di Eugenio Grandinetti
Eugenio Grandinetti ha pubblicato, raccolte in quattro sezioni (Equilibri di penombre, Zooteca, Storie, Et cetera), un altro libro di sue poesie. Ne propongo qui, facendo una scelta del tutto personale, alcune che meglio dicono alcuni tratti tipici della sua ricerca: uno sguardo minuzioso ma interiormente partecipe sugli animali, esseri in preda a sentimenti (fossero di paura, come nell’immagine della lucertola, o di aggressività feroce, come in quella del falco) che indirettamente sono stati o sono anche suoi; una tendenza ad immobilizzare in una “statica interiore” non solo il movimento delle cose (si veda «Mulinelli»), ma della memoria («Degli altri è bene /si perda ogni memoria, che non resti/ cattiva maestra al mondo della storia /di cui fummo pure parte») e, dunque, della storia dimostratasi inesorabilmente insensata e senza più scopo («Gli eventi/ che potevano esserci non furono»; « storia/ continua, senza capitoli e senza epilogo») ; una a-modernità baudelairiana ma più secca e quasi scorbutica della sua visione della città metropolitana, ridotta a «muro davanti ad altri muri», a vita monotona, a «un ripetersi», a «ingranaggio», nel quale il singolo – guardato o non guardato dagli altri – resta bloccato in una irrimediabile incomunicabilità; un esistenzialismo che ora, di fronte alla sua e all’altrui vecchiaia (si veda in particolare «Senescenza», «Un vecchio» ma anche «La mela marcia»), si è fatto spietato e nulla abbellisce. E tuttavia questi versi – pacati, disincantati, dal tono mai muscolare ma sempre basso e riflessivo, che parrebbero monotoni ma sono dolcissimi – «sono tarli che scavano, che lasciano / vuoti profondi». Perché alludono ad una assenza incolmabile. Come nella bellissima evocazione delle figure del nonno e del padre ne «L’asino di Pietrantonio», tanto più imponenti e leggendarie, malgrado le minime «orme» ( o ombre?) che hanno potuto lasciare sulla terra e nel suo animo. [E. A.] Continua la lettura di 25 poesie da “Disamorarsi d’essere”
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Sulla collina
di Lucio Mayoor Tosi
Cosa si nasconde nella testa del pazzo che svolta l’angolo
uscendo dal bar?
Ha due metri di fucile nella spina dorsale, un cappotto
marrone e l’aria
di chi ama osservare da lontano, con le sopracciglia in su
perché ha già visto: Continua la lettura di Sulla collina