Ci sarebbe da salvareil cuoreper offrire un messaggiolieveagli ottusie perdonare le fiammedopo tanto scempio.Ma la sua mente è salvacol pensiero che ci consegnaun idealea prova d'immortalità:così il suo esempioancora ci sorprende!
Era da un po’ di tempo
che la Signora lavorava poco. Ovvero, lavorava sì, ma non di gusto.
Per quanto la sua falce avesse ancora la lama ben lucida si sentiva
Lei arrugginita. E soprattutto scoraggiata dal fatto che suo cugino,
il Fato, si intromettesse nel suo lavoro costringendola a fare gli
straordinari, operando in modo meccanico, senza doverci pensare sopra
e soprattutto senza poter combattere. Certamente, come accade a tutti
i dipendenti, il committente (che le era sconosciuto e a cui quindi
non poteva porgere le sue rimostranze) aveva disposto così, proprio
come aveva scritto il Divino Poeta “Vuolsi così colà dove si
vuole ciò che si puote e più non dimandare”: quello sfrontato che
si era permesso di fare una crociera nei suoi regni parlandone (e
sparlandone) a suo piacimento.
Questa riflessione di Donato Salzarulo sui – potremmo dire – dilemmi psichici di uno dei “moltinpoesia” s’appoggia ad una autolettura di “Soffioni boraciferi e altre poesie” (qui). Pur proseguendo il filo dei commenti sotto quel post e rispondendo ad alcune mie obiezioni, ha una sua autonomia e ampiezza che giustificano la pubblicazione in un post autonomo. [E.A.]
Ogni tanto mi faccio palombaro
di me stesso, do uno sguardo alle correnti
sottomarine, al guizzare di alici,
tonni, scorfani e sardine. M’aggiro
per un po’ tra le barriere delle mie
isole coralline… Continua la lettura di Scena di soffioni→
Il convesso clamore dei galli sui campanili
e gli applausi granulosi di deserti informi
favoleggiano di divinità su crateri fratturati.
Sfasciati i gobbuti universi di Quasimodo. Continua la lettura di Tre poesie→