, sono alquanto ruvide! Intanto ha il tempo di riflettere con apprensione che, se ci doveva essere una rappresentazione, di essa esisteva solo il titolo: Pagnotta, ma senza testo, ovvero molto conciso. Qualcuno avrebbe provveduto a tutto, spera, l’importante ora era restare calmi e farsi trasportare! Non si può scegliere il mezzo di trasporto come è inutile opporsi al destino. Tira un profondo respiro, ma è troppo presto per prendere fiato, l’uccello è investito da tremende scariche elettriche e una formidabile tempesta si abbatte sul piccolo velivolo. Fortunatamente il pilota – quanto lo stava rivalutando il suo uccello trasportatore!- sa tenere la rotta e passa indenne tra bagliori sinistri e sconquassi…Il cielo ora si rischiara e appare molto in basso la Terra, tra bianchi vapori; la cornacchia si appresta ad atterrare e la donna vede avvicinarsi la meta. Si tiene stretta, trema, ma l’atterraggio è abbastanza indolore, solo un divertente ruzzolone alla fine. Quando sbarca, si aggiusta i capelli, raccoglie la borsettina e vorrebbe ringraziare il volatile ma non ne ha il tempo, subito un gran rumoreggiare di mare e di genti la travolge: vede molte persone, centinaia, migliaia, sedute in cerchio intorno a un grande palco naturale. Dal colore della pelle, dagli abbigliamenti e dal risuonare delle più svariate lingue, capisce che provengono da ogni angolo del pianeta. Anche lei si ritrova seduta tra loro, è una di loro: una donna bianca del vecchio continente…Tutti giunti lì dalle regioni più lontane e, viene a sapere – le barriere linguistiche azzerate – con un invito particolare tutti sollecitati a scrivere il testo per una rappresentazione. Nessuno, si capiva dai volti preoccupati, era riuscito a portare a termine la consegna. Il mare ai piedi della grande collina occhieggiava tra scintillii di luce e sembrava divertito. Tra i mille interrogativi dei presenti, all’improvviso si fa silenzio e una quasi certezza: era quello l’incantevole spettacolo promesso, si presentava ai loro occhi: genti e mare da amare… Già scritto il copione, a caratteri di liquide onde increspate, un gigante a tracciarne la trama? Lor solo chiamati a rifletterlo: insieme autori, attori e pubblico? Ormai era lì e non le dispiaceva; sciogliere l’intero enigma era impossibile, pensa la donna. Quanto era lontano il suo piccolo mondo! Poteva anche sbarazzarsi della borsettina, nessuno lì chiedeva documenti, si sentiva a casa e si rifletteva in tutto ciò che vedeva, non distingueva più onde occhi mani…e infine: ”Pagnotta per tutti!”
Boris Pasternàk, Otto poesie
dal romanzo “Il dottor Živàgo” e da precedenti rivisitazioni TRADUZIONI LIBERE E “LIBERATE” DI ANTONIO SAGREDO (da 2 dicembre 2020 a 9 gennaio 2021)
di Antonio Sagredo
Delle 25 poesie che Mario Socrate tradusse per pubblicarle nel novembre del 1957 in prima edizione mondiale dall’editore Feltrinelli, scrive che sono “Poesie di Jurij Živago”; mentre A. M. Ripellino, che ne tradusse 8, scrive: “Dal romanzo Il dottor Živàgo” (1959), marcando una distinzione tra il personaggio e l’autore. Di queste 25 ne scelsi 17, quasi 40 anni fa, che tradussi e che dopo alcune rivisitazioni abbandonai perché distratto e pressato da altri studi e impegni della quotidianità.
Vamos todos contar Moçambique!
di Baba Andrea
Ci sono posti sperduti del mondo dove si tentano rivoluzioni quotidiane come scrivere un giornale con ragazzi poco o nulla scolarizzati e si tenta pure, in nome del “regno dei cieli”, di fronteggiare l’ingiustizia e la prepotenza organizzata dinanzi a una magistratura corrotta . Questa testimonianza dal Mozambico è arrivata come una pacata invocazione fino a Poliscritture; e la rilanciamo nel deserto affollatissimo del Web, sperando che possa lavorare come un tarlo almeno nella mente di chi non si è rassegnato alla barbarie. [E. A.]
Un paese si ferma
Nelle prime due settimane di agosto, il paese intero si è fermato. Chiuse le scuole, a casa professori ed alunni, servizi pubblici ridotti al minimo di quello che era già stato ridotto all’essenziale prima dalla guerra e poi dalla crisi economica. Per quella data era stato, infatti, solennemente indetto il IV° Censimento Nazionale.
“Vamos todos contar Moçambique!”, era l’adagio che martellava insistente nelle inserzioni pubblicitarie tra un asservito telegiornale di stato mozambicano e una penosa ma molto seguita telenovela brasiliana. Due appelli trionfali richiamavano il popolo sovrano al dovere del civismo patriottico: “Il censimento aspetta la collaborazione di tutti per la raccolta dei dati necessari alle grandi decisioni del Mozambico” e “La definizione delle politiche pubbliche per lo sviluppo del paese sta nelle tue risposte”. Sembrava proprio che quel momento epico di unità nazionale avrebbe ridestato le sorti infauste del 9° paese più povero al mondo, secondo l’indice di sviluppo umano. Continua la lettura di Vamos todos contar Moçambique!
Pensieri
di Annamaria Locatelli
E come tutti, ci si ammala… questa novità costituisce una forma di movimento che in qualche modo riattiva qualcosa, anche la semplice domanda: vuoi vivere o no? Il meccanismo si è inceppato? Coraggio, dai! Continua la lettura di Pensieri
Il terzo film
di Alessandra Pavani
Immaginate una larga cornice rettangolare, come lo schermo di un cinema. Immaginate che sia una finestra spalancata, da cui entrano la luce e l’aria. Non si può chiuderla, altrimenti si morirebbe soffocati, nelle tenebre più fitte, anzi, non si nascerebbe nemmeno. D’altra parte è collocata troppo in alto. Ma a voi che cosa importa? È sempre stata così, a nessuno è mai venuto in mente di arrampicarsi fin lassù per vedere oltre. Tanto non è veramente una finestra. Capita perfino che vi dimentichiate della sua esistenza. Ma poi accade qualcosa. Un giorno commettete un errore. Non un errore qualsiasi, però. Tutti sbagliamo, a questo mondo, e sappiamo che alcuni dei nostri sbagli comportano determinate conseguenze. Ebbene, l’errore che avete appena commesso vi costa un castigo oltremodo bizzarro: in qualche maniera vi portano all’altezza di quella cornice rettangolare, vi incatenano, e vi costringono ad affacciarvi e a guardare per bene al di là della finestra. E lì, sotto i vostri occhi, dispiegata come un’immensa carta geografica, vi appare la vostra mente, il vostro cervello, con tutti i suoi più segreti recessi illuminati senza pietà da un faretto di scena. Immaginate una cosa simile. Non avreste paura di precipitare? Non precipitereste dentro voi stessi? Continua la lettura di Il terzo film