di Cristiana Fischer
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Quattro poesie
di Cristiana Fischer
Continua la lettura di Quattro poesieNoè
di Cristiana Fischer
La vita cambia e non si ferma un'ora tra insulti e precipizi interrogare in presenza ineluttabile la scienza e la ragione di questa assistenza/ assenza imprescrittibile all'esistenza che ci lega. Non ce n'è ragione altro che materiale survivenza. Testimoniamo a chi, denominiamo il demone vitale che ci inchioda a cui giacere insidiato dai dolori e tuttavia fecondo di pensieri. Vita demente e contraddittoria l'unica che abbiamo e confidiamo in speranze indefinite e eterne di una pace ripiena di speranze come finite e mai cassate come se fosse un fine all'esistenza felicità perenne in una vita di spirituale eternità. Potrei desistenziarmi come alberi e insetti che circondano la vita naturale e conciliarmi con una morte chiara che rinasce in ogni forma naturale. Ma il pensiero che mi tormenta a tratti e che mi storna dagli altri astratti organismi animali quasi simili che forse non hanno pensiero della morte e fine individuale ma noi perenni animali pretendenti abbiamo inventato noi già assieme quel dio che ci assomiglia e la natura eccelsa della nostra differenza da ogni altra specie, che la scienza ci presenta diversa e che non ha un dio che la difenda e la proietta con le altre specie in vera infinità come Noé racconta in una storia vecchia nella memoria.
Quattro poesie
di Cristiana Fischer
DIO CAMPESTRE Inarcato nello spaziotempo spaventapasseri senza cappello arriccia le dita per captare consistenti extradimensioni lo allena la volpe nascosta odora le tracce in pori d'aria le antenne fascine di paglia convogliano sussurri e ospiti in biglietti di foglie la vestina religiosa dei riti trasformati giano bifronte senza facce sulla soglia di mondi paralleli. * * * Le mani delle donne sono forti. Cucinano i cibi e sanno scegliere i nutrimenti ricchi e scartare i resti indigesti poco nutritivi. Le mani mi appartengono per lavare scegliere e confezionare i cibi che costano e non ci appartengono ma il lavoro delle mani mie non ha bisogno dell'Elevazione è solo nascita e cultura di sopravvivenza estrema grazie a noi. La materia infinita ci risveglia e sopravvive nell'unica forma in cui la conosciamo e soprattutto grazie alle mani laiche delle donne che non credono in dio provvidenziale ma nella terra madre materiale di cui accogliamo il compito. * * * POESIA MENDICANTE Noi siamo le emozioni sbigottite le scarne idee e la lingua prudente il bastone le scarpe e il fagotto della poesia mendicante in agguato alle svolte delle strade e batte alle porte delle case per una minestra o una moneta da incastonare tra i versi. * * * Venisse l'angelo con ali d'aria e non di terra, sporco di materia mortale che degrada gli empiti migliori, eppure angelo mio restio quasi offeso e reticente angelo di specie benedetta che sai le vie della ridotta convincimi di quell'antica via di sapienza che nessuno esclude vivente e come tale conoscente della sua sorte inesplicabile: sbatti le ali e con lo spirito diffondi un'impari credenza che nel cosmo immaginario siamo tutti eguali viventi e morti in noi coscienti e l'uguaglianza è un problema di sostanza inficiato all'origine di quale mondo sostanziale mai si dia.
Il numero zero
di Cristiana Fischer
Negli anni ’70 del secolo scorso Milano era il centro del femminismo della differenza. Da Milano a Verona, dove insegnava all’università Luisa Muraro, il pensiero della differenza divenne un libro: “DIOTIMA, Il pensiero della differenza sessuale”, 1987, libro cui collaborarono, fra altre, Adriana Cavarero, Wanda Tommasi e Chiara Zamboni, pubblicato da La Tartaruga, casa editrice fondata nel 1975 da Laura Lepetit. Continua la lettura di Il numero zero
Il sé e l’immagine
di Cristiana Fischer
quella signora mai vista la guardo allo specchio mi fissa disincantata e lontana ma convenuta all'appuntamento io sorpresa lei chiede non sai? ancora non sai eppure vedi la madre la nonna le ombre del padre poi passa e scompare è vuoto lo specchio nell'aria si sposta e rimane nessuno da amare (e chi ringrazio se non sono io?) * * * La faccia che vedo nello specchio mi sorprende vedo solo la faccia sempre tua la mia diventa un'altra che improvvisa un rapporto tra me e chi? che non conosco come conosco gli altri che mi vedono io sono gli altri che mi vedono e gli altri che vedo sono me. Narciso si sdoppiò l'altro di lui era se stesso irraggiunto senza specchio e si impiccò o affogò nel nulla di un esistere vuoto senza gli altri per cui era presente. Velasquez si dipinge con gli altri nello specchio di Las meninas. La visione chiara del sé nudo di fronte al cieco mondo che mi vede alla follia conduce dell'unico rapporto con l'immagine del sé che non esiste se non è sguardo o tatto o ascolto finalmente dell'altro che mi crea. * * * come ti vedo? come sei per fiducia assoluta che tu sai quello che vedo l'altro me allo specchio che giustifichi e fondi che non è se non tu che rispondi e mi nascondi nell'oscurità e ti nascondi
Corpi, figure, acquisti
di Cristiana Fischer
Il corpo vivo, con i sensi, il movimento, le emozioni, entra in rapporto con gli altri umani e con il mondo naturale, rapporti di scambio e di trasformazione. In grande parte il rapporto con il mondo avviene attraverso le immagini, con situazioni anche lontane nello spazio e nel tempo.
Consideriamo foto di Paul Strand, La portalettere [sopra]. Si può immaginare un rapporto amoroso tra le due figure: una madre e la figlia. La donna adulta sfida con sguardo duro l’obiettivo (e forse il mondo), la grande mano destra poggia sul fianco, con il braccio sinistro protegge la figlia scontrosa.[1] Le due donne non sono in posa e la forza espressiva delle due figure fa quasi balzare fuori i due corpi dall’immagine. Continua la lettura di Corpi, figure, acquisti
Appennino
di Cristiana Fischer
un rombo mi ha svegliata. subito una tempesta ha grandinato sulle finestre e sulle foglie. poi si è trasformata in pioggia a larghe chiazze e poco bagna. il ciocco avvolto dalle fiamme nella stufa. il brodo è pronto. la breve sera incalza. tutto vibra e si inquieta. la notte tremenda si scatena e farà tremare il sonno.
il freddo paralizza non come quello della tomba per cui c’è ancora tempo fino a domani. ma è inerzia sospensione odio che è frammento di calore. insetti bestiali si addensano alle finestre e nei margini delle porte. colorati difformi tenaci. il gufo appena è buio mi dileggia. attendo l’ululato del lupo.
la memoria è degli alberi. intrecciano radici riflettono vibrazioni aeree incrociano riflessi delle foglie. confondono popoli migranti sulla scorza. ospiti attenti degli uccelli celano i nidi nel vischio parassita. quando il vento violento li sradica si inclinano. risorgono con un ramo che affonda in terra e rinasce.
produrre calore fuoco fiamme cibo piccante vino feltri strati calze acqua bollente. indispensabile e difficile lavarsi. ghiaccio gela le tubature. scorte sufficienti. previsioni. i giovani vicini in tenda spostano i pannelli solari seguendo il basso e breve corso del sole.
lontani i porti le città bianche le navi. viaggia in spazi vuoti sui mari precipita su incroci di valli. si incanala sradica abbatte e solleva. sibili rombo e fragore. tempesta. fiumi larghi di sassi. verde fondo e argentato. bramiti dei cervi e stridi delle poiane. odori sconosciuti del vento.
colline incatenate gemmano nuovi colli. dopo le curve piccole valli. paesi aggrappati a dorsali addossati a versanti a corona di colli. linee ondulate sfumano nel vuoto. il mare alto all’orizzonte.
Materia pellegrina
Piet Mondrian, giallo rosso blu
di Cristiana Fischer
Ho composto questo testo con citazioni da alcuni autori a cui ho inframmezzato alcuni miei versi. I testi appartengono sostanzialmente a tre autori: il teologo Sergio Quinzio, il fisico Carlo Rovelli e la filosofa Annarosa Buttarelli.
Le due citazioni iniziali, tratte da un racconto di Daniele Del Giudice e da una voce di Wikipedia, fanno da introduzione – con un sottotitolo quasi scherzoso: “perché il cielo è nero?” – al tema generale dell’intero testo, che mi è stato suscitato da letture, e riletture, recenti.
In modo quasi inconsapevole ho alternato la riflessione sul cristianesimo drammatico di Sergio Quinzio con le chiare spiegazioni e ipotesi scientifiche di Carlo Rovelli e le posizioni femministe, che mi corrispondono, di Annarosa Buttarelli. Questi due autori rivolgono la loro attenzione al mondo di quaggiù, al regno degli uomini invece che al Regno di Dio, cui rimandano i due testi di Quinzio.
La mia posizione, come appare dai versi di commento a Rovelli e a Buttarelli, si iscrive nel cerchio della vita di quaggiù, ma sono ambiguamente attratta dalle speculazioni di Quinzio. Tuttavia i miei versi di commento alle citazioni tratte dai suoi libri insistono non solo sul “povero dio umano”, ma anche sulla superbia teologica che pretende di dominare la morte e di stabilire una storia umana unitaria, con la memoria-tradizione “succedaneo di vita”. Credo però, in definitiva, che una tale ambiguità di interessi, non riguardi solo me. Continua la lettura di Materia pellegrina
Sette poesie
di Cristiana Fischer
Il nero delle stoffe non è puro ha un po' di giallo e un po' di blu il giallo lo vira sul grigio e il blu sul nero della notte poi quando viene il sole stoffa nera è piena di macchie e fili bianchi che spiccano e ricordano che il nulla si riempie della vita di ogni giorno delle sue cose e il cielo non risponde a notte e sole, scorre indifferente all'immaginazione e alle paure. Così siamo felici e troppo spesso smarriti di usi e di pensieri non c'è passato né futuro soli siamo e ciechi in universo nero.Continua la lettura di Sette poesie