Archivi tag: Costituzione

Una ricerca storica sulla Basilicata tra 1740 e 1860

La Basilicata verso l’Unità d’Italia
– origini della Questione Meridionale – 1740 – 1860

E’ uscito con un ritardo di decenni –  segno sintomatico del degrado culturale  italiano dagli anni ’80 del Novecento ad oggi e della cancellazione della cultura della sinistra in questo Paese –  un libro di storia sulla Basilicata. L’ha scrittodi Giuseppe Natale – amico e studioso e, di recente, anche collaboratore  di Policritture -, il cui percorso di vita e di lavoro in varie occasioni si è incrociato in passato con  il mio. Lo segnalo volentieri proponendo  due brani: uno dalla presentazione di Giovanni Caserta – scrittore, storico, critico letterario e autore di una Storia della letteratura lucana (1993); e un altro con la spiegazione che l’autore dà sia della nascita della sua opera nel clima  di grandi speranze spuntate con il movimento studentesco del ’68 nella fucina intellettuale che fu l’Università Statale di Milano  in quegli anni – Franco Della Peruta e Lucio Gambi, ricordati da Giuseppe, furono tra l’altro anche miei professori –  e  sia della (forse paradossale e per me più incerta) attualità della gramsciana questione meridionale. Le vecchie botti del ’68  contengono ancora del buon vino. Assaggiatelo. [E. A.] Continua la lettura di Una ricerca storica sulla Basilicata tra 1740 e 1860

Non bastano gli ultimi mohicani nella scuola

di Ennio Abate

L‘affetto e la grandissima stima che ho per Romano Luperini non mi impediscono ancora oggi – in tempi politicamente  così bui –  di esprimere  un mio fraterno dissenso (o almeno la mia perplessità) per la sua – purtroppo insufficiente  presa posizione [Vedi APPENDICE). I buoi sono già scappati dalla stalla (della scuola italiana) e il pensiero critico è stato espulso non solo dall’università ma dalla società italiana. Non basta la lodevole resistenza da ultimi mohicani nella scuola.
È una critica che espressi (vanamente in verità e non per colpa sua) in una lettera che gli scrissi nel lontano aprile 1998 dopo aver letto il suo  “Il professore come intellettuale “. Continua la lettura di Non bastano gli ultimi mohicani nella scuola

«Sconfitti» di Corrado Stajano. Dialogo con mia sorella

NOTE DI FINE ESTATE (7)

di Donato Salzarulo

«Siamo sconfitti. Siamo stati sconfitti. Siamo figli di padri sconfitti…» insisto, sconsolato, una mattina con mia sorella, tra un sorso e l’altro del caffè, che abitualmente mi offre. Caffè con un pezzetto di cioccolato fondente all’ottantacinque per cento.
Da oltre due anni è diventato un rito. Da quando il 17 febbraio del 2019 è morto Ledo, il marito. Una brutta caduta su uno scoglio. Il 26 gennaio dello stesso anno per una malattia rarissima era morto Peppino, nostro fratello. Assorbire due travi cadute in testa così, in meno di un mese, una dopo l’altra, non è facile. Così ci facciamo compagnia. Ogni mattina, verso le 11, vado a trovarla.

«Come siamo stati sconfitti?!…La nostra condizione materiale non è quella dei nostri genitori. Abbiamo case, pensioni…Certo, non siamo dei ricchi. Ma chi se ne frega dei ricchi…»
«Ma tu cosa volevi in gioventù?… Per cosa hai lottato e votato per tanti anni?… Volevi una società in cui un padrone un giorno può svegliarsi e licenziare centinaia di lavoratori con una email?… In cui un pluricondannato amico di mafiosi può diventare presidente della Repubblica?… Volevi un’Europa in cui dei poveracci trascorrono le notti all’addiaccio e dei bambini muoiono assiderati?….»
«Chiaro che no!…»
«E allora? Come dobbiamo vivere tutto ciò. Sono fatti che ci riguardano o no?…»
«Certo che ci riguardano…»
«Ma come?… Astrattamente o concretamente?…»
«Concretamente…»
«Si, però, non riusciamo a fare niente… Non facciamo niente noi e non riescono a fare niente neanche i nostri giovani, che, nel miglior dei casi, sono dei cattolici solidaristi senza andare in chiesa, nel peggiore seguono il programma renziano della “rottamazione” e ci considerano prigionieri di una gabbia novecentesca (comunista)…»
«Mica tutti i giovani!…»
«Ci mancherebbe!… Ci sono gli ambientalisti, i seguaci di Greta Thunberg e, per fortuna, c’è pure qualche gruppetto interessato alla storia del movimento operaio e della sinistra, ma la sensazione complessiva è d’impotenza…»
«È vero…C’è uno scollamento pazzesco, un’impotenza frustrante…È come se la dimensione collettiva non esistesse più…»

Parliamo e Tina fa avanti e indietro verso l’angolo cucina. Oggi c’è un profumo di minestrone. Altre volte di arrosto o di vitello tonnato. Anche se spesso a mezzogiorno pranza da sola, ha deciso che non deve arrangiarsi. Ogni giorno deve preparare qualcosa da mangiare. In verità cucina anche per Elisa, la sua unica figlia, e il marito Carlo. “I miei ragazzi”, lei dice.
«È questo l’assurdo…La NOSTRA dimensione collettiva non esiste più…Ma quella della destra sì…Ed è pure fastidiosa, onnipresente…Ad esempio, sostenere che “ogni persona deve pensare soltanto ai fatti suoi” è di destra; così come è di destra sostenere che “la politica fa schifo e i politici sono tutti disonesti”…Oppure è di destra ridurre la politica al rapporto tra il Capo – o leader, come si ama dire adesso – e la sua massa…Dal momento che questi comportamenti si diffondono e diventano “senso comune”, inevitabilmente la sinistra perde e si diffonde un clima collettivo di sfiducia reciproca, di menefreghismo, di delega al Capo… Come se una persona, fosse pure la più intelligente e virtuosa di questo mondo, potesse risolvere tutto…»
«Fratello mio, hai ragione. Da anni ci ripetiamo questi pensieri. Ma non riusciamo a prendere in mano il bandolo della matassa, lo “gliuommero”, come lo chiamavamo nel nostro dialetto e come lo chiamava pure Gadda, si è ingarbugliato e non so come se ne possa venire a capo…»
«Neanche io lo so, ma la situazione mi fa incazzare…Mi fanno incazzare soprattutto i Miei, quelli che dovrebbero essere dalla nostra parte…»
«A chi ti riferisci?…»
«Ovviamente a nessun uomo o donna del centrodestra che fanno il loro gioco politico…Neanche a Renzi… Come tu sai, non ho mai condiviso il suo pensiero e le sue proposte… Non l’avrei mai votato, probabilmente neppure sotto tortura. Non mi riferisco neanche ad Enrico Letta e ad altri cattolici democratici; così come non mi riferisco ai seguaci (non craxiani) del glorioso PSI o agli eredi di “Giustizia e Libertà”.  Mi riferisco a quella galassia di uomini e donne allevata nel PCI o cresciuta nell’area della “sinistra rivoluzionaria”. Capisco che molti sono diventati vecchietti come me, ma domando: “Non sentite i vostri padri e le vostre madri rivoltarsi nelle tombe?…Non vengono di notte a turbare i vostri sonni?”…Io, certe notti mi sveglio di soprassalto e vedo il fantasma di mio padre che mi interroga: “Chi fuor li maggior tui?”… »
«Non esagerare!…Nostro padre che ti fa la domanda che Farinata rivolge a Dante!.. Nostro padre non ha avuto la fortuna di studiare il X canto dell’Inferno… .»
«Lo so…Ma mio padre quella domanda l’avrebbe sicuramente fatta: Chi siiti? A chi appartiniiti?…Come si può pensare di riprendere in mano il bandolo della matassa senza dire chi sono i nostri padri e a quale “famiglia ideale” apparteniamo…»

Al piano di sopra squilla il telefono fisso. Mia sorella non risponde. Non ha voglia di fare su e giù per le scale per poi scoprire, nove volte su dieci, che è pubblicità tim-vodafone-enigas…Sempre qualcuno che ti propone un nuovo contratto…

«Dai, Donato, quando te ne vieni fuori con questi argomenti mi sembri un credente. Le persone oggi pensano a loro stesse, ai loro bisogni, alla loro realizzazione…»
«Sì, hai ragione…Qualche settimana fa ho comprato per curiosità il libro di Francesca Rigotti, una filosofa. Il titolo è: “L’era del singolo”. Impressionante. Era, addirittura!…»
«Hai visto!… Ho ragione io. Tu stai ancora al “Vangelo comunista” e vorresti che le persone mettessero al primo posto l’ideale…Ma oggi l’unica religione circolante è il benessere dell’individuo…Stai bbuone Rocche e stai bbuone tutta la Rocca…»

Il dialetto di mia sorella è simpaticissimo. Anche il mio. Non lo parliamo più granché. Il più delle volte ci esprimiamo in quest’italiano semi-televisivo. Ma quando un po’ di dialetto sgorga sulle nostre labbra, siamo felicissimi. Diventiamo più complici. Sentiamo la nostra infanzia che ritorna. In effetti, il proverbio citato è azzeccatissimo: “Rocco sta bene e pensa che stia bene tutta la Rocca”. Il paese, la città, la polis, insomma…

«Se è per questo, è anche peggio…Aspetta che apro Google e ti leggo cosa c’è scritto sulla copertina del libro di Rigotti…»
«Dai, apri e leggi…»
«Ecco: “Essere individui non basta più. Ognuno è singolo e dunque originale e speciale, alla ricerca della felicità su misura, personalizzata e non personale. E allora ogni singolo realizza un’opera d’arte unica e irripetibile: la propria vita.”»
«Ahahahah…»
«Perché ridi?…»
«Perché questi libri tu non dovresti leggerli. Il solo fatto che li compri, e magari li leggi, contribuisce a far credere alla filosofa Rigotti che esistono persone al mondo che si possono permettere “una felicità su misura” o che possono fare della propria vita “un’opera d’arte”…»
«Certo che ci sono…Lei pensa alla nuova classe media, quella che ha in mente la propria autorealizzazione, la qualità della vita, la cura del corpo, la palestra, il cibo bio, i viaggi, l’istruzione personalizzata, ecc…Anche noi siamo un po’ così…»
«Sì, è vero. Però noi non dimentichiamo i due milioni e mezzo di famiglie in povertà assoluta. Non dimentichiamo i disoccupati, chi va a raccogliere la frutta o i pomodori per noi, i fattorini in bicicletta o motorino che continuano a portare pizze a domicilio, gli emigrati al freddo sui confini della Polonia…Non dimentichiamo gli ultimi. È da questi che bisogna ripartire, da tutti quelli che ci hanno permesso di sopravvivere durante i lockdown…»
«Però, tu non pensi che se si diffondesse il “diritto alla singolarità” e diventasse legge, anche il povero emigrato ne potrebbe usufruire…»
«No. Non lo penso. Io non riesco a tenere più il conto di quanti siano oggi i diritti… Ma quanti di questi sono realmente “esigibili”?….»

Mia sorella è brava. Sa frenare le mie scorribande mentali. Non che lei non abbia gli occhi pieni di fantasie e di sogni. Ma è lì ogni giorno a fare i conti di quanto spende per questo e di quanto spende per quello. In tavola non deve mancare niente. Gli sprechi, però, non sono ammessi. Certe volte mi fa venire in mente mia madre coi suoi quaderni o i suoi fogli su cui scriveva cosa spendeva e come. Persone che conoscono quasi istintivamente la partita doppia.

«Hai ragione. Quindi, torniamo al discorso iniziale che siamo sconfitti…Il diritto al lavoro, all’istruzione, alla salute… si realizzano se c’è una forza organizzata che li pretende e li rende esigibili, come dici tu.»
«Certo che è così. È l’ABC. Ricordi la frase di “Lettera ad una professoressa”?…
”Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è politica. Sortirne da soli è avarizia”»
«Soprattutto perché ci sono dei problemi che si possono risolvere solo collettivamente. L’esempio ce l’abbiamo sotto gli occhi in questi giorni: come si fa a combattere un’epidemia se ogni persona rivendica la libertà di fare come crede?…»
«No!…Non ne parliamo!…Qui siamo all’assurdo. L’art. 32 della Costituzione è chiarissimo:
“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.”
Non capisco perché Governo e Parlamento non si assumono la responsabilità di fare una legge sulla vaccinazione obbligatoria.»

Mia sorella ha fatto la maestra per oltre quarant’anni. È laureata, ma la scuola elementare è stato il laboratorio della sua vita. Conosce benissimo la Costituzione e con le sue colleghe ha realizzato un sacco di progetti sui diritti dell’infanzia, delle donne, del cittadino…

«Ma perché hanno paura di apparire dittatori…Perché non vogliono assumersi la responsabilità delle loro azioni…Perché preferiscono “persuadere” piuttosto che “obbligare” o preferiscono obbligare dove “l’interesse della collettività” è evidente…Perché, pur essendo un governo di quasi tutti i partiti, i ceti dirigenti non sono più capaci di perseguire obiettivi collettivi  (meno che meno “nazionali”) se non strumentalizzando i problemi…Insomma, siamo al marasma, alla débâcle…Il mio timore è che, se alle prossime elezioni vince il centrodestra, la Meloni e il Salvini possano chiedere davvero i “pieni poteri”…Un po’ come ha fatto il loro amico Orbán. E immagina se diventa Presidente della Repubblica lo “statista” di Arcore!… Sorella mia, ho gli incubi!…»
«Dai, non esagerare! Coltiva un po’ più di fiducia nel popolo italiano…»
«Ma io ho fiducia…Il problema è che ho letto “Psicologia delle masse e analisi dell’Io” di Freud e “Studi sull’autorità e la famiglia” di Horkheimer e altri…»
«Troppi libri!…»
«Dai, non fare anche tu l’anti-intellettuale!… Non ti si addice. Poi anche tu leggi tanto…In questi giorni sei tutta immersa nelle cronache di Ilda Boccassini…Comunque, gli incubi non ce li ho soltanto io. Ce li ha, ad esempio, anche Corrado Stajano, uno scrittore e giornalista democratico. Non mi risulta, infatti, che volesse costruire il partito rivoluzionario come noi. Tuttavia, alla veneranda età di 91 anni, ha sentito il dovere di scrivere un libro intitolato, guarda caso, “Sconfitti”.  L’ha pubblicato a settembre con il Saggiatore. Ce l’ho qui con me. Volevo fartelo vedere. Proprio su questo punto scrive:
“Gli italiani hanno sempre bisogno di piazze e di Cesari vestiti in ogni foggia da applaudire festanti, vogliosi di essere rassicurati e possibilmente esauditi nei propri desideri. Con un duce che pensa a tutto e a tutti ed è in grado di risolvere anche i problemi di ognuno togliendogli il fastidio di pensare e di fare” (pag. 91)

Tina questo discorso lo conosce. Ha fatto anche degli esami all’Università. Sa che questa svalutazione, se non distruzione dei “corpi intermedi” (sindacati, partiti, associazioni, sezioni, circoli, ecc.) è pericolosissima per la democrazia…Sa che la democrazia non può essere ridotta soltanto a una procedura di voto…
«Sì, ma cosa c’entra questo con gli incubi?… Questo tratto della psicologia di massa degli italiani l’avevi già detto anche prima. Mi sembra che tu volessi, invece, dire che Stajano fa dei brutti sogni…»
«Sì, è vero…Il suo libro comincia proprio col sogno di una donna sconosciuta, che tira un carretto di legno vuoto…È alta, secca, con indosso una tunica nera e il viso bianco come il gesso o la calce… »
«Beh, che dice ‘sta donna?…»
«Non dice nulla. È un tragico mimo, un fantasma.»
«Ma significherà pure qualcosa!…»
«Non lo so…È materia per analisti. Io ho un quadro, una scena davanti agli occhi e penso al “materno” di Stajano, alla sua Signora Morte che trascina un carro vuoto…Come se durante la sua vita non fosse riuscito a produrre ciò che avrebbe voluto produrre. Si sente uno sconfitto. Così come dovrebbero sentirsi sconfitti tutti coloro che hanno desiderato una società più giusta, un’Italia migliore e si sono dati da fare o hanno lottato in vari modi per realizzarla…I nostri giovani dovrebbero partire da questa consapevolezza. Perché, cavolo!, la sconfitta pesa anche su di loro…»
«In che senso?…»
«Ma come in che senso?!…I giovani disoccupati in Italia sono quasi al 30 per cento contro una media europea del 17, 6 per cento…Sono circa 350.000 i giovani che negli ultimi dieci anni sono emigrati all’estero. E si tratta per lo più di laureati e di persone qualificate…Non sono vaccari come nostro padre o operai e manovali…Non ti sembra una sconfitta questa? Che Paese è il nostro?… Spendiamo soldi per istruire e laureare migliaia di persone e le “regaliamo” poi all’Inghilterra, alla Germania o alla Francia?… Che ceti dirigenti abbiamo? E non mi riferisco solo a chi ci governa o sta in Parlamento…Ti sembra che la Confindustria pensi ai nostri giovani?… La nostra élite è composta per lo più di gente corrotta. Mentalmente corrotta. Come sostiene Stajano in una dei suoi capitoletti, noi siamo “il Paese dei corrotti”… Lu pesce puzza ra la capa…»
«Vero…L’abbiamo visto anche durante l’epidemia: soldi a tutti, contributi, aiuti, sussidi senza nessuna eccezione, compresi gli evasori senza ritegno…»
«Non parliamo poi della Lombardia…»
«Mamma mia!…A cominciare dalla vicenda dei camici di Fontana e famiglia…»
«Ecco cosa scrive Stajano:
“Grandi e piccoli industriali, commercianti all’ingrosso e al minuto, albergatori, ristoratori, tassisti, antiquari, professionisti, venditori di automobili, agricoltori, artigiani, organizzatori di crociere, viaggi, vacanze, chef più noti dei premi Nobel si son sentiti tutti in credito. Dovevano essere tutti risarciti, di getto. I questuanti, anche di solida ricchezza, già dimentichi di quel che era accaduto nei primi tempi del contagio, in marzo, quando numerose fabbriche, medie e piccole erano state lasciate aperte, chiedevano, premevano, volevano” (pag. 32)»
«Un quadro sociale perfetto…»
«Sì, è davvero un bel libro, ben scritto e ben costruito.»
«In sintesi?…»

Mi fa ridere mia sorella quando vorrebbe che riducessi più di duecento pagine a un discorsetto di pochi minuti. Anch’io tante volte faccio così. Facevo così anche con mio padre o mia madre. Ma’ stringi!…Forse tutti, più o meno consapevolmente, portiamo dentro di noi i “tempi televisivi”, le dichiarazioni di trenta secondi, di un minuto o, al massimo, di due…
«Dai!… L’unica sintesi possibile è quella dell’Indice…»
«Allora, leggimi quest’Indice…»
«Nella prima parte si parla dell’oggi, dell’epidemia in corso; nella terza si ritorna a questa fossa dei serpenti con la bottiglia della speranza finale.
Nella seconda parte è ricapitolata la storia del Novecento, quella che per quasi tutta la seconda metà del secolo abbiamo vissuto anche noi.
È il corpo centrale del libro ed è organizzato in nove stazioni della nostra via crucis storica:

1.-“Pacem in terris”. Che succede dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943? Domenico Nesi, attendente del generale Stajano, siciliano di Noto e padre di Corrado, ha fortuna e riesce a tornare a casa dalla campagna di Russia; ma molti, compreso il padre dell’autore, finiscono nei lager nazisti: «Più di mezzo milione di uomini, esclusi gli ufficiali, furono messi a lavorare, operai senza pane, schiavi nell’industria pesante…» (pag. 55).
Poi c’è la “serena letizia” della Liberazione. Ma dura poco.
“Non nacque, come si sperava la nuova società ispirata ai principi di libertà e giustizia. La rovina provocata dal fascismo, il Paese ridotto in frantumi, il sangue ancora rappreso di migliaia e migliaia di uomini caduti nelle guerre del regime presto dimenticati
Sono tornati da remote caligini
i fantasmi della vergogna
scrisse anni dopo in una sua famosa epigrafe pubblicata sul Ponte Piero Calamandrei.” (pag. 58)

2.- “Nuto” (Revelli: “il grande scrittore di vite perdute, il cantore dei vinti della ritirata di Russia, il valoroso comandante partigiano”), Nella biografia di quest’uomo e nei libri che ha scritto c’è una buona parte della storia da scolpire nella propria mente. Quando i liberali nostrani sparano addosso alla Resistenza sanno cosa fu l’8 settembre in questo nostro sciagurato Paese? Eccolo, nelle parole di Nuto Revelli, sottotenente degli alpini, uscito dall’Accademia militare di Modena e partito per la campagna di Russia il 21 luglio 1942:
“La delusione più grossa della mia vita è che dopo la guerra partigiana, soprattutto, le cose non siano cambiate molto, che viviamo in una società sbagliata, che le lezioni tremende subite in quegli anni siano servite a poco e niente. Mi sconvolge di rabbia il pensiero che chi ci amministra ricordi a malapena che abbiamo avuto un 8 settembre 1943. A parlarne ti dicono che sei un disfattista e non capiscono che dovremmo commemorarla nelle scuole, la data dell’armistizio. Io ce li ho sempre negli occhi, quei giorni, lo Stato che va a ramengo, i fili del telefono rotti, le caserme abbandonate, gli ordini da mentecatti, tutto che si disfaceva, mentre pochi tedeschi conquistavano intere città. Ero ufficiale di carriera, allora: ho visto un’armata sfasciarsi, colonnelli e generali che si mettevano in borghese, scappavano, ho visto tutti quelli che avevano un posto di responsabilità nascondersi, finire nelle tane, gente che fino al giorno prima era inavvicinabile, mostri sacri. Ho visto un colonnello requisire un camion, il 10 settembre, per salvare novanta vasetti dei suoi fiori. Ho visto crollare un mondo, insomma. In fondo al pozzo, in fondo al pozzo eravamo finiti. E chi ne ha tenuto conto in questi trent’anni?” (pag. 66-67)
Chi si riempie la bocca di “patria”, dovrebbe avere l’onestà di riconoscere che la Resistenza ha salvato l’onore degli italiani…»

«Fratello, calmati!…Cosa hai? Ti sei acceso?…»
«Ma no!…È che ha ragione Revelli. Se, invece, di celebrare il 25 aprile, avessimo commemorato nelle scuole l’8 settembre, avremmo fatto meglio. Avremmo ricordato annualmente ai nostri giovani in che mani erano finiti i nostri padri. Gentaglia incuranti di ogni morale politica e professionale. Trasformisti incalliti…»
«Erano finiti?… O siamo finiti?…»
«Siamo finiti…Hai ragione…Il trasformismo e il cinismo sono una costante delle “classi superiori d’Italia”, come le chiamava Leopardi. Stajano cita il Discorso sopra lo stato presente dei costumi degli italiani…»
«È una tara?…»
«Non so se sia una tara. So che a tanti non appare spregevole il detto “O Franza o Spagna purché se magna”…»
«Riprendiamo Stajano…Come va avanti?…»
«Con la stazione tre: “La chitarra della memoria”. Si tratta di un pezzo di storia patria attraverso le canzoni politiche che tante volte abbiamo cantato: “Per i morti di Reggio Emilia”, e quella famosa di Paolo Pietrangeli scomparso in questi giorni…»
«Contessa?..»
«Sì, esattamente Contessa»
«Compaaagni dai caaampi e daallee officiiine…»
«Andiamo avanti…La quarta stazione è “l’Italia dei preti”, con gli “arditi della fede” e le nostre “tonache nere”…
”Sono differenti le piazze del dopoguerra. Più casalinghe, più vereconde. Come una messa cantata. Sono differenti anche i Maharajah, i capibastone, i centurioni. Nel vestire soprattutto. Indossavano la camicia nera, ora indossano la tonaca nera lunga fino ai piedi. L’Italia dei preti, l’Italia di Pio XII, dei comitati civici, dei Cristi sanguinanti, delle Madonne pellegrine piangenti, del “Mondo migliore”, di padre Lombardi – il “microfono di Dio”- , dei baschi verdi, i ragazzi dell’Azione Cattolica, le truppe. I fascisti impugnavano i pugnali, i nuovi leader – ma non si chiamavano ancora così – il crocifisso, il breviario.”  (pag. 92).

La quinta stazione è dedicata al “boom che, dal 1958 al 1963, “ringalluzzì l’Italia marcando la rottura con un tragico passato”.  Simboli: il mosquito (“Una bicicletta con un minuscolo motorino dietro la sella, sopra la ruota posteriore”) che fu il piccolo padre della Vespa (“la regina panciuta”) e poi la Lambretta (“dal nome del fiumiciattolo milanese”), ma fu la Seicento a esaudire i sogni degli italiani, poi il jukebox, la lavatrice, il frigorifero, la tv…la Mina, l’addio all’Albero degli zoccoli (“Gli occupati in agricoltura sono più di 8 milioni, ancora nel 1954, meno di 5 milioni dieci anni dopo”), i padroncini…Ma “il boom ha una vita breve, non esplode come può far pensare il suo nome. Evapora”. Il miracolo va in frantumi.»
«Questa è l’Italia della nostra infanzia e fanciullezza. Al massimo della nostra adolescenza…Ma in casa nostra la tv e gli elettrodomestici arrivano anni dopo, quando emigriamo…»
«Certo, le ultime stazioni, però, le abbiamo vissute da giovani, partecipi coscienti e politicamente alfabetizzati. Sono in ordine:” Piazza Fontana”,  la “Morte di un generale” (Carlo Alberto dalla Chiesa), “Falcone”, e, infine, “Lo statista”, il signore che vuole diventare il nostro Presidente della Repubblica…»
«Ma sei ossessionato da questa possibilità…»
«Per me è scandaloso il solo fatto di averlo pensato…Leggi le pagine 184 e 185 di questo libro e dimmi se una persona condannata a quattro anni di reclusione per falso in bilancio, frode fiscale, appropriazione indebita; una condanna passata in giudicato e scontata mediante l’affidamento ai servizi sociali in un ricovero per anziani di Cesano Boscone; dimmi se una persona che è protagonista di una lunga catena di processi conclusasi con la prescrizione che, come dovrebbero sapere tutti, estingue il reato, ma non assolve; dimmi se può diventare Presidente della Repubblica…»
«Hai ragione, ma…»
«Ho ragione un fico secco. Non vorrei aver ragione. Vorrei aver torto. Ma è possibile che uno scrittore e giornalista come Stajano debba arrivare alla sua ragguardevole età e scrivere un libro amaro come questo? È possibile che, fatta un po’ eccezione per Il fatto quotidiano e Il Manifesto, non vi siano più giornali in Italia capaci di dire vero al vero?…»
«Purtroppo anche su questo hai ragione. I mass-media oggi vivono soltanto di pubblicità e marketing…Sono diventati strumenti del commercio sottoculturale…»
«Questa verità o qualcosa di simile l’ho sentita dire anche a Papa Francesco…»
«Capisci perché molti alla fine si affidano a Sua Santità?…»
«Certo! Meglio Sua Eminenza che Sua Emittenza…»

Sulla parete di fronte è attaccato al muro l’orologio costruito da Ledo con le punte delle forchette piegate o slargate. Ricavò l’idea da Munari. Ma quasi tutti gli arredi di questa cucina sono stati costruiti da lui: dal tavolo al divanetto, dalla mensola al mobiletto porta-televisore. Non era un falegname. Era un meccanico con l’hobby del fai da te…
“È una casa piena di ricordi” dice mia sorella. E la capisco.
Anche la Storia, quella con la maiuscola, è un po’ così. Stajano lo sa. E vorrebbe che i ricordi del sanguinante Novecento diventino vivi; si trasformino in sangue, sguardo, gesto; aiutino ad approfondire fatti e sentimenti, a confrontare passato e presente…
Ci riesce? Io penso di sì. Ma io non faccio testo. Farebbero testo migliaia di giovani e meno giovani se lo leggessero, se lo regalassero o lo ricevessero in regalo per Natale, se inviassero all’illustre scrittore e giornalista questo semplice messaggio: «Grazie, ho ricevuto la sua bottiglia della speranza.»

 

 

 

26 Settembre: Giornata contro le armi nucleari

di Giuseppe Natale

Quasi in contemporanea mi sono pervenuti due contributi su una questione che è finita nel dimenticatoio ma non lo merita: quello di Giuseppe Natale d’impianto pacifista e quello di un libretto in PDF a cura di un gruppo di ricerca legato alla Calusca City di Milano che affronta la questione in termini “classici” di “guerra alla guerra”. Del secondo molto più corposo mi limito a pubblicare in Appendice la Segnalazione che ho fatto su Poliscritture FB. Spero in una ripresa della discussione . [E. A.]

Continua la lettura di 26 Settembre: Giornata contro le armi nucleari

Theodor W. Adorno: «Aspetti del nuovo radicalismo di destra»

LETTURE IN QUARANTENA (4)

di Donato Salzarulo

1.-Un dono giusto al momento giusto

Per il mio compleanno Elisa, la nipote dott.ssa in filosofia, mi ha regalato un libretto di Theodor W. Adorno. Titolo: «Aspetti del nuovo radicalismo di destra» (Marsilio, 2020, pp.90).

Continua la lettura di Theodor W. Adorno: «Aspetti del nuovo radicalismo di destra»

Coronavirus ed esperti

  «Questo virus ci fa capire cose che in tempi normali
  si fatica a far capire.» Giuseppe Remuzzi                  

di Donato Salzarulo

1.- La delega alla scienza che deve farla “da padrona”. La parola agli esperti.

Il 22 febbraio 2020, all’indomani della scoperta dei “focolai” di Codogno e di Vo’, Luigi Ripamonti, giornalista scientifico del Corriere della Sera, pubblica un editoriale pieno di buon senso. Tra l’altro, scrive: «È il momento in cui la scienza dev’essere “padrona”. Ed è il momento in cui l’informazione ufficiale, e non, dev’essere trasparente e seguire le regole fondamentali della comunicazione del rischio, la prima delle quali è di non negare, nascondere, o sminuire mai i pericoli, perché mentire è il modo più semplice per perdere la fiducia, e senza fiducia qualsiasi messaggio sarà poi ignorato o respinto, con grave danno per la sicurezza pubblica. E la seconda regola è ammettere limiti e incertezze del sapere disponibile, che è, certo, in continua evoluzione, ma che è anche l’unico patrimonio sul quale contare per agire in modo razionale.»

Continua la lettura di Coronavirus ed esperti

Neofascismi. Un appunto

di Samizdat (E. A.)

Nella critica ai neofascismi (Casa Pound, Forza Nuova, ecc.) c’è qualcosa che mi lascia perplesso e mi fa chiedere: alla fine questa “lotta antifascista” risulterà una partita giusta o truccata?

Continua la lettura di Neofascismi. Un appunto

Il ritorno del Tonto e il dissenso di Samizdat


di Giulio Toffoli ed Ennio Abate

Oggi le idee che circolano sul che fare in politica sono dappertutto confuse. Sia in  basso che in alto. Sia tra il popolo che tra  le élites. E mi riferisco a quanto è successo ieri nel governo e nel  parlamento inglese e a quello che potrà succedere nelle prossime settimane alle europee. Chiariamo che in questo botta e risposta tra me e Toffoli non si confrontano  un simpatizzante del PD e uno del governo. Ma due scontentezze, purtroppo. I loro punti di attrito (sui” neofascismi” o i “populismi” o  il  ritardo nell’uso delle «buone rovine» di Marx, ad es.) sono drammatici, ma  abbiamo concordato di renderle pubbliche nella speranza di poter trovare in un dibattito più ampio qualche punto fermo su cui collaborare  con più convinzione. [E.A.]

Continua la lettura di Il ritorno del Tonto e il dissenso di Samizdat

Laboratorio italiano

 

di Giorgio Mannacio

1.
M’intrometto, prendendo spunto dal “ poema “ a due mani Lucini – Passannanti (qui) ma anche dalla poesia di Sagredo (qui) per osservare che di ben altra attualità e valenza è l’esame della situazione politica italiana. Vero laboratorio (in negativo ) su concetti fondanti della politica.
Quale che sia il giudizio di merito sull’attuale Governo – il mio è totalmente negativo – mi sembra più importante cercare di enucleare nelle caratteristiche di esso e nel suo modo di occuparsi della cosa pubblica alcuni tratti significativi per una discussione di tipo generale. Continua la lettura di Laboratorio italiano

Piccola Réclame antistragista

 

di Franco Tagliafierro

Pubblico questa recensione-saggio di Franco Tagliafierro avvertendo i lettori che richiede un certo impegno. É analitica e abbastanza lunga.  Si legge, però, bene. Come un romanzo, anche perché Franco, che di romanzi ne ha scritto cinque (vado a memoria), ha alleggerito con la maschera dell’ironia una  materia criminale tremenda e inquietante. Alcune domande  però  s’impongono e le anticipo. Di fronte alla “macchina corruttiva statale-mafiosa”, che  appare quasi onnipotente,  è ancora possibile non  cedere allo sgomento e  pensarla politicamente? Di fronte a  vicende, che  si svolgono nelle zone oscure delle istituzioni statali e al di  fuori della vita sociale percepibile dalla gente comune, possiamo soltanto  sperare nell’intelligenza e nel coraggio di individui onesti ma eccezionali? Sono essi gli unici in grado di  contrastare i corrotti  e  mostrare almeno per qualche attimo una verità,  che inevitabilmente tornerà ad essere occultata e dimenticata? [E. A.] Continua la lettura di Piccola Réclame antistragista