Tabea Nineo, Caduta, bassorilievo in creta, 1980
Narratorio. Versione 2020.
di Ennio Abate
Non erano inferme le albe del 1978. Somigliavano a quelle di sempre. Ma giovani sentinelle appostate su piramidi rilucenti freddarono un sogno. Vento, molto vento. Poi cervici divelte da corpi ancora frementi, sì. Muschi d’organi squarciati, sì. Torcigli di visceri raccolti in stracci sporchi. E però in Occidente altri vissero miti e tranquilli. Sull’oscuro pavimento degli anni restò, color carbone, soltanto uno sgorbio. Per assenza di grida, tutti finsero che il sogno non era stato di umani percossi da altri umanissimi. Che si fosse trattato soltanto di bestie macellate in quell’autunno, dicevano. Mente che indaghi, quel tempo grumoso è lo stesso che i freezer televisivi ogni giorno surgelano.