di Ennio Abate
non ero buona solo quando attenzioni e calore di corpo donavo buona restavo da te separata quando d’altro mi curavo nei parlatori di donne sotto lastre di lingua morta in mulinelli d’angoscia crudeli e caparbie indagavamo al lume di femminile intelligenza storie oscure di madri e padri stroncatesi in zuffe mortali o servili mutismi ti apparvi allora amara luccicante di lacrime tenace nell’amore più proibito distante fredda luna ti apparvi piccola strega nervosa non più amante e lontano dalla poltiglia dei timori tuoi piantato nella mia casta lussuria sfrigolò un paonazzo desiderio di felicità i fondi oscuri vanno esplorati non addomesticati nella chiacchiera * silenzio mi opponeva si velava di ricordi e di odi mi smorzava sul suo seno non più colloquiante per suo conto o con altre risplendeva precipitò il mondo cangiante ma intero che nell’infanzia sorse e punse negli abbracci materni in baci fuggevoli di donne e quando lei giovane feriale mia sposa incontrai sotto pacchiane luminarie labbra sovraccariche di rossetto una mano fredda da scaldare nella tasca del mio metafisico paltò e a lungo ancora nei cortei di tanti e tante sotto bandiere rosse ma bagnate o negli scantinati del pensare clandestino adesso più non ci sfioriamo e poco ci parliamo penosa la nuova ricerca ambiguo il paesaggio lento il passo la cara ladra va per suo conto non ruba più per me né semina si contorce senza mete nella contorta vita seguendone gli anfratti senza mete dimenticato atlante non sorreggo più i suoi ondeggiamenti non la cullo come le donne e le madri nella dolcezza del simile la penso dissimile e con nuova pena adesso che va nel suo particolare immigratorio fantasma che un poco muove l’ali o mostra talvolta un seme dei suoi silenzi anzitempo si è dovuto morire in sogni separati fissare invano il giusto ormai diviso
1989 circa/2023