La discussione è troppo calda e quindi non voglio, qui, entrare nel merito e parteggiare per l’uno o per l’altro. Mi pare che, salvo alcuni errori di informazione non determinanti, entrambe le parti abbiano qualche ragione a loro favore e qualche argomento ragionevole contro. Sarebbe necessario mantenersi allo scontro e incontro di argomenti senza passare allo scontro di caratteri e di persone, che è antipatico e indica una sconfitta dell’informazione e della logica che ognuno vanta per sé.
Mi interessa però fare alcune considerazioni complessive sulla discussione e sui suoi argomenti, osservando innanzitutto che un piccolo e semplice post ha già suscitato oltre 150 commenti (mi riferisco a quello di
Raffaele Piccioli). Se si fa un giro in Internet si può vedere che la stessa cosa capita in altre, molte, pagine di Facebook e di altri Social, in blog e nei media cartacei e online, radio e tv.
Ciò significa:
1) L’argomento interessa perché coglie paure e incertezze da un lato, sicurezze – pretese o reali – dall’altro. E così fra chi ha la paura e la diffidenza come sentimenti principali e chi ha invece la sicurezza, risulta difficile mettersi d’accordo o anche solo discutere pacatamente.
2) In tutti i periodi di crisi e di emergenza le abitudini solite, sia quelle mentali sia quelle pratiche della vita di tutti i giorni, non funzionano più bene, le persone sono sollecitate a risposte che richiedono l’adozione di nuove idee e nuovi comportamenti, ma la capacità di resilienza (usiamo questo termine diventato di moda da pochi anni e che sostanzialmente significa la capacità di rispondere positivamente e di adattarsi) delle persone è variabile: ci sono quelli che si adattano subito e quelli che non riescono proprio ad adattarsi. In questo modo la crisi ha anche ripercussioni psicologiche e inter-relazionali fra le persone.
3) A livello generale e pubblico i punti critici riguardano in particolare questi aspetti:
3.1) La validità della scienza, fin dove essa arriva, fin dove dobbiamo rimetterci “ciecamente” a lei. Abbiamo assistito e continuiamo ad assistere a dibattiti fra esperti che dicono cose molto contrastanti. Abbiamo letto relazioni di organismi sanitari, come l’OMS, smentite da autorevoli scienziati o addirittura messe in ridicolo. Come sempre è avvenuto anche nei secoli passati la scienza non si afferma per l’autorevolezza dei suoi esponenti e per la certezza dei rimedi proposti, ma per i risultati pratici che si ottengono – quando si ottengono – nella pratica. La sperimentazione di laboratorio è solo una premessa: la verifica avviene successivamente, nei grandi numeri delle applicazioni pratiche. Ci vollero quasi cento anni prima di arrivare all’accettazione da parte di tutti del vaccino contro il vaiolo e furono i risultati pratici a convincere, non i numerosi studi teorici. I vaccini anti-Covid sono ancora “freschi” ed è quindi naturale che non convincano tutti e che lascino aperti molti elementi di discussione. Più convinti della loro utilità sono i medici che li utilizzano e gli studiosi (sociologi, statistici) che ne possono già misurare gli effetti pratici. Nonostante i dubbi e gli effetti negativi collaterali – riscontrati in percentuali molto basse – possiamo già dire che senza i vaccini staremmo peggio. Ma questa è una considerazione statistica che vale per i grandi numeri. Il singolo individuo può sempre chiedersi, con qualche ragione: e se un effetto collaterale negativo, magari mortale, capitasse proprio a me? L’incertezza fra la scelta individuale e la forza dei grandi numeri non è sopprimibile. Ogni individuo è chiamato a scegliere e ogni scelta comporta elementi di rischio.
3.2) Se la validità della scienza pone dei problemi perché non può mai essere un credo dogmatico indiscutibile ma sollecita le ragioni proprie di ogni singolo individuo, sia dei competenti sia degli incompetenti, problemi ancora più gravi pone la gestione politica della scienza e dei suoi ritrovati, a partire dalle fasi dell’orientamento e del finanziamento della ricerca a quelle di valorizzare l’una piuttosto che l’altra tendenza che emerge dal mondo scientifico, per finire nell’adozione delle decisioni politiche da tradurre in leggi e quindi in obblighi per i cittadini. Qui non si tratta più di dibattere sulla validità della scienza, ma sull’uso politico che se ne fa. È ovvio che le decisioni possibili siano diverse e che ci sia discussione e contrasto su quali siano le migliori, e sul perché e per chi sarebbero migliori.
3.3) Se la fiducia nella scienza e negli scienziati, nonostante gli elementi di discussione, è abbastanza alta, si ha meno fiducia in tutti quegli elementi che fanno pressione sulla ricerca scientifica e sulla produzione di vaccini e medicinali per ragioni non scientifiche, con effetti distorsivi. Già ho detto della gestione politica della scienza. Altro elemento di sfiducia è la gestione economica e finanziaria. Il gran parlare dei Big Pharma, cioè delle grandi case farmaceutico che guadagnano cifre enormi con la produzione dei vaccini, ha naturalmente un suo fondamento realistico. I costi di vendita dei vaccini, l’esclusività dei brevetti, le quantità prodotte e fornite ai vari Stati secondo contratti di vario tipo sono tutti elementi che è giusto discutere. La discussione perde però di realismo man mano che si allontana dai problemi veri e ipotizza complotti, fra cui strani e stranissimi complotti, come il dire che le dosi di vaccino contengono un specie di microchip molecolari che, una volta iniettati, permettono il controllo da remoto degli individui. Insomma, i vaccinati diventerebbero una specie di robot, o di zombie, facilmente manipolabili da chi ha in mano le leve del potere. Qui siamo alla pura pazzia fantascientifica. Ma cito anche questo caso per indicare la vastità di vie e di argomenti che ha assunto la discussione. Il che non è un segno positivo.
3.4) Un altro effetto che si è sempre avuto nelle situazioni di crisi e di emergenza, prime fra tutte le situazioni di guerra guerreggiata, è che le difficoltà e le complessità diventano materia non più di soluzioni e decisioni politiche “democratiche”, ma materia di soluzioni e decisioni tecniche. Le libertà cosiddette democratiche si restringono e prende il sopravvento la tecnica, sia essa militare nel caso delle guerre o scientifica nel caso della pandemia o economica e finanziaria nel caso di crisi economiche. Il restringimento del campo delle libertà riduce le possibilità di scelta dei cittadini e aumentano gli obblighi imposti per legge. Ciò è sempre avvenuto. L’obbligo per legge più forte e più contrario ai diritti di libertà personale è quello di andare a combattere, uccidere e farsi uccidere, per forza, pena, altrimenti, la fucilazione per diserzione. A confronto l’obbligo del vaccino – non ancora previsto in Italia – sarebbe meno grave, ma comunque appartiene allo stesso tipo di obbligo imposto dalla legge in nome di un comune (nazionale, sociale, europeo, universale) obiettivo che, in quanto comune, si intende giuridicamente di tutti e quindi superiore ai diritti di libertà dei singoli individui. Questo del restringersi della sfera delle libertà è un altro aspetto generale che fa discutere e pone in contrasto idee e filosofie diverse, sia in ordine all’impiego provvisorio delle misure di restrizione, sia in ordine al fatto che si è sempre verificato nella storia che le misure di restrizione delle libertà hanno lasciato sempre un certo seguito anche dopo superato il periodo di emergenza. Ciò vuol dire che chi detiene il potere ha conservato, anche alla fine dell’emergenza, parte del potere aggiunto di cui si era usato per combattere l’emergenza. È ciò che si dice aumento di regolamentazione legislativa della vita dei cittadini.
3.5) Ciò che convince molti cittadini ad accettare una riduzione della propria libertà e un aumento della regolamentazione legislativa delle proprie decisioni e dei propri comportamenti è lo scambio: meno libertà in cambio di maggiore sicurezza. È sempre stato così. Lo Stato promette più sicurezza in cambio di minore libertà, il che vuol dire in cambio di più potere decisionale per sé. Questo ha dei riflessi diretti anche sulla vita delle istituzioni. Non per nulla in questi ultimi mesi sono usciti diversi articoli che hanno registrato il maggior potere del Presidente della Repubblica, del Capo del Governo, la diminuzione di potere del Parlamento, ed altro ancora. La stessa Costituzione viene forzata da interpretazioni in senso autoritario, ad esempio sulla legittimità di imporre l’obbligo della certificazione verde.
3.6) Con quest’ultima osservazione si tocca un problema di prospettiva, che riguarda la gestione attuale della pandemia e le trasformazioni di lungo termine che essa sta determinando. Quando l’emergenza sarà finita non potremo più tornare alla situazione precedente perché molte cose saranno cambiate e fra queste anche il potere e le funzioni delle istituzioni politiche e i rapporti fra di esse e i singoli cittadini. La preoccupazione di molti – fondata obiettivamente – non riguarda solo le modalità di gestione attuale della pandemia ma la sua strumentalizzazione ai fini di arrivare a un riassetto dei poteri e delle relazioni sociali da cui alcuni traggono vantaggi e altri, la maggioranza dei cittadini, solo svantaggi, solo nuovi obblighi e nuovi oneri.
3.7) Ma spesso, errando, chi teme questi cambiamenti negativi per le libertà dei cittadini, estende la lotta anche ad elementi dell’attuale gestione della pandemia che di per sé hanno invece un impatto positivo. Così si mescolano dubbi seri con posizioni scientificamente errate contro i vaccini, fino alla teorizzazione e denuncia di deliranti complotti. In questa confusione, che ha purtroppo una delle sue origini nella confusione mediatica e nelle errate strategie informative di chi avrebbe invece il compito di fornire giuste informazioni e promuovere più fiducia, in questa confusione, dunque, proprio per l’impossibilità per la maggioranza di cittadini che non sono esperti di selezionare solo le informazioni corrette, tendono a prevalere reazioni fondate sui sentimenti e sulle passioni anziché sulla razionale analisi delle situazioni. Paura, fiducia, sfiducia, speranza, disperazione, rassegnazione fatalistica, sono tutti atteggiamenti soggettivi non fondati razionalmente ma, di fatto, determinanti nei comportamenti individuali.
3.8] Il largo dibattito sui Social, largo ma inconcludente, ci mostra proprio questo muoversi, agitarsi, in un mare di problemi di cui non si individuano gli esatti aspetti e non si riesce a controllarne gli effetti su di noi. La comprensione della complessità sfugge alla maggioranza dei cittadini, così la soluzione dei problemi e delle decisioni da prendere si allontana dallo loro sfera personale e non resta ai singoli individui che affidarsi, con fiducia o senza, con speranza o disperazione, con ottimismo o con paura, con rassegnazione o con gesti di rabbia e di contestazione, a ciò che altri decidono per noi. Chiudersi in casa con il lockdown, indossare la mascherina, tenere le distanze, lavarsi le mani, vaccinarsi, procurarsi il certificato verde ecc., man mano che il governo decide che cosa dobbiamo fare.
3.9) Questo cedere libertà in cambio di maggiore sicurezza, che spesso è solo una promessa di maggiore sicurezza che non si realizza nei fatti, rende la nostra società sempre più simile a quelle società distopiche in cui ogni potere è in mano a gruppi fortemente tecnologizzati che ci vengono raccontate da romanzi e da film. I cittadini, contenti della sicurezza e dell’assistenza statale, si riducono a limitare la propria libertà alla scelta di quali prodotti, fra i tanti proposti nei supermercati, acquistare e consumare. Quale canale tv scegliere, in quale ristorante andare. Mentre le libertà economiche e politiche sono ormai fuori dalla loro portata e quelle ideologiche, filosofiche, religiose, fortemente condizionate e comunque depotenziate di ogni loro possibile conseguenza e influenza sul predominio del potere tecnologico, la cui gestione politica è in mano a ristrettissime élite.
Milano, lunedì 20 settembre 2021