di Paolo Di Marco
Che questo 25 Aprile in Italia lo festeggiamo (si fa per dire) con un governo di fascisti, leghisti e mafiosi (anche se tutti parodie di parodie, come dice Travaglio) è un tributo alla concezione del mondo dei nostri liberatori americani, il cui nome ufficiale è ‘democrazia occidentale’ e la cui sostanza si vede bene nei resoconti del secondo 25 Aprile che si festeggia in Portogallo, nel 50° della rivoluzione dei garofani.
Ci sono dei documentari su ARTE che ne ripercorrono le tappe drammatiche ed entusiasmanti; l’origine africana della rivoluzione, con Amilcar Cabral che ne è il fulcro; guerriero e teorico porta la Guinea Bissau, la colonia più povera, ad essere il Vietnam del Portogallo; anche dopo il suo assassinio la lotta degli africani nelle colonie, Mozambico, Angola, Guinea Bissau è la spinta alla rivoluzione dei capitani portoghesi -il paese più povero ed arretrato d’Europa dopo 48 anni di dittatura.
Quando anche le colonie acquistano l’indipendenza i marxisti terzomondisti come Arrighi vedono iniziare la traiettoria di un sogno che da Maputo arriva a Detroit.
Ma quello che succede in Portogallo è di chiarezza esemplare: i due giorni che rovesciano la dittatura fascista più longeva d’Europa (ma va ricordato che il segreto della sua longevità sono le Azzorre come base per gli alleati durante la Seconda Guerra e la partecipazione alla Nato come membro fondatore) sono il prodotto congiunto della rivoluzione dei capitani e della partecipazione popolare, che rende vincente il bluff dei militari ribelli. E questa partecipazione non si arresta, diventa volontà di protagonismo ed autogestione, nella società e nel processo produttivo. Un entusiasmo ed una cooperazione la cui bandiera naturale è quella rossa del comunismo.
Quello che colpisce è l’ottusità dei commenti di esperti e diplomatici, che vedono la situazione come espressione della dicotomia est-ovest, ignorando del tutto il popolo come possibile soggetto; ma è così che la trattarono allora i grandi giocatori. Esemplare la Germania, dove la CDU di Strauss appoggia e finanzia i golpisti di destra di Spinola (l’ex generale e presidente provvisorio) e la SPD finanzia in maniera segreta ma esorbitante i socialisti di Soares in funzione anticomunista. Mentre il KPD della DDR crea improbabili iniziative popolari comuni. Con gli accordi di Helsinsky (sia quelli ufficiali sia le trattative sottobanco) Breznev lascia all’Occidente mano libera.
Il che permette la realizzazione del classico gioco a quattro sponde, con la destra che promette il golpe, la sinistra che ci casca e cerca il contro golpe, la destra che prova il suo golpe e i socialisti che si presentano come i salvatori della patria..e, con l’appoggio ufficiale di tutte le potenze e quello ufficioso di finanzieri e banchieri vincono le elezioni.
E annunciano democrazia e sviluppo economico.
Ma quello che nei documentari si vede bene, si respira quasi, è l’abisso che separa la prima fase, con il popolo che aveva una libertà vera, la voglia e capacità di autodeterminarsi, di gestire il potere, dalla seconda, dove tutto quello che resta è il diritto di parola e una scheda da riempire.
Del resto che la ‘democrazia occidentale’ con la libertà abbia poco a che fare lo fanno vedere in questo periodo i governi europei ed USA, dove anche la libertà di parola è scomparsa. Quando a Varoufakis si proibisce di andare in Germania perchè potrebbe parlare di pace, quando alla Columbia di New York si arrestano gli studenti e gli ‘ebrei per la pace’ perchè appunto di pace vogliono parlare significa una delle due: o la ‘democrazia occidentale’ è degenerata a fascismo, oppure è sempre stata solo retorica, buona solo per volatili non volanti. Come d’altronde il termine sviluppo economico è diventato una di quelle parole che le persone per bene non pronunciano più (soprattutto a tavola). D’altra parte la regola base è sempre stata la stessa che era scritta sui tram: NON disturbate il manovratore. Che è una metafora della democrazia occidentalmente intesa.