di Donato Salzarulo
Nella curva d’autunno c’è chi muore da solo. Intubato, affamato d'aria, dentro una gabbia di vetro.
di Donato Salzarulo
Nella curva d’autunno c’è chi muore da solo. Intubato, affamato d'aria, dentro una gabbia di vetro.
di Marco Marengo alias Mark Kemmler. Traduzione di Milena Rampoldi.
GIRASOLE
Verso l’ombra mi son voltato.
Potrà apparirvi strano,
ma l’oscurità mi ha salvato.
di Donato Salzarulo
Se incontro l’ombra che attrista il tuo viso, con questa torcia l’accerchio e confondo.
Oltre che al poeta, desidero fare un omaggio al Grandinetti professore. Per l’occasione desidero ripetere ciò che lui ha fatto innumerevoli volte. Prendere una poesia e spiegarla, parafrasarla, commentarla. In questo caso sceglierne una sua fra le 3.500/4.000 (fonte Luciano Aguzzi) scritte in quaranta anni, mi è difficile. Anche perché onestamente non le conosco tutte. Sceglierò allora quella che Abate (un altro suo attento lettore) ha pubblicato sul sito di POLISCRITTURE nel giorno della sua scomparsa. Immagino che Abate l’abbia scelta perché abbia sentito in quei versi qualcosa di definitivo. Forse l’immagine di un ritratto. Forse l’immagine di parole, pensieri e sentimenti che riescono a comunicare, una volta per sempre, un’identità. La poesia ha per titolo “OMBRE E VICENDE” ed è tratta dalla raccolta “DISAMORARSI D’ESSERE”.
Continua la lettura di Lettura di «Ombre e vicende» di Eugenio Grandinetti Poeterie
Chi parla in questa poesia che scrissi nel 2007? Una madre del Sud. Si rivolge al figlio immigrato, che ha dovuto portarla a morire in mezzo ai «muri di nebbie» di una città del Nord invece che «sulla spiaggia/vicino al mare». E placa il senso di colpa di lui: vada «per vie più soleggiate» e la sua «ombra» di madre lo seguirà sempre.
La leggerò domani sera, mercoledì 17 aprile, presso la Pieve di San Giuliano – piazza San Matteo a Cologno Monzese – nell’ambito della iniziativa “Stabat Mater” organizzata dalla Officina delle Arti.[E. A.]
Continua la lettura di Stabat mater/Morte della casalinga oscura
di Eugenio Grandinetti
Di questa recente raccolta di altre poesie di Eugenio Grandinetti, uscita nel novembre 2016 presso Youcanprint Self-Publishingt, presento una piccola scelta fatta a caso, come sfogliando il libro prima di entrarci dentro. La breve premessa e i titoli delle sezioni (Similitudini, Antiche e nuove moralità, inquietudini) danno il senso del libretto: una interrogazione tenace che sa di non trovare alcuna meta ma insiste e tiene alta e ferma la voce della poesia di fronte al nulla. [E. A.]
Premessa
Da tutti i sud del mondo, dove regnano guerre, miseria ed ingiustizie, gli oppressi cercano di scappare, spinti dalla speranza di un futuro migliore: dovranno affrontare un viaggio povero di meraviglie e ricco di pericoli in cui dovranno patire fatiche, fame, violenze e spesso anche morte; li attende una meta spesso precaria dove troveranno a volte commiserazione ma più spesso diffidenza ed ostilità.
Da tutti i sud del mondo, siano essi luoghi geografici o luoghi della mente, partono su barche fragili desideri che a volte naufragano ma quando riescono ad approdare,si accorgono che la meta raggiunta è solo provvisoria e che da essa bisogna ripartire per non perdere la speranza di poter trovare alla fine la meta desiderata.
di Giorgio Mannacio
L’ultima plaquette di Eugenio Gradinetti si articola in tre sezioni (Le presenze del bosco; Dissonanze; Dissolvenze). La prima si presenta anche lessicalmente in sintonia col titolo stesso della raccolta, ma già l’avverbio “ ed oltre “ che lo accompagna sembra suggerire che bisogna uscire dal bosco e piegarsi, volenti o nolenti, a più liquidi fenomeni di trasformazione (Il testo Pan, a pag. 11, avverte : “Vivere è solo metamorfosi “). Continua la lettura di Pensieri su “Nel bosco ed oltre” di E. Grandinetti
di Franco Nova
Da due ore ormai, ancor prima che cominciasse ad imbrunire, l’“uomo in ansia” era sotto il lampione all’angolo tra via Fontina e via Gattinara, camminando su e giù a scatti, fermandosi e ripartendo, voltandosi bruscamente non appena si allontanava troppo dal lampione. Girava l’indice tutto dentro il collo della camicia come si sentisse stringere la gola pur avendo la camicia aperta. Subito dopo si fregava freneticamente le mani; soprattutto il polpastrello dell’indice destro continuava ad incalzare il palmo dell’altra mano, rischiando di provocargli qualche lesione cutanea. Poi tentava di fermarsi mettendosi in equilibrio su un piede solo, ma resisteva due secondi, sbandava, si riprendeva e ripartiva a testa bassa come un toro infuriato in piena carica. Continua la lettura di L’uomo in ansia
di Roberto Bugliani
Se si fosse messo a rincorrere tutti coloro che gli passavano avanti nel gran circuito della vita malgrado avessero minori qualità di lui, ma incomparabilmente più di lui lo sprint grintoso e la capacità di farsi largo a gomitate, Settimo sarebbe diventato un redivivo Mennea e avrebbe finito i suoi giorni col petto della giacca ricoperto di medaglie come un eroe nazionale. Invece non degnava d’uno sguardo coloro che lo superavano con piglio agonistico e seguitava ad andare verso il suo tramonto a passo modesto, nella misurata compostezza di giorni sempre-uguali, allineati sul tavolo della vita come tante fotocopie. Forse perché era troppo schivo per accettare le loro sfide, o forse perché d’andature non ne conosceva altre. Continua la lettura di La vita non ha paracadute
di Ennio Abate
Guagliò, non devi rubare un carezza!
Puoi abbracciare, essere corpo baciato, non ladro che fugge nel suo batticuore.
Non prede da mordere siamo, ma continenti e possiamo combaciare.
Del piacere che bambino mi facesti provare
resta il ricordo d’una gelida sera sotto Natale
quando, per placare l’ansia che cresceva
col buio della sera e il ritardo di mamma Continua la lettura di Ombra inesplorata del padre mio