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Fra i banchi (1)
di Angela Villa
A COME ACCORDO: Combinazione di tre o più note di diversa altezza suonate simultaneamente. È oggetto di studio dell’armonia.
La scuola è ricca di suoni e rumori, di voci diverse. Il loro insieme costituisce un’armonia originale e singolare. Se l’insegnante che guida una classe riesce a realizzare una composizione armonica, ha raggiunto il suo scopo: dare vita ad una composizione musicale.
Fra tanti suoni, quello della campanella che scandisce l’inizio e la fine delle lezioni, l’inizio e la fine dell’intervallo, il momento più amato dagli alunni, chi cerca di recuperare qualche minuto, facendoli lavorare prima dello squillo che annuncia la fine dell’intervallo, sarà inondato di proteste da ogni parte dell’aula, anche i più timidi, esclamano decisi:
-Ma la campanella non è suonata!
La scuola è anche questo, un luogo di suoni e rumori.
Il luogo più rumoroso è la mensa, più classi riunite insieme per mangiare. Bambini che mangiano chiacchierando e ridendo, muovendosi continuamente, toccando posate bicchieri. Suoni e rumori confusi. Qualche anno fa, una mia collega che aveva un problema di acufeni, aveva cominciato a mettere i tappi nelle orecchie, quando portava la classe a mensa.
-E se ti chiedono qualcosa? Le dicevo indicando gli alunni.
Ricordati cara mi rispondeva, dall’alto di una lunga esperienza di anni e anni di scuola, gli alunni a mensa non hanno bisogno di noi ci sono loro e il cibo, non vogliono parlare di noi, ma con i compagni. Noi dobbiamo solo vigilare che va tutto bene e non si strozzano. In quel caso bastano gli occhi, non c’è bisogno delle orecchie e si infilava decisa i tappi.
Eppure in mezzo a questo caos c’è un rumore che non sfugge a quelle orecchie fini e a quelle bocche affamate: il cucchiaio di metallo sul contenitore delle vivande. Due colpi brevi e secchi, battiti eseguiti con ritmo deciso: tatà. La commessa annuncia il bis; a questo punto una fila di bambini si predispone in direzione del cucchiaio, qualcuno arriva camminando, qualcun altro correndo ma viene inevitabilmente rispedito verso la coda:
-Ma perché? Dichiara in genere il malcapitato con aria offesa.
-Perché correvi e superavi.
È il commento severo della maestra giustizialista di turno, che si alza per disciplinare la fila ma nonostante ciò, c’è sempre qualche furbo che s’inserisce di lato.
La scuola è anche il luogo del silenzio e della riflessione, degli esercizi eseguiti con sicurezza, rapidamente senza ragionare, gettando l’occhio sul quaderno del compagno o non eseguiti, perché troppo difficili.
L’altra mattina sono entrata in classe con un po’ di tristezza, una malinconia che mi era nata lungo la strada. Ho cercato di non farla notare ai miei alunni, in genere mi presento sempre di buon umore, ma qualcuno se n’è accorto lo stesso. Dopo la lettura e la conversazione, ho spiegato un argomento nuovo, poi sono andata alla lavagna per assegnare un altro compito, ci sono sempre quelli che in breve tempo finiscono: – Cosa faccio ora maestra?
Quando sono ritornata al mio posto, sulla bottiglia dell’acqua che avevo lasciato sulla cattedra, qualcuno aveva attaccato con lo scotch un piccolo biglietto.
– Come stai maestra?
Ho letto nel silenzio quella frase ed ho scritto anch’io una frase sul retro del foglio, l’autore del biglietto l’ha ritirato con discrezione e, in silenzio, ha ripreso a lavorare, sorridendo, la mia risposta l’ha rassicurato, e il suo biglietto mi ha regalato un po’ di buon umore.
La scuola è anche questo, un luogo ricco di sorprese, che arrivano fra i rumori intorno, ma anche nel silenzio. Fra i banchi.