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Sempre in coda al flusso *reale*, inconoscibile

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di Gianfranco La Grassa

Questo saggio  fa lucidamente il punto, e in termini drastici rispetto ad alcune delle principali tradizioni di pensiero otto-novecentesche, su un tema, quello della realtà, che si è presentato spesso in numerosi post di Poliscritture riguardanti ora questioni di poesia ora di politica; come pure, in modi spesso personalissimi, nei commenti. La tesi di fondo mi pare riassunta in questo passaggio: «è meglio pensare ad una realtà assoluta, autonoma, indipendente da noi e a noi esterna, che tende continuamente a mettere sottosopra ogni nostra transitoria fissità». O in questo: «E’ invece assai più sensato supporre che siamo sempre alla coda del mutamento (casuale e non finalistico) di quel flusso che rappresenta la realtà». Da  questa posizione, alla quale La Grassa è giunto dopo un lungo percorso teorico-politico, discendono una serie di affermazioni che  rifiutano ormai apertamente   idee tuttora correnti di umanità, progresso, cooperazione, solidarietà, pace, utopia ( e magari ancora di comunismo), anche quelle appartenenti alle versioni più critiche (di matrice religiosa o marxiana). In primo piano viene riproposto il «conflitto» sociale e politico. Incessante e non finalizzato. E non più tra le «classi» ma tra individui e gruppi «conservatori e innovatori». (Meglio: soprattutto tra «élites conservatrici o innovatrici»). Conflitto, comunque, sempre condizionato dal «flusso squilibrante della realtà, inconoscibile per sua “essenza”».  Il suggerimento è di leggere più volte il saggio e di discuterne col massimo di intelligenza critica e, perché no, di passione politica. [E. A.]
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Su “Sottomissione” di Michel Houellebecq

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di Giorgio Mannacio

I.
Ho appena finito di leggere quello che – dopo gli attentati islamici di Parigi – può essere definito “ il libro del giorno “. Si tratta del romanzo “ SOTTOMISSIONE “ dello scrittore francese Michel Houellebecq ( da qui in poi: M.H. ). In Italia è stato pubblicato nei primi giorni del 2015 da Bompiani ( traduzione di V. Vega ).
Non mi occuperò degli aspetti strettamente stilistico-estetici, pur osservando – di sfuggita – che la traduzione mi pare agile e disinvolta e tale da consentire un pieno accesso al “ senso” complessivo del libro stesso. Continua la lettura di Su “Sottomissione” di Michel Houellebecq

Ancora su dialetto e lingua. Due punti di vista

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[Cosa si cela ancora oggi nelle pieghe e nelle ombre della questione del rapporto dialetto-lingua (nazionale) troppo spesso trattata in modi accademici o, più di recente, riproposta in termini populistici o di mera conservazione dei monumenti letterari (i “nostri” classici)? Innanzitutto una lotta tra modi di vita sociali (contadini, industriali) e di civiltà (anche linguistiche) da tali modi storicamente sortite. E come ci rapportiamo oggi a questa lotta che c’è stata ed ha visto, sì, la supremazia del “mondo industriale” ma con costi talmente pesanti e a volte insopportabili da alimentare di continuo la sua contestazione e una nostalgia romantica per modi di vivere (e linguaggi: i dialetti appunto) sentiti come  più “naturali” e fin quasi a perdere di vista di che «lagrime grondi e di che sangue» la stessa civiltà contadina? Direi che in questo scambio di mail io e Paolo Ottaviani – entrambi mai sciolti dalla memoria “amorosa” dei dialetti e mai ebbri dei fasti luccicanti della lingua italiana letteraria – rappresentiamo due punti di vista vicini e distanti allo stesso tempo. Più pacificante mi pare la sua visione («Per quanto riguarda invece il plurisecolare conflitto lingua-dialetti io parlerei di “pacificazione nell’arte”»). Più drammatizzante la mia («sento in conflitto (o almeno in forte tensione) le parti in dialetto da quelle in italiano delle mie raccolte»). Per Paolo «ciò che fa da tramite tra la “grande storia” e l’infinitamente piccolo – la mia persona – è, il “suono”, l’armonia nascosta». Per me anche nel suono, anche nell’arte o poesia, la differenza/scontro/attrito (eco di quella storico-sociale) persiste; e la poesia, al di là della superficie, non è affatto «una dea pacificatrice». Due punti di vista, dunque, che è bene sottoporre, se possibile, a una discussione più ampia. (E.A.)] Continua la lettura di Ancora su dialetto e lingua. Due punti di vista