Poliscritture 3: presentazione
di Paolo Di Marco
a) Temi
complessità
La scienza ha due nemici insidiosi perché provengono anche dalla sue stesse file: l’analogia e la linearità.
Poliscritture 3: presentazione
di Paolo Di Marco
a) Temi
complessità
La scienza ha due nemici insidiosi perché provengono anche dalla sue stesse file: l’analogia e la linearità.
Un racconto siciliano
di Paolo Di Marco
Presentare Riina, questo personaggio rozzo che uccideva i nemici a mani nude come il capo della mafia se da un lato aveva una funzione lombrosianamente rassicurante: ‘vedete come il male si manifesta anche nei tratti’, dall’altro lasciava anche perplessi i più avveduti.
PER POLISCRITTURE 3
Il numero zero di POLISCRITTURE uscì nell’aprile del 2005. L’editoriale (qui) chiariva il progetto della rivista riassumibile in tre punti : – «pubblicare una varietà di scritture (di politica, filosofia, letteratura, poesia, arte, scienze e storia) comunque tese a ripensare una cultura (antica e nuova) della polis»; – mantenere un legame – dialettico e critico, non esteriore o forzato – tra politica e cultura, malgrado la consapevolezza che esse vanno separandosi e frantumandosi; – sintonizzarsi sul trapasso d’epoca che stiamo tuttora vivendo.
come i fenomeni sociali complessi seguano leggi semplici ma vadano capiti nella loro multidimensionalità
di Paolo Di Marco Continua la lettura di coalescenza: no-vax
l’ultimo presocratico
di Paolo Di Marco
un sommesso avviso: Rovelli è molto più chiaro e poetico di me, questo vuole essere solo un invito a leggere il libro Continua la lettura di “Helgoland” di Carlo Rovelli
di Paolo di Marco
complottismo?
I complotti, le congiure fanno parte della storia. Da Catilina e Cesare arrivando alla stagione delle stragi ne sappiamo qualcosa, è relativamente nuovo invece il complottismo. E’ diventato di moda da qualche decennio accusare di complottismo tutti coloro che contestano le versioni ufficiali di eventi traumatici: è successo in Italia con la stagione delle stragi, negli USA con Kennedy e 11 Settembre. Continua la lettura di Complotti: un grimaldello matematico
di Paolo Di Marco.
Questo articolo va collegato al precedente pubblicato l’11 novembre 2020 (qui) e fa parte di un più ampio studio dell’autore di cui si è riferito qui. [E. A.]
Per uscire dalla situazione attuale dobbiamo prima liberarci dai paradigmi sbagliati che ancora ci guidano, altrimenti ci troviamo come gli inglesi a combattere il virus con fucili e filo spinato. (v. appendice 1). Continua la lettura di Covid, appendice 2: homo sapiens anglicus, homo sapiens sapiens
Lettera aperta a Ennio Abate
di Rita Simonitto
Le denunce circostanziate e non ideologiche, le analisi puntuali e problematiche, i tentativi di interrogarsi sulle strategie politiche messe in atto per la gestione di una pandemia da Covid, che appare a molti contraddittoria e a tratti insensata, sono numerose anche sul Web. (Solo alcuni esempi: qui, qui, qui, qui, qui). Questi scritti richiederebbero letture impegnative e gruppi di riflessione che oggi sono quasi inesistenti. Vengono perciò presto dimenticati o sono facilmente sovrastati dal rumore di fondo dei mass media. Questi forniscono esclusivamente valanghe di notizie emotive tese ora a rassicurare ora a impaurire. E sono queste purtroppo che i social riecheggiano o entrano nei discorsi quotidiani. Poliscritture ha pubblicato vari contributi sul tema della pandemia ma si fatica – è bene dirlo – a ragionare e a comprendere in profondità i mutamenti che stanno avvenendo a tutti i livelli esterni e interni alla vita organizzata delle popolazioni. La Lettera aperta di Rita Simonitto è un generoso tentativo di rilanciare una riflessione intermittente. Ricostruisce criticamente la cronaca degli ultimi mesi, denuncia le responsabilità politiche di governo e opposizione, testimonia vivacemente un disagio che è di molti e la volontà di non rassegnarsi. Ripropone anche, senza farla esplicitamente, la domanda più difficile: cosa si può fare di più e meglio? [E. A.] Continua la lettura di Su le mascherine. Ma giù la maschera dell’ipocrisia
di Paolo Di Marco
Nel 1887, per nutrire le truppe che invadevano l’Eritrea, l’Italia portò buoi dall’India; insieme ad essi arrivò anche il virus della peste bovina. Dieci anni dopo il 90% dei bovini dell’Africa, immunologicamente vergini, erano morti, insieme alla gran parte degli altriungulati; nonostante il tentativo degli inglesi di fermare il virus coi fucili e il filo spinato. Un terzo degli Etiopi e due terzi dei Masai morirono di fame; mancando gli animali da pascolo il terreno venne invaso da cespugli spinosi, pessimi per i bovini ma ottimi per le zanzare tse tse e i loro tripanosomi; la malattia del sonno si diffuse a dismisura tra uomini ed animali.[1] Continua la lettura di 133 anni fa