in «Lasciare un segno nella vita. Danilo Montaldi e il Novecento»
a cura di Goffredo Fofi e Mariuccia Salvati (3)
Suntino e stralcio a cura di Ennio Abate
Sì, siamo in un tempo che ha bisogno di «uno sguardo nuovo». Si ha l’ esigenza di una nuova riflessione su questo tempo e su Montaldi (pag. 79). La cui immagine sempre più assomiglia all’arendtiano “pescatore di perle” di Benjamin. Perché al filosofo tedesco Montaldi si rifà nel lungo saggio «Sociologia di un congresso» al centro di questo saggio di Mariuccia Salvati e perché anche lui amava le citazioni (pag. 93). Montaldi era ben inserito nel campo della ricerca sociologica che si andava consolidando anche in Italia. E lo dimostra questo suo resoconto del 1° Congresso nazionale di Scienze sociali che si tenne a Milano nel 1958. Non scendo nei particolari – nomi (Abbagnano, Ardigò, Bobbio, Treves, Pizzorno, Ferrarotti, Lombardi) o temi, come quello dei rapporti città/ campagna (pag. 98). Come fa invece benissimo la Salvati. Indico soltanto alcuni punti che mi hanno colpito o che conoscevo in maniera vaga: – l’ interesse di Montaldi per la sociologia religiosa (pag. 96); e, più esattamente, per il personalismo francese e la sociologia religiosa cattolica (pagg. 103-104) ; – l’amicizia duratura ma non senza screzi tra Montaldi e Pizzorno (pag. 100); – il ritardo della ricerca sociologica al Sud (pag. 102): «colpisce che […] Montaldi, per parlare di Mezzogiorno non possa che citare la letteratura», perché pare che «i sociologi italiani al Sud arriveranno dopo: dopo Banfield, dopo Putnam»; – la distinzione abbastanza netta che Mariuccia Salvati fa tra un Montaldi sociologo e un Montaldi «narratore- sociologo», quello delle «Autobiografie della leggera» (pag. 105).
Stralcio: