di Antonio Sagredo
Continua la lettura di Quartetto
“Parea ch’a danza e non a morte andasse
ciascun de’ vostri o a splendido convito”
Giacomo leopardi
Pudesse o instante da festa romper o ten luto
Sophia de Mello Breyer Andresen
di Antonio Sagredo
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“Parea ch’a danza e non a morte andasse
ciascun de’ vostri o a splendido convito”
Giacomo leopardi
Pudesse o instante da festa romper o ten luto
Sophia de Mello Breyer Andresen
di Antonio Sagredo
E così
non immaginavo…
così d’essere una maschera finale
e lo specchio di un principio
dall’anima… offuscati! Continua la lettura di Tholosae combustum
di Antonio Sagredo
Ti ho sentito
piangere dalla camera dove non ci sei
helle busacca
1.
Erano una vigilia pagana le sei colonne corinzie, e come un santo sui padiglioni miravo il volto tumefatto della Supplica e fra movenze cardinali s’inceppava il mio passo, ma nel suono dei sandali gli accesi ceri invocavano la cadenza di un ordine… la povertà su uno stendardo disegnava ecumeniche e sordide denunce. Continua la lettura di Cinque componimenti
di Lucio Mayoor Tosi
La maschera è un chiavistello sputa sentenze
per far ridere mentre insacca la sera. Angeli
stralunati nel bar, ali di quintessenza, dominio
sul tavolo da gioco. Notte. L’universo cammina
bordeggiando rovi. Non può rientrare, starà fuori
per sempre.
In casa – ma è un luogo questo? – tecnologie
di legno e metallo, sormontate da composizioni
di carta. Casa bunker: dopo la strettoia. Dove
vivono topi allegramente: santo, santo crocifisso
offrimi una sigaretta. – Pezzente! – Picchiatore fascista
dei miei stivali, giocatore delle paure – come potrai
fermare gli attimi delle la mie mani?
Sono non sono.
Parole generate da malware all’ombra paradise
del sistema balocchi, perfetta similitudine.
Dormi! Una dolce amica, dispensatrice
di bisogni elargirà amore terrestre. Non sentirti perso
stai solo girando su te stesso mentre il mondo
suona con rumori e bla bla di finestre. E’ un
continuo togliersi di dosso. Le dipendenze fisiche
son museali. Mancanze di prospettiva.
– Le butto lì come cenci.
di Ezio Partesana
“Gli anni, i luoghi, i pensieri” di Giorgio Mannacio
Se una poesia interessa solo chi l’ha scritta è una brutta poesia. Non importa quanto ci si dànni l’anima a cercare una giusta causa, umana, sperimentale, lirica semmai o semplicemente di buona volontà; senza quel piccolo miracolo che fa d’una poesia una esperienza una volta per tutte, è inutile leggere. E scrivere, naturalmente.
Nella moltitudine che va a capo ogni quattro parole – o tre o due – e dà forma all’esistenza sorretta dal sentimento, e che è convinta che una cosa tanto importante come la poesia non possa essere strapazzata sino a che non ne rimanga più nulla, ma non è disposta alla fatica dello studio né vuole sentir dire alcunché di tecnica, pazienza o misura, scompare qualunque universale e i versi diventano vetrina di quel che non si ha da dire, non si sa né si vuol capire. Continua la lettura di Trapassato prossimo
di Antonio Sagredo
in Appendice una nota di Ennio Abate
Il convesso clamore dei galli sui campanili
Il convesso clamore dei galli sui campanili
e gli applausi granulosi di deserti informi
favoleggiano di divinità su crateri fratturati.
Sfasciati i gobbuti universi di Quasimodo. Continua la lettura di Tre poesie