di Donato Salzarulo
«I bimbi morti nelle foibe e i bimbi di Auschwitz sono uguali. Non esistono martiri di serie A e vittime di serie B.» (Comunicato Ansa, 10 febbraio 2019).
Questo il geniale pensiero dell’allora ministro dell’Interno e vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini. Pensiero che dopo tre anni non sarà sicuramente cambiato. Il mettere sullo stesso piano la tragedia delle foibe e lo sterminio di sei milioni di ebrei è un luogo comune del centrodestra.
Le foibe sarebbero “la nostra Shoah” e chi si permette dal mettere in guardia da un uso così spudoratamente politico di questa drammatica vicenda e chiede di impegnarsi in un’onesta ricostruzione storica, viene immediatamente tacciato di “negazionismo”. Non c’è, del resto, da meravigliarsi. Il Giorno del Ricordo cade il 10 febbraio. Due settimane dopo quello della Memoria. La vicinanza temporale e l’accostamento terminologico (Memoria-Ricordo) sembrano voler proprio indicare la somiglianza fra i due eventi storici. Nulla di più ingannevole.
A chi è costretto – penso ai giovani studenti e non solo a loro – a nutrirsi, in meno di venti giorni, di memorie e ricordi, propongo la lettura di un agile e prezioso libretto di Eric Gobetti, pubblicato due anni fa da Laterza. Titolo: «E allora le foibe?», refrain tipico – come si legge in quarta di copertina – «di chi sostiene il risorgente nazionalismo italico e vuole zittire l’avversario».
Non è che lo si debba leggere per forza nell’occasione commemorativa. Lo si può fare anche in altri momenti dell’anno. Ma è utile farlo. Si impara molto.
Dunque, nel marzo del 2004, il Parlamento italiano sceglie il 10 febbraio come Giorno del Ricordo in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata e delle vicende del confine orientale.
Perché proprio questa data? Perché corrisponde al giorno in cui viene firmato il Trattato di pace di Parigi che prevede l’attribuzione di Fiume e di ampie zone dell’Istria alla Jugoslavia. Ma come si arriva a questo giorno?
Eric Gobetti nel suo libretto ricostruisce le vicende storiche di questa ampia regione dell’Alto Adriatico che va da Gorizia a Trieste, fino a Fiume e Pola, divisa oggi fra Italia, Slovenia e Croazia. Lo fa in modo sintetico, con linguaggio chiaro e semplice, ma attento ad evidenziare le insidie di parole e scelte tutt’altro che scontate. Proprio la scelta del 10 febbraio, ad esempio, contiene il presupposto non condivisibile che questi territori siano italiani “da sempre” e che siano stati sottratti alla madrepatria in maniera ingiusta e punitiva.
Ecco, non è così. Dalla caduta dell’Impero romano fino alla fine della prima guerra mondiale, questa regione ha visto la presenza di tre mondi culturali e linguistici diversi: quello germanico, quello slavo e quello latino, che hanno convissuto per secoli. Continua la lettura di Eric Gobetti: «E allora le foibe?»