Riordinadiario
di Ennio Abate
Nel 1976, la scissione di Avanguarda Operaia mise termine al periodo della mia militanza in un’organizzazione politica. Decisi di non proseguirla, come fecero altri, né in Democrazia Proletaria né nel PCI. E, mentre seguivo da isolato i tragici eventi di fine anni ’70 e continuavo ad insegnare, ripresi ad occuparmi, per reazione, delle attività – letteratura, poesia e grafica/pittura – che avevo subordinato all’impegno politico. E a scrivere, con più assiduità, un diario -zibaldone. Da lì estraggo adesso le riflessioni che accompagnarono la stesura delle mie “poeterie”. Queste dell’anno 1977 testimoniano sia il desiderio di riallacciarmi all’esperienza di scrittura giovanile, in parte persa o distrutta e in parte conservata come reliquia da interrogare, e sia la combattuta volontà di far conoscere questi miei tentativi non solo a qualche amico ma anche a due intellettuali-poeti di Milano. A Giancarlo Majorino, di cui avevo appena letto «Poesie e realtà ’45-’75» (Savelli 1977), e a Franco Fortini, che seguivo su «il manifesto» e di cui avevo letto «Questioni di frontiera» (Einaudi 1977). Intravisti in qualche occasione, li sentivo partecipi della stagione delle lotte studentesche e operaie cominciata per me con l’occupazione della Statale nel ’68. Al primo chiesi un parere su un dattiloscritto di appunti poetici legati alla mia esperienza d’insegnante (che diventeranno poi «Prof Samizdat»). Al secondo invierò, nel 1978, la prima stesura della «Poesia della crisi lunga», dove lo citavo come mio «maestro a distanza».