Nel novembre 1995 all’università di Siena per la commemorazione di Franco Fortini, morto l’anno prima (28 novembre 1994) seguii gli interventi tenuti da suoi amici e discepoli sulla sua figura e la sua opera. Tra tutti fui colpito da quello di Michele Ranchetti, tanto che scrissi una poesia (Abbiamo amato un poeta “fragile”). Nel 1996, dopo averlo incontrato in alcune riunioni del Centro Franco Fortini, gli scrissi una lettera, che andò dispersa. Gliela rimandai nell’aprile del 1997, dopo una sua amichevole telefonata e da allora iniziò tra noi un saldo legame. Leggendo i suoi “Scritti diversi”, che mi donò, e gli articoli che andava pubblicando su “il manifesto”, mi accorsi di quanto fosse forte la sua personalità, ben distinta e per certi versi in contrasto con quella di Fortini, che io seguivo da tempo e sentivo più vicino a me per la sua scelta marxista. E capii pure che la sua riflessione così radicale e critica sulla storia della Chiesa Cattolica e sulla psicanalisi mi aiutava a ridiscutere nodi irrisolti della mia esperienza sentimentale ed intellettuale stretta tra due crisi: quella della formazione giovanile cattolica meridionale e quella della militanza marxista degli anni ’70 al Nord. Il materiale che pubblico (appunti di diario, sunti di letture + alcune lettere) è abbondante e per alcuni sarà di gravosa lettura. Ciascuno scelga liberamente se e cosa leggere. Pubblicarlo per me è un atto di gratitudine alla sua figura non più prorogabile; e ho voluto – non so bene perché – renderlo noto entro la fine di questo terribile 2020. Se stimolerà altri a Rileggere Ranchetti, come non ho smesso di fare io anche dopo la sua morte, tanto meglio. [E. A.] Continua la lettura di Riordinadiario sul finire del 2020. Michele Ranchetti