di Salvatore Dell’Aquila
Hay, entre todas tus memorias, una
Que se ha perdido irreparablemente;
No te veràn bajar a aquella fuente
Ni el blanco sol ni la amarilla luna.
(J.L.Borges, Lìmites)
Conobbi D.F. una domenica di luglio, era mezzogiorno forse, a Roma nell’anno 2005, in circostanze definibili come fortuite, sebbene in seguito il progredire del nostro rapporto trovò il modo di strutturarsi in poco tempo in una forma più solida, in grado di resistere efficacemente per qualche anno, fino all’interruzione traumatica che ne fu l’esito.
La canicola, che nelle grandi città a quell’ora e in quel periodo dell’anno arriva a essere perfino minacciosa, oltre che coadiuvante nell’insorgere di sospese allucinazioni, insisteva su uno dei tanti banchi di vecchi libri nel mercato di Porta Portese.
Là eravamo entrambi, ancora ignari l’uno dell’altro, a compulsare volumi usati, più o meno vecchi, esposti inelegantemente, inconsapevoli di comporre un simulacro minimo, neppure simbolico, di bouquinerie orfane della Senna anche se non lontane dal meno vanitoso Tevere. Continua la lettura di
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