Archivi tag: Giorgio Mannacio

Ancora su Fortini e Adorno

adorno 2

di Giorgio Mannacio

Ho letto con interesse il “ resoconto “ di Ennio Abate sulla serata Adorno-Fortini tenutasi alla Libreria popolare di via Tadino a Milano con intervento/regia di Ezio Partesana (qui). Un resoconto necessariamente sintetico, ma che ha toccato punti che ho visto come cruciali e che mi hanno indotto alle osservazioni che seguono. Continua la lettura di Ancora su Fortini e Adorno

Viaggio oltre cortina

Čakovec,_zimi_-_Građanska_kuća_iz_1816

di Giorgio Mannacio

In un anno imprecisato, ma certo di molto antecedente la Caduta del famoso muro, mi avventurai in macchina verso Budapest. Non mi interessava tanto vedere le condizioni dell’Est europeo quanto visitare la città, protagonista di diversi romanzi che avevo letto da ragazzo. Varcai la frontiera tra l’ex Jugoslavia e l’Ungheria in una località prossima a Cacovez che mi ostinava a pronunciare come era scritta . Qui guardie confinarie magiare mi perquisirono attentamente smontando persino i cerchioni delle ruote. A Budapest si celebrava in quei giorni il Festival mondiale della caccia e trovare un albergo fu un vero problema. Come la lingua davvero lontana da ogni riferimento occidentale che – con ingenuità e una certa dose di stoltezza – continuavo ad invocare. Al ritorno mi fermai qualche giorno sulla costa dell’attuale Croazia e il giorno dopo il mio rientro a Milano fui colto da una febbre violentissima e asintomatica .Erano tempi in cui si moriva di epatite e tale sospetto indusse il mio medico a disporre il ricovero in un ospedale di isolamento per infettivi (Agostino Bassi) che più non esiste. Si trovava in via Conte Verde, zona Dergano. Ne uscii guarito e senza diagnosi. [G.M.]
Continua la lettura di Viaggio oltre cortina

Tre memoriali

botero-fernando-1932-woman-reading-1987

di Giorgio Mannacio

 

CAMPAGNA

Spiriti senza terra: è questo il nome
e in mezzo alle radici, alle conchiglie
dei tempi del diluvio
biancheggia la pietà. Continua la lettura di Tre memoriali

La proprietà è un furto. (Spigolature sul tema)

Pierre Joseph Proudhon (1809-65) and his children in 1853, 1865 (oil on canvas) (see 99577 for detail)

di Giorgio Mannacio

1.
Inseriti in una trama di rapporti formali – continui e coerenti – stentiamo a non vedere nella famosa frase pronunciata da Proudhon ( 1809 – 11865 ), frase che dà titolo al mio testo, una sorta di provocazione.Oggi ciascun proprietario – se si escludono ipotesi definibili extra ordinem – può eccepire contro di essa d’essere diventato proprietario di un immobile attraverso una serie di atti ben definiti che l’ordinamento dello stato in cui vive dichiara legittimi e come tali protetti. Anche piccole comunità aggregate da particolari idealità i cui componenti condividono la proprietà su certi beni sì da realizzare, all’interno della comunità stessa, una sorta di comunismo delle origini, hanno raggiunta tale stato attraverso atti formali che ne attestano la legittimità. Anche i Mormoni d’America hanno realizzato una sorta di comunismo delle origini, non so se praticato ancora oggi, ma resterebbe in piedi la domanda di cosa abbiano pensato i nativi dello Stato dell’Utah allorquando intorno a metà dell’800 detti Mormoni invasero la zona sulle sponde del Lago Salato. Continua la lettura di La proprietà è un furto. (Spigolature sul tema)

Divagazioni sulla lingua dell’Eden

adamo ed eva durer

di Giorgio Mannacio

1.
Chi ha osato parlarci dell’Eden, cioè di quel luogo di delizie in cui vissero Adamo ed Eva per qualche tempo ( ammesso che a tale categoria kantiana possa farsi riferimento nel loro caso ) non ci ha riportato alcuna frase che sia intercorsa tra i nostri progenitori. Sì, certo, lo stato dell’innocenza fu brevissimo e loro, forse, non ebbero neppure il tempo di parlarsi ma, probabilmente, la ragione di una tale lacuna è meno banale. Chi legge Genesi si accorge subito che fino ad un certo punto la descrizione biblica non fa che riportare un lungo ed ininterrotto monologo del Signore, monologo che finisce là dove ( Genesi, 3 ) quest’ultimo domanda ad Adamo: “ dove sei ? “ ed ottiene la risposta che è la prima parola attribuita all’uomo dalla Scrittura. Continua la lettura di Divagazioni sulla lingua dell’Eden

Sui veri poeti

troppi poeti

di Giorgio Mannacio

[Giorgio Mannacio riprende  la questione  dei molti o troppi poeti (qui) sullo spunto offerto dal discutibile titolo dato ad alcuni incontri della Casa della Poesia di Milano. E’ corretto parlare di “veri poeti” distinguendoli dalla massa senza esplicitare i criteri di tale scelta?  E’ utopistico parlare di molti poeti in fieri? Se la critica non riesce a star dietro e a valutare la produzione di massa (poetica o parapoetica che sia) e si limita a  considerare un contesto sempre più limitato di poeti, quanto peso (generale) hanno i suoi giudizi e quali potenzialità (probabili) vengono ignorate?  Se non ci si lascia  intimidire dai luoghi comuni (“molti sono i chiamati, pochi gli eletti”, “è andata sempre così”, ecc.), si vedrà che iI problema ha davvero un rilievo politico che a prima vista sfugge. La riflessione di Mannacio ha il merito di ricordarlo (E.A.)]
Continua la lettura di Sui veri poeti

La sparizione

sparizione b

di Giorgio Mannacio con poesie da “Incablox” di Alfeo Bertin (1930 – 1972) in appendice

Riproponiamo questo racconto di Giorgio Mannacio, già pubblicato sulla rivista Confini nel lontano settembre 2001.  Fa riferimento ad un suo amico poeta suicida e dimenticato, Alfeo Bertin, di cui  pubblichiamo in appendice alcune poesie. Ed è un intelligente omaggio postumo, tutto giocato linguisticamente su una leggerezza paradossale e perfino elegante, che  lascia ancora più intravvedere  il torbido e la fragilità di un’esistenza d’artista emblematicamente romantica in una Milano anni Sessanta, di cui indirettamente e senza quasi nominarla si coglie  la calcolata durezza . [E. A.]

*

[Premessa. Un giorno di giugno del 1972 il mare di Viareggio restituì alla terra le spoglie vestite di Alfeo Bertin. Era nato in Toscana nel 1930. Fu pittore, poeta ed uomo di lettere. Sapeva molte lingue tra cui il russo (probabilmente studiato da autodidatta). Negli anni ’60 visse a Milano; collaborò con Il Verri prevalentemente come traduttore, attività dalla quale traeva i mezzi per vivere. Frequentò qualche pittore (tra i quali Piero Manzoni). Buttato fuori di casa dalla moglie (come descritto con qualche aggiunta di fantasia nel mio racconto), girovagò in varie pensioni intorno a corso Buenos Ayres. Ci frequentammo per qualche anno, scambiandoci soprattutto idee. Stava scrivendo un romanzo di cui non mi fece leggere mai nulla. Generosamente presentò a Vittorini alcuni miei versi satirici pubblicati poi su Il Caffè. Sparì ad un tratto lasciandomi recapiti postali mai raggiunti dalle mie lettere. Probabilmente fu ricoverato anche nel famoso Manicomio di Maggiano (LU) di cui parla Tobino.   Solo a distanza di molti anni ho saputo della sua tragica fine. Non sapeva nuotare. Amici viareggini – tra i quali l’architetto Giorgio Polleschi – hanno raccolto le sue poesie  in un libricino intitolato Incablox (Ed. Luci del Porto, Viareggio,1999). [G.M.] Continua la lettura di La sparizione