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NATALIZIE: Armando Tagliavento + Francesco Di Stefano

ubriacone

L’aria è diventata inquinata. Non per questo non respiriamo più. Natale non è più il groppo di candore e malinconia di quand’eravamo bambini. Non per questo non ci pensiamo più.  Ripubblico per l’occasione una poesia su Natale di Armando Tagliavento (1930 – 2012), il bidello scrittore di cui  trovate testi e notizie qui, qui e qui e tre sonetti  sempre sullo stesso tema di Francesco Di Stefano, anche lui ben noto ai lettori di Poliscritture. Sono autori legati a un modo di sentire  che ancora può essere detto a ragione popolare. Nello spazio dei commenti ciascuno/a può aggiungere  (sobriamente!) altri versi o considerazioni. [E.A.]

 

La Notte di Natale
di Armando Tagliavento

E’ la notte di Natale.
Va un tale
ad accattare in un bare un cartoccio di sale
per la sua zucca astrale.
Egli s’insacca nella sua mantellina sbrindellata
e ingerisce di volata
i diciassette piani del palazzo in cima al quale
tana. Egli è povero, non ha un cavolo. Continua la lettura di NATALIZIE: Armando Tagliavento + Francesco Di Stefano

Poesie di Nadia Campana da «Verso la mente»

nadia_campana

con una nota di Ennio Abate

New York

assomigliava al mio cuore alternativamente separato
e unito come le labbra tra cui si mischia l’immagine
del vuoto, mia letizia, mia rosa d’inverno, destato
anno che verrà – Continua la lettura di Poesie di Nadia Campana da «Verso la mente»

e = -1

dell'aquila borgesiano

di Salvatore Dell’Aquila

Hay, entre todas tus memorias, una
Que se ha perdido irreparablemente;
No te veràn bajar a aquella fuente
Ni el blanco sol ni la amarilla luna.

(J.L.Borges, Lìmites)

Conobbi D.F. una domenica di luglio, era mezzogiorno forse, a Roma nell’anno 2005, in circostanze definibili come fortuite, sebbene in seguito il progredire del nostro rapporto trovò il modo di strutturarsi in poco tempo in una forma più solida, in grado di resistere efficacemente per qualche anno, fino all’interruzione traumatica che ne fu l’esito.
La canicola, che nelle grandi città a quell’ora e in quel periodo dell’anno arriva a essere perfino minacciosa, oltre che coadiuvante nell’insorgere di sospese allucinazioni, insisteva su uno dei tanti banchi di vecchi libri nel mercato di Porta Portese.
Là eravamo entrambi, ancora ignari l’uno dell’altro, a compulsare volumi usati, più o meno vecchi, esposti inelegantemente, inconsapevoli di comporre un simulacro minimo, neppure simbolico, di bouquinerie orfane della Senna anche se non lontane dal meno vanitoso Tevere. Continua la lettura di

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IL PINO E LA BETULLA (due meschini rappresentanti del mondo vivente)

pino e betulla

di Franco Nova

[Un’ironica allegoria filosofico-politica ricca di possibili riferimenti ai dilemmi della storia e dell’esistenza. Mi pare s’inserisca bene persino  in
quelli elettorali della discussione in corso su “”2034???” (qui). Largo alle interpretazioni più audaci o sottili. (E.A.)]

Il pino e la betulla si presero d’amore; non proprio fulmineo, ma a furia di vedersi non troppo lontani l’uno dall’altra. Il pino era abbastanza rigido e compassato; la betulla tenera e flessibile, buona e premurosa, ma un po’ frivola, leggera quanto basta per interessare un pino così serioso. Erano relativamente vicini; essendo però alberi solidamente fissi al suolo, i loro rami non riuscivano a toccarsi. Le loro radici sì, per cui le moine e carezze da “amorosi” si svolgevano sotterraneamente. Simili tenerezze rattenute, senza sfogo, durarono parecchi mesi; la loro unione sembrò rinsaldarsi comunque, malgrado le limitazioni del caso. Continua la lettura di IL PINO E LA BETULLA (due meschini rappresentanti del mondo vivente)

Lavarsi la faccia al mattino

lenin mayoor

di Lucio Mayoor Tosi

Sulla terrazza delle circostanze un lupo solitario legge quattro righe in versi. Prima di coricarsi tossisce alla tristezza, stempera un rigagnolo di parentesi quadre per l’indomani, chiude gli occhi e sta nel corridoio buio, davanti all’uscio, fedele, povero, infreddolito. Continua la lettura di Lavarsi la faccia al mattino

Poesie

Cattedrale_di_Barletta_vista_dal_castello_2

di Paolo Polvani

Cattedrali impelagate

A certe cattedrali il mare sconfina tra le gambe,
ne sommerge la bocca, le assedia fin dentro il respiro
e loro masticano piano l’azzurro quieto:
le angosce vi si sciolgono, vi affondano le inquietudini.

Certe cattedrali ce l’hanno appeso al collo
l’azzurro del mare, si cuciono sul cuore
le architetture liquide delle meduse, il perimetro
dei calamari, lo sguardo immobile dei pesci.

Risplendono della gloria eterna delle bifore,
dello squinternarsi delle campane, dei campanili
che si sollevano sulle punte per specchiarsi nell’acqua. Continua la lettura di Poesie