Archivi tag: Ennio Abate

Il plebeo-leninismo (socialista?) di Formenti e Visalli

di Ennio Abate

L’idea sarebbe quella di «partire da un’ampia alleanza di soggetti sociali che abbiano almeno la potenzialità di evolvere in senso socialista» e «nella prima fase prevedibile» è d’obbligo che questi soggetti sociali assumano un «carattere nazional-popolare e neogiacobino con l’obiettivo primario di ricostruire almeno le precondizioni (del socialismo)» che consisterebbero in una «reale partecipazione al processo decisionale e di redistribuzione del reddito». Questa, in sintesi, è la proposta del libro «Il socialismo è morto. Viva il socialismo» di Carlo Formenti che la recensione di Alessandro Visalli (qui) condivide e avalla.

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Il tarlo di Genova. Commento

Tabea Nineo, disegno 1987
da SAMIZDAT COLOGNOM foglio semiclandestino per l’esodo
Numero 3 aprile-settembre 2001

di Ennio Abate

Genova 18 anni dopo. Ripubblico quanto scrissi – isolato allora come oggi – su una rivistina fotocopiata che distribuivo a mano agli amici. I problemi qui accennati sono gli stessi che ho appena ridiscusso in questi giorni qui e qui. [E. A.]

1.

Cosa sentivo e pensavo prima dei fatti di Genova?

Prima: ero curioso e attento alla galassia “antiglobalizzazione”, ma ne sono rimasto distante per varie ragioni. Non condivido la sua enfasi ottimistica sui diritti umani. Ero scettico verso la scelta del “dialogo alla pari” continuamente cercato con i rappresentanti del governo. Mi sento estraneo alla sua ideologia: un pacifismo così assolutizzato, profondamente dominato dall’impostazione della Chiesa cattolica – un nuovo Super-ego “non-militante”, molto oratoriale (Rete Lilliput) o neopopulista (la rivista Carta), ben espresso nelle sbrigative tesi di Marco Revelli nel suo Oltre il Novecento.

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Sulla violenza nella storia

La questione della violenza nella storia, ora anche in una dimensione “gobalizzata” (in passato affrontata su Poliscritture almeno qui, qui, qui e qui), resta irrisolta . Meglio insistere a interrogarsi sul fenomeno. Da tutti i possibili punti di vista. Senza mai arrendersi all'”evidente” e finire per sublimarla o esorcizzarla. Va bene anche partire da materiale “datato” o “passato” o riflettendo a distanza di anni da questo o quell’evento traumatico. All’indomani della discussione scaturita dal post di Donato Salzarulo sugli anni ’70 (soprattutto nella sua seconda parte: qui) e per continuare ad approfondire, pubblico dal mio “Riordinadiario 2005” le ben meditate e ancora lucidissime e attuali “Sette tesi sul terrorismo nel Ventunesimo secolo” di Peppino Ortoleva. Apparvero il 5 agosto di quell’anno sul sito della LUHMI (Libera Università di Milano e del suo hinterland, promossa da Sergio Bologna) e vale la pena rileggerle e rifletterci. Aggiungo il mio intervento e le conclusioni dello stesso Ortoleva (purtroppo non più accessibili on line a quanto vedo, ma di cui avevo conservato una copia). Chi volesse conoscere il resto della discussione lo trova qui (andando in ‘Archivio’ > ‘Sul terrorismo’). Un’ultima precisazione. Ad Ortoleva, che nella sua replica scriveva: «La mia posizione sulla violenza politica implica un corollario, su cui credo Ennio non sia d’accordo. In materia di violenza politica l’etica della convinzione (per rifarci al binomio weberiano rimesso in circolazione da Bobbio) non serve a nulla: se si agisce sul terreno della storia è su questo che si deve essere giudicati; se si coinvolgono altre vite non si può pretendere di essere giudicati solo sulla propria coscienza», rispondo sia pur a distanza di anni di concordare invece in pieno con lui: no, per me pure non è la coscienza individuale (o soggettiva) a misurare da sola il valore di un’azione. Lo può essere (forse) un “io/noi” capace di proporre e attuare – fosse solo per poco tempo (nella storia le rivoluzioni sono lampi) – un progetto razionale e condiviso evitando sia i deliri incontrollati dell’”io” sia quelli standardizzati dei “noi” eterodiretti. [E. A.]

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Poesia dell’impensato o Opus servile?

Moltinpoesia/ Riletture/Un vecchio confronto con G. Linguaglossa

di Ennio Abate

 
 «[…] correlazioni, riscontri, figure metriche, forme significative e figure del discorso letterario, insomma tutti i livelli del cosiddetto testo, da quello fonematico a quello ideologico-culturale, sono comprensibili e apprezzabili non solo grazie al loro comporsi in sistema e struttura, ma anche per la relazione e interazione che ognuno di questi elementi stabilisce con qualcosa che testo non è, ossia con quel che chiamiamo “realtà”» (F. Fortini,  Opus servile. in Saggi ed epigrammi, pagg. 1641-1652, Mondadori, Milano 2003)  

Una vecchia discussione tra me e Giorgio Linguaglossa. Fu pubblicata sul blog «Moltinpoesia» nel breve periodo della nostra collaborazione col titolo: «Come leggere e interpretare la poesia. Due opinioni a confronto» il 28 febbraio 2013 e si legge per intero, assieme ai commenti, qui. E’ più facile cogliere oggi quanto già fosse netto il contrasto, poi risultato insanabile, tra noi. Linguaglossa usava il riferimento alla figura di Franco Fortini strumentalmente. Dichiarava di preferirlo a Sereni, per lui «l’inventore del riformismo moderato della poesia italiana», ma l’amputava del suo marxismo critico. Non lo comprendeva, l’osteggiava, lo confondeva con quelle che spregiativamente chiamava «le ferraglie del […] marxismo della terza internazionale e post»). E ha contribuito a cancellarlo anche dal residuo dibattito “militante”. Muovendosi successivamente, infatti, sempre più speditamente in direzione di quell’«impensato» heideggeriano [1] che, con la rottura dell’ ambigua e poi rimossa collaborazione con me e i *moltinpoesia*, lo ha portato alla fondazione del blog «L’Ombra delle Parole» e alle teorizzazioni di una NOE (Nuova Ontologia Estetica) monomane e involuta.

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Il vecchio e la morte della letteratura

di Ennio Abate

 
 In quei tempi vidi un vecchio – un letterato mancato.
 I più giovani, figli suoi quasi per età, ora disquisenti 
 di Simonetti, Saviano, Cavazzoni e Scurati - pedinava. 
  
 Attento a ciascuno, che a  turno - rasato o occhialuto,
 a tratti  animato nel gesto o nel volto, la nota spigolosa
 l’esatta e mai claudicante citazione dagli appunti estraeva. 
  
 E Campoformio? E il caveat dell’Ingrato  di via Legnano 
 che aveva scritto di un alloro insidiato dagli insetti?
 In mezzo al  pubblico  di faccia devota, maldicente solo 
  
 nel bisbiglio compìto all’orecchio, una  bionda annotava: 
 «Nel mondo il capitalismo è diventato sistema economico 
 unico e on line la letteratura – oh cara! - il suo loculo avrà».
  
 Sempre a lezione, sempre a ripetizione? – gli sussurrai.
 Resti in ascolto del vento invano. Perché ancora sognare
 l’aula magna della Statale di Milano irta di voci e strida
  
 dove di potere operaio e studentesco in accoppiata, 
 da spretati, con la fede truce dei Sessanta, straparlaste?
 Riaprì gli occhi. Dalla tomba merce risorgerà!- mi borbottò.
 
 
 
   

*Commento alle videoconferenze “Gli Stati Generali della letteratura” ascoltate su LE PAROLE E LE COSE2: qui

Negri su Balestrini

di Ennio Abate

Su “il manifesto” dell’8 giugno 2019 (qui) è comparso un ricordo di Nanni Balestrini scritto da Antonio Negri. L’ho letto, riletto, meditato e ho scritto questi appunti critici. [E.A.]

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9 novembre 2006. Agli inizi del Laboratorio Moltinpoesia

Archivio
POESIA/MOLTINPOESIA/POESIA ESODANTE

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 di Ennio Abate

Pubblicherò mano mano e con miei brevi commenti di riepilogo i materiali (testi poetici, resoconti di incontri, testi critici, discussioni e scambi di mail) miei o di altri amici e amiche che dal 2006, in modi ora militanti ora distaccati, hanno ripensato i concetti di poesia, moltinpoesia e poesia esodante.
Questo documento del 9 novembre 2006 annunciò la fondazione a Milano del “Laboratorio Moltinpoesia” (2006-2012).

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