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Il guaio con la scienza

di Paolo Di Marco Continua la lettura di Il guaio con la scienza

Sraffa, il valore, il lavoro

SECONDA PARTE CON APPENDICE

di Franco Romanò

Torniamo ora alle lezioni di Sraffa. Le abbiamo lasciate in un momento che possiamo ancora considerare un preambolo, che continua con una divagazione che riguarda in particolare Adam Smith e i presupposti della sua ricerca, che Sraffa vede nella necessità di attaccare il mercantilismo. Nel prosieguo, il discorso si allarga alle concezioni filosofiche ed è proprio su questo argomento che Sraffa fa questa affermazione:

… Dobbiamo ricordare … la differenza fra la moderna e nostra concezione della legge naturale e quella che ne aveva Smith … Noi concepiamo la legge naturale come il modo in cui una particolare classe di eventi si verifica, tale che essa non possa avvenire in nessun altro modo. Per Smith la legge naturale è una sorta di forza esterna direzionata verso fini benefici e armoniosi, ai quali è tuttavia possibile sfuggire, a condizione che si diventi però passibili di una sanzione … Tale nozione è particolarmente adatta quando una particolare politica chiamata in causa deve essere rappresentata come una legge naturale, in un modo cioè che la moderna concezione di legge naturale rifiuta. Continua la lettura di Sraffa, il valore, il lavoro

Riflessioni rapsodiche su “Il giardino dell’Eden”

di Franco Romanò

È consueto per il pensiero rivoluzionario immaginare l’utopia rivolgendosi al passato, specialmente quando il presente appare talmente desertificato d’avere almeno apparentemente cancellato tutte le tracce di utopie precedenti possibili. È quello che Walter Benjamin, nelle sue Tesi sulla storia, proponeva di fare in uno dei momenti più tragici per l’Europa alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale. Il filosofo tedesco aggiungeva però che occorre andare molto indietro nel tempo per ricercare i semi di una nuova utopia: Spartaco, oppure – citando Flaubert – resuscitare Cartagine. Il motivo, che si intuisce fra le righe di quello scritto così estremo, è che se si rimane troppo prossimi al momento storico che ci tocca di vivere, si rischia di rimanere impigliati, a volte senza rendersene ben conto, nelle code di pratiche politiche ormai esauste.

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