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Critica della politica in una città di periferia
di Ennio Abate
Pubblico queste mie riflessioni sulla necessità di continuare a fare critica della politica. Anche da solo e con gli unici strumenti che mi restano: la parola scritta e la mia memoria storica. Posso farla solo in una dimensione locale, Cologno Monzese, hinterland di Milano. E calibrando la mia voce su un momento – quello delle elezioni del sindaco della città – dove il marasma ideologico, che sta corrodendo tutti gli schieramenti politici tradizionali (i partiti) e apparentemente nuovi (le liste civiche) si manifesta in modo più acuto e repellente nella forma delle piccole ambizioni personali, dei maneggi ambigui di corto respiro, degli inviti ipocriti ad una partecipazione democratica sterilizzata.
Cari amici/che, siccome il mio nome – non so se per errore – è ancora presente nella vostra mailing list, mi è arrivato il Bollettino d’informazione e ho letto il lungo pezzo intitolato «Accuse e critiche rivolte a CSD sulle sue scelte e alleanze elettorali etc.». Dopo qualche incertezza, ho deciso di rispondervi con questi veloci appunti. Non capisco perché: 1) parlate di me e di altri, vostri compagni di strada per periodi più o meno lunghi, senza usare nomi e cognomi ma ricorrendo a una perifrasi (« Alcune persone politicamente impegnate e presenti sui social (fra l’altro tutti in passato hanno militato nella nostra associazione anche con ruoli di responsabilità)» che cela a stento un certo livore; 2) passate sotto silenzio le ragioni dell’allontanamento – non per capricci, credo – mio, di Roman Tomat, di Cambiaghi e non so se di altri; 3) visto che parlate di “ascolto dei cittadini”, non potevate replicare e ragionare pubblicamente (e democraticamente) alle critiche mie o di altri; e anche alla proposta – di sicuro priva di «sarcasmo» o «dileggio» – da me fatta il 4 luglio 2022 (https://www.facebook.com/…/colognom/posts/5237514563019174) del nome di Antonio Tagliaferri come candidato sindaco; 4) vi raccontate una storia reticente di CSD. In proposito, vi faccio notare che: a. sono state poche le persone provenienti dalle «esperienze dei movimenti di sinistra nati nel ’68» confluite in CSD, dove è sempre prevalsa la componente cattolica e parrocchiale; b. non spiegate le ragioni dell’interruzione della «pratica partecipativa del Forum cittadino» sorto in occasione della campagna elettorale per “Beretta Sindaco” nel 2004. Concludendo. Ho trovato scorretto che citiate dei miei interventi solo alcune frasi decontestualizzate. E che non diate una spiegazione sincera (innanzitutto a voi stessi) del vostro silenzio negli ultimi mesi, che mi è parso imbarazzato, autodifensivo e dovuto all’accettazione di un dogma indiscutibile, che è poi la ragione principale del mio dissenso da voi: il vostro rapporto acritico col PD. Infatti, anche quando affermate che «Il PD ha “scaricato” la candidata Sindaco nella prima seduta di Consiglio Comunale» non ne traete la conseguenza per me logica: che si tratta di un partito che strumentalizza e inganna i suoi alleati. Cordiali saluti Ennio Abate
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Eravamo con gli operai
In morte di Vincenzo Martinelli
in questa sempre brutta periferia
inermi e senza più compagnia
signora Morte ci trascina via
a cura di Ennio Abate
Questa testimonianza sulla vita di Vincenzo Martinelli la raccolsi nel 2018 in vista della preparazione del libro STORIE DI PERIFERIE. COLOGNO MONZESE NEGLI ANNI ’70 a cura del gruppo “on the road” – edizione fuori commercio 2020.
Vincenzo delinea un percorso comune nei decenni ’60-’70: dalla condizione iniziale di isolamento, vissuta da migliaia di immigrati dal Sud diventati al Nord operai in fabbrica – per lui in quel piccolo inferno dell’hinterland milanese (la Manuliplast di Brugherio) – Vincenzo si ritrova a vivere un momento esaltante e straordinario di rivolta e di vera democrazia (’68-’69). Scopre la politica e il sindacalismo. E diventa un militante politico di base, un leader legato alla sorte degli operai.
Poi percorrerà – sempre come tanti – la via crucis della sconfitta: perdita del lavoro, difficoltà economiche, sbandamento. E dovrà accorgersi – con quanta sofferenza non lo dice, lo lascia intuire – che la passione sua e dei suoi compagni e la prospettiva che si potesse cambiare o addirittura rivoluzionare la fabbrica e l’intera società erano state presto riassorbite e cancellate. Con le stragi e la strategia della tensione. Con i compromessi e le scelte moderate delle organizzazioni che controllavano e guidavano le lotte operaie (PCI e Sindacato). Con l’estremismo suicida e omicida delle formazioni armate (Brigate Rosse e altre) che, coinvolte in modi tuttora misteriosi e controversi nel rapimento e nell’uccisione di Aldo Moro, ebbero comunque un effetto certo: chiudere la bocca a lui, agli operai e a migliaia di militanti della Sinistra (storica o nuova).
Anche Vincenzo si dovette adattare alle condizioni degli sconfitti. Dopo gli anni Settanta s’impegnò nel volontariato e si occupò di patronato da sindacalista scrupoloso e attento alla difesa quotidiana dei lavoratori.
Rileggo oggi questa testimonianza nel momento di lutto per la sua morte. La trovo sobria e sincera. E’ soprattutto ricca di riferimenti puntuali alla durezza, alla nocività, ai rischi per la salute (e a volte per la vita) del lavoro in fabbrica. Vincenzo non taceva sulla sua gestione militaresca da parte dei dirigenti aziendali. E neppure sulla repressione antioperaia da parte di carabinieri e magistratura. Questo è il vero nucleo di verità collettiva e storica vissuta e incisa nella sua memoria. Sul resto, quando svela un certo antintellettualismo sia pur temperato dall’amicizia o una diffidenza e un rifiuto quasi morale verso le esperienze giovanili o femministe o più culturalmente americanizzate (cfr. il giudizio verso l’esperienza del Circolo la Comune e anche dell libreria Celes) mi pare a disagio e troppo guardingo. Nel rielaborare la sua storia non ha mai potuto o voluto abbandonare la nostalgia per la sua giovinezza di militante politico («Posso dire che sono rimasto ideologicamente di AO»). Come se fosse rimasto per sempre legato alla durezza di quel mondo operaio scomparso, che l’aveva accolto e riconosciuto come leader. E forse alla matrice contadina originaria e profonda del Sud. Due ragioni del suo rifiuto istintivo delle seduzioni ambigue di quel desiderio dissidente (Fachinelli), dilagate tra i giovani e le donne. Da considerare, comunque, con grande rispetto. [E. A.] Continua la lettura di Eravamo con gli operai
MOLTINPOESIA APPUNTO 9: Il Territorio della Poesia. Le Riviste (2007)
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MOLTINPOESIA APPUNTO 8: Quattro stralci da “Poesia e presente” (2005)
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MOLTINPOESIA APPUNTO 7: Su “Parola plurale” (2005)
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MOLTINPOESIA APPUNTO 6: Piccolo bilancio di un’inchiesta sulla moltitudine poetante (2005)
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Poliscritture Colognom. Dormire o risorgere?
DORMIRE O RISORGERE? (1)
Il comunicato di Alessandra Roman Tomat, È ORA DI (NON) METTERCI LA FACCIA (https://www.facebook.com/…/pfbid0k4RrHURPqN232bppSgMvyF…) è l’amara ammissione della difficoltà, se non della impossibilità, di collaborare come liste civiche con i grossi partiti in maniera dignitosa.
Si ripropone Il dilemma antico: INTEGRARSI O NO? O in altri termini: restare legati a un ceto politico che, mummificandosi, tenta di autoconservarsi o tentare di risorgere ma su altre basi culturali? Difficile rispondere. Tenterò di farlo con una riflessione a puntate. In questa prima la prendo molto alla larga, partendo dalla crisi politica della generazione del ’68-’69 che io ho vissuto. e ripubblicando (con tagli) la mia POESIA DELLA CRISI LUNGA che porta la data del 28 gennaio 1978.
La dedico con stima a Maurizio Attanasi, Mauro Cambia e Alessandra Roman Tomat che stanno vivendo la loro in modi onesti e senza ipocrisie.
Poesia della crisi lunga
1.
2.
DORMIRE O RISORGERE ?(2)
Domanda scomoda: i partiti (PD o SI) e le liste civiche (ArtLista, CSD), che a Cologno in questi anni hanno privilegiato il lavoro istituzionale (partecipazione alle elezioni, consiglio comunale), di quali risultati positivi hanno da vantarsi, visti gli insuccessi delle coalizioni di centro-sinistra alle elezioni del 2020 (ma anche alle precedenti del 2015)?
A Cologno questa crisi è esplosa “a destra” con la caduta della Giunta di Angelo Rocchi, il commissariamento del Comune e vari strascichi giudiziari. Ma “a sinistra” con una penosa e contorta via crucis (https://www.facebook.com/…/colo…/posts/5983779988392624/) che ha portato – solo a due mesi dalle prossime elezioni di maggio – alla designazione abborracciata del candidato sindaco (Stefano Zanelli) del centro sinistra.L’unico resoconto di questo fallimento delle liste civiche lo si legge nell’intervento di Alessandra Roman Tomat (https://www.facebook.com/…/pfbid0kNENYyirqaEPA3NFKMxRLJ…) e nel comunicato stampa di Cat (https://www.facebook.com/…/pfbid02ymNRzQo9N5azcG51CwLCw…. (Mentre CSD è passata con ipocrita disinvoltura dal silenzio alla propaganda elettorale a favore di Stefano Zanelli, come se niente fosse).
Quale lezione trarre da questi fatti? Io osservo che:
1- le liste civiche non crescono ma diventano sempre più asfittiche;
2 – accettando di privilegiare il piano istituzionale (elezioni, partecipazione al consiglio comunale), devono obtorto collo, allearsi con il PD, che ha ancora un bacino di voti calante ma superiore di gran lunga al loro;
3 – abbiamo avuto abbondanti prove che – nel 2020 con la candidatura a sindaco di Alessandra Roman Tomat e ancora oggi nelle trattative che si sono concluse con la candidatura di Stefano Zanelli – l’alleanza delle liste civiche col PD può avvenire soltanto IN MANIERA SUBORDINATA . Anche per la miopia politica e la rigidità conservatrice dei suoi “storici” dirigenti locali. (Lo stesso forse vale anche per la lista di Angelo Rocchi rispetto a FdI o alla Lega, ma questo è un altro discorso, che ora metto da parte).
Come si può allora, con questi chiari di luna, arrivare – si dice, si spera – a convincere il PD almeno su alcuni singoli punti e ad indurlo a qualche scelta più aperta al “sociale”?
La conclusione è che le liste civiche saranno sempre vasi di terracotta fra vasi (i partiti) se non di ferro abbastanza di più duro coccio. E rischiano ogni poco che al loro interno si riproducano le stesse paralisi o dinamiche frazionistiche dei partiti maggiori. Mentre il PD – anche se sempre più antipatico, ammaccato o quasi mummificato – si autoconserva. E le liste civiche o si subordinano o si trovano isolate. Con lo strascico delle delusioni o delle tardive e impotenti secessioni (Alessandra Roman Tomat:«E quindi il simbolo di ArtLista non ci sarà»).
« I partiti sono QUASI uguali NON uguali. Non sono IL MALE DI QUESTO PAESE ma, al massimo, un rimedio ai suoi mali (storici) che non funziona più da tempo. (Credo dal ’68-69…). E purtroppo rimedi più efficaci non se ne vedono. Le liste civiche – e vale a Cologno anche per la lista Rocchi e non solo per ArtLista o CSD – sono il prodotto della crisi dei partiti non la soluzione.».
Non è un consiglio! Da tempo lascio fare e so che i vecchi come me o Salzarulo [1] vengono vissuti come troppo “critici” o “intellettuali”.
Si può, dunque, sempre insistere sulla stessa strada del fallimento. O sperare che prima o poi si trovino nuove energie (i famosi, imprendibili giovani!). O proporsi di fare meglio quello che si è fatto finora maluccio. O compattare meglio i propri seguaci ed elettori. O ricorrere ai cliché del “politichese” doc: “non vogliamo mica guardarci l’ombelico”, “la gente ci chiede cose pratiche”, “la gente non vuole discutere di “massimi sistemi”, “non possiamo escluderci dal “gioco elettorale” o non essere pìresenti in consiglio comunale dove le cose si decidono”. E scivolere via via verso il relativismo e il pragmatismo più spiccioli. Fino ad arrivare a strisciare terra terra nella “colognosità”. Come fa Giovanni Cocciro. Anche lui, disinvolto quanto e più di CSD, ha la faccia tosta di scrivere; «Il centrosinistra “UNITO” che si presenta all’attenzione dei cittadini alle prossime amministrative, ha idee e un programma amministrativo serio e realizzabile in grado di fare uscire dalle “secche” dove l’ha cacciata la destra colognese, la nostra città».
Oh, beata colognosità!
Nota
[1] “Io non tendo a chiudere rapporti, ma occorre vedere come si comporta l’altro/a. Soprattutto se può avere l’età di un tuo figlio o un tuo nipote. Soprattutto poi se i rapporti vengono vissuti in certi ambienti. Tra “rottamazione”, “vaffa” e “nuovismo”, oggi i vecchi si tengono ben lontani, ad esempio, dagli ambienti politici.” (Donato Salzarulo, Geno Pampaloni: «I giorni in fuga», https://www.poliscritture.it/…/geno-pampaloni-i-giorni…/
E allora che fare a Cologno Monzese? Cosa vuol dire dormire o risorgere in questa città?
La mia risposta è questa:
Una proposta argomentata la feci già nel 2018 (Cfr. immagine MANIFESTO PER “COLOGNO BENE COMUNE” e una riflessione a questo link: https://www.facebook.com/…/colo…/posts/3359456050825044/
Importante è che risorgere o nuovo inizio significhi sfuggire ai cappi della democrazia rappresentativa dei partiti e delle liste civiche. Nonsi può mettere più al primo posto la partecipazione alle elezioni e puntare ad ottenere una maggioranza di consiglieri (delegati) per governare la città. Si deve ritentare la via della democrazia diretta, che è quella di chi mira a una partecipazione che sia innanzitutto sociale e il meno delegata possibile.
MOLTINPOESIA APPUNTO 3: Sulle difficoltà della “critica dialogante”
Poesia e presente
Preparando una replica a “Il poeta Bovary” di Matteo Marchesini (4)
di Ennio Abate
Sempre a supporto della riflessione sulla poesia contemporanea messa in moto dalla mia lettura del testo di Matteo Marchesini, ripubblico un mio intervento al Convegno della rivista di Massimo Parizzi, “Qui. Appunti dal presente” – Milano, maggio 2005. Continua la lettura di Poesia e presente