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Russia-Ucraina. Tra princìpi teorici e prassi politiche in 10 punti

di Giorgio Mannacio

1.
Mi  chiedo come mai – ipotizzando una guerra in cui siano esattamente  individuabili chi è l’aggressore e chi l’aggradito – entrambi finiscano per chiedere la pace.
Questa meraviglia paradossale implica prima di tutto – a mio giudizio – un discorso sulla guerra. Fallita ogni costruzione di modelli di pace perpetua, resta la realtà sempre presente di guerre più o meno estese. Messa d parte una spiegazione   connessa con radici antropologiche – che finiscono per legittimare ogni tipo di aggressione lasciando da parte ogni ricerca sulle specifiche “ ragioni “ dei conflitti – sembra necessario cominciare dalla posizione di alcuni princìpi inderogabilmente umani. Dobbiamo credere di nascere liberi e precisare questa affermazione riguardi anche a quelle strutture stabilmente organizzate nelle quali si manifesta  la inalienabile politicità del nostro genere.
In base a questa affermazione di libertà mi sento di sostenere – come ho scritto su Poliscritture tempo fa – che ogni Stato è libero e deve essere lasciato libero di organizzare la propria struttura  interna come meglio (o peggio) crede.
Se la guerra è definibile come aggressione per ridurre in qualche modo l’esistenza di  uno Stato o cambiarne la “qualità di vita“, siamo di fronte ad una guerra  contro il principio di libertà.
Fuori di ogni reticenza: non si deve esportare – con l’aggressione guerra –né la democrazia né la dittatura. Per coerenza ne deriva che i possibili conflitti interni ad uno Stato vanno considerati atti di gestione del potere di quello Stato e non debbono interessare altri Stati se rimangono “interni“ a chi li subisce.
Alla luce di quello che attendibilmente conosco penso che vi  sia stato realmente il feroce conflitto interno tra parte dei cittadini ucraini e parte dei cittadini ucraini favorevoli ad un cambio di struttura socio-politica e come  tali inclini ad una secessione.
In coerenza con le premesse la stessa valutazione negativa applicherei nell’irreale ipotesi di un’invasione ucraina della Russia notoriamente non democratica.
Il “vantaggio“ teorico del modello che ho disegnato sta nel fatto di permettere – concettualmente e cioè come regola di comportamento – la coesistenza di diversi Stati in un livello minimo di reciproca tolleranza.
Ignoro totalmente se il conflitto interno all’Ucraina (la guerra civile in atto – a quanto letto – dal 2014 ) abbia comportato reali rischi alla vita russa. Continua la lettura di Russia-Ucraina. Tra princìpi teorici e prassi politiche in 10 punti

Re(si)stiamo razionali

breve guida ad uso personale per sopravvivere all’orrore quotidiano della guerra

di Luca Chiarei

  1. Qualunque sia la nostra posizione sulla guerra e quello che sta succedendo tra Russia e Ukraina la condizione che accomuna tutti noi – fino ad ora e in questa parte di mondo -, è quella di essere o seduti su un divano, al massimo in piedi, oppure con un paio di cuffie nelle orecchie, al caldo se fa freddo e con un solido tetto sopra la testa; dunque qualsiasi cosa diciamo è facile dirlo;
  2. Tutte le guerre, compresa questa, iniziano perchè ad un certo punto qualcuno aggredisce qualcun’altro. Naturalmente chi invade è da condannare così come, mi piacerebbe dirlo, la comunità internazionale ha condannato gli invasori delle guerre passate responsabili di eventi analoghi…ma non credo di poterlo dire;
  3. La Russia ha invaso l’Ukraina, ciò è assolutamente evidente e negarlo significa negare la realtà. Allo stesso tempo non chiedersi quali sono state le ragioni per le quali questo si è verificato, ovvero rifiutarsi di comprendere – che non è un sinonimo di giustificare – significa rispondere alla guerra solo in termini emotivi, reagire all’irrazionalità della guerra in maniera del tutto analoga;
  4. Ogni azione, scelta politica, atto istituzionale e/o internazionale posto in essere non si colloca nel vuoto, in una sorta di tabula rasa della storia. Non viviamo in un eterno presente: noi dobbiamo sempre fare i conti con le conseguenze, imprevedibili anche se probabili, di altri fatti precedenti. Ignorarli è garanzia all’incomprensione del presente e soprattutto determina l’impossibilità di trovare possibili soluzioni al conflitto in corso
  5. Non esiste la guerra giusta, esiste invece il diritto alla legittima difesa da una aggressione, da condurre anche con le armi se ogni altro strumento di resistenza non armata si rivela inefficace. L’obiettivo non è la vittoria ma la propria libertà, considerando che il rischio di fallimento è insito in entrambe le opzioni.
  6. Non esiste la guerra da una parte e gli orrori dall’altra come degenerazione della prima. E’ la guerra ad essere strutturalmente orrenda. Che le persone siano uccise come frutto della pianificazione dei vertici politico-militari oppure come pulsione degenerata e disumana degli attori in campo non fa, anche da un punto di vista etico/morale, la differenza.
  7. L’obiettivo della politica nella gestione di una guerra dovrebbe essere quella di farla cessare: ciò comporta inevitabilmente cercare, volere, accettare un compromesso, che almeno avrà il merito di evitare la morte di altre migliaia di persone. A tutti coloro che di questa guerra sono vittime la solidarietà concreta, accoglienza e aiuti umanitari,
  8. Le armi di per se servono per una soluzione militare, che oggi pare essere l’obiettivo di tutti i soggetti in campo a vario titolo coinvolti. Una soluzione militare significa pensare che Russia o Ukraina possano essere sconfitte e espulse dalla storia, ipotesi assolutamente irrealistiche ma che realisticamente, nel frattempo, cercando di realizzarle, possono condurci alla IIIa guerra mondiale;
  9. Ogni popolo ha diritto alla propria autodeterminazione, quindi nessuno può indicare che cosa deve fare un popolo aggredito, come e se difendersi e in che modo. L’affermazione di questo principio, se non vuole restare una semplice affermazione, non può prescindere dal contesto generale delle relazioni politiche nel quale si esercita.
  10. Un mondo nel quale super potenze vero o presunte non esercitano la loro influenza nelle aree nel quale ritengono di avere interessi strategici è ancora da venire. Non considerarlo, ovvero non considerare la complessità delle relazioni internazionali, alimenta una idea di mondo certamente auspicabile ma ad oggi purtroppo priva di forza reale per affermarsi.* L‘articolo è ripreso dal blog  ITEMPIEIVERSI di Luca Chiarei qui

Amici sì ma non così…

Da POLISCRITTURE 3 SU FACEBOOK

di Ennio Abate

UNO

Il 24 marzo 2022 avevo pubblicato questo AVVISO:
Pur crescendo la delusione per i modi in cui si sta dibattendo sulla guerra in Ucraina, continuerò a pubblicare anche prese di posizione che non condivido. non so se e come usciremo da questo buio che ci attanaglierà sempre più. Pesiamo almeno le nostre parole e coraggio.

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Pasqua 2022

 di Donato Salzarulo

[Il 19 Aprile 1999 mia madre morì. Inutile dire che la sua figura ritorna spesso nei mei pensieri, nelle mie fantasie e nei miei sogni. Tra pochi giorni ricorre il ventitreesimo della sua scomparsa.

Nel primo numero di gennaio 1987 di «Laboratorio Samizdat», una rivista semiclandestina, animata dall’amico Abate, uscì «Non correre, piccola lepre». La ripropongo al pubblico di Poliscritture, aggiungendovi «Pasqua 2022».]

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Non solo “i poeti in tempo di guerra non pensano abbastanza”

Dopo un mese di guerra in Ucraina. Chiuso per riflessione.
Firmato
Nottola di Minerva

Cresce la delusione per i modi in cui in Italia si sta dibattendo sulla guerra in Ucraina. Non so se e come usciremo da questo buio che ci attanaglierà sempre più. Pesiamo almeno le nostre parole e coraggio. [E. A.]

Nota.
Hegel sosteneva che la filosofia è simile alla "Nottola di Minerva" (una specie di civetta, uccello sacro alla dea della sapienza) che inizia il suo volo solo al crepuscolo, quando il sole è già tramontato.

* Il titolo fa riferimento a una mia vecchia poesia e ad un vecchio dibattito (qui)

 

Riordinario 19 marzo  2022

 Guerra in Ucraina. Scambio sulla pagina FB di Giovanni Cominelli

di Ennio Abate

Andrò avanti a pubblicare il Riordinadiario delle ultime settimane, ma lo farò a salti e senza rispettare l’ordine cronologico. Più avanti (forse) cercherò di capire il perché di questa scelta (d’emergenza). [E. A.]

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Guerra in Ucraina. Prese di posizione (14)

 

 

 Davanti a chi prosternarsi

                                                Appunti dai margini

di Mauro Armanino

Poichè non c’è per l’uomo, fatto libero, di una preoccupazione più costante, più determinata di quella di cercare un essere davanti al quale prosternarsi’…Fëdor Dostoevskij nella ‘Leggenda del Grande Inquisitore’, nel suo noto ‘ I fratelli Karamazov’. Questa è una vicenda che parte da molto lontano e che il filosofo e scrittore Etienne de la Boétie aveva a suo tempo sottolineato nel suo scritto ‘Discorso sulla servitù volontaria’. In realtà c’è solo l’imbarazzo della scelta perché prosternarsi, sottomettersi a poteri più o meno costituiti sembra far parte dell’umana avventura, così come sembra si presenti ai più. La libertà è sempre stata pericolosa, per il singolo, la società e i poteri che la storia sforna secondo le epoche e le stagioni. L’essere di cui parla Dostoevskij può trasformarsi in cosa, situazione o realtà che sembra fatta per catalizzare, per un certo tempo o in modo permanente, l’adorazione o almeno la deferenza dei cittadini. Continua la lettura di  Davanti a chi prosternarsi

Guerra in Ucraina. Prese di posizione (12)

 

Il virus della guerra – L’antidoto della memoria

STRALCIO DALL’ARTICOLO DI MARCO REVELLI:

Lì il sottotenente Revelli, ricoverato per una brutta ferita rimediata il 25 settembre in un’azione di pattuglia sul Don, aveva incominciato a capire qualcosa del Paese che l’aveva mandato a uccidere o a morire, con lo spettacolo della corruzione, le ruberie da parte degli imboscati, il menefreghismo e il cinismo dei privilegiati a spese dei poveri cristi in prima linea, tanto da chiedere anzitempo di ritornare al suo caposaldo dove si rischiava ma non ci si vergognava. Così come quattro mesi più tardi, il 25 gennaio, poco più a nord, nella piana tra Nikitovka e Nikolaevka, nella “notte dei pazzi”, che precedette l’ultimo sfondamento disperato per uscire dalla sacca, nei 40 gradi sotto zero, con tutto che crollava intorno, le isbe in fiamme, i congelati abbandonati, l’immensa colonna di sbandati ormai senza guida, e gli occhi dei muli i soli a esprimere un’umanità ormai perduta dagli uomini, aveva – come scriverà e ripeterà infinite volte – “capito tutto”. Troppo tardi, ma capito cos’era il fascismo. E non solo. Quella notte, scriverà, il sottotenente degli alpini in servizio permanente effettivo Nuto Revelli, allievo scelto dell’Accademia militare di Modena, ufficiale modello considerato un “najone” per la serietà con cui interpretava il suo ruolo tanto da aver chiesto nella primavera del ’42 l’invio anticipato sul fronte russo, definito dai superiori “un tedesco”, una medaglia d’argento appena conferitagli, aveva urlato a sé stesso e perché tutti sentissero “Non farò mai più l’ufficiale” di quell’esercito. Allora, dichiarerà in un’intervista molto sofferta a Laura Pariani, “ho maledetto il duce, ho maledetto il re, ho maledetto (una breve pausa) l’esercito… Ho maledetto (una pausa più lunga, come se la parola non volesse uscire dai denti) la patria”. Era incominciata in fondo, allora, la sua “seconda vita” – morto l’alpino nasceva il partigiano che sarebbe diventato, come scriverà nella canzone dal titolo terribile, Pietà l’è morta -. La vita dedicata a combattere il fascismo, ma soprattutto, col fascismo che ne incarnava l’essenza, la GUERRA. Non avrebbe cessato mai di ripetermelo, tra le mura domestiche, e di ripeterlo ai tanti studenti incontrati nelle scuole, che la guerra è il male. Il male assoluto, o, forse meglio, universale. Ogni guerra, anche la più “giusta”, persino la guerra partigiana, che pur ebbe per lui un effetto catartico, di riscatto dei tanti morti lasciati nella steppa e dalla sensazione umiliante si sentirsi “un vinto”, persino quella – mi ripeteva -porta in sé un’ombra, ti lascia dentro cicatrici che fanno male. Perché la guerra trasforma gli uomini. Tira fuori il peggio che hanno dentro. Usava l’aggettivo “bestiale”, come antitesi dell’”umano”. Bisogna evitarla ad ogni costo, perché una volta scoppiata, il suo effetto di perversione non lo fermi più, negli altri, e anche in te stesso…

Nota
L’articolo si legge per intero cliccando  sul titolo “Il virus della guerra” (sopra) o  qui