di Ennio Abate
Ho letto poche ore fa la notizia: “È morta, la notte scorsa, Rossana Rossanda. Giornalista, scrittrice, cofondatrice de Il Manifesto, ha attraversato da protagonista la vita della sinistra e dell’intero paese da Dopoguerra in poi. Aveva 96 anni”. (Gli Stati generali su Facebook). Nei prossimi giorni leggerò altri ricordi e giudizi su di lei e li mediterò. Per me resta l’amica/sorella antagonista di Fortini e considero gli scritti di entrambi indispensabili per indagare l’enigma tragico del comunismo. Qui sotto alcuni appunti del mio diario in cui ricorre il suo nome.[E. A.]
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I Quaderni di Italo (senza numero)
di Italo Lo Vecchio
[Ultimamente Italo è stufo d’ogni cosa, senza più voglia di fare. Lui addebita tutto questo alla nemesi del suo cognome, giustificando così il suo comportamento. Conoscendolo un po’, io ritengo invece che la sua stanchezza, che lo sta portando a prendere in considerazione la possibilità di smettere di scrivere, più che fisica sia conseguenza dell’aver riconosciuto la sconfitta subita nella battaglia delle idee, come si diceva una volta, in cui s’era cacciato con piglio da fustigatore. Sconfitta che in lui ha maturato la convinzione della totale inutilità di seguitare a riflettere criticamente sulla politica e la cultura italiana. E’ la cecità della gente, lui direbbe “il popolo”, ad alimentare il suo pessimismo; è la sordità degli intellettuali che per mandato dovrebbero aprire gli occhi alle persone, ad avvilirlo.
E questi appunti che gli ho sottratto, incompiuti più che frammentari, mi sembrano riflettere l’attuale suo stato d’animo. R.B. ]
I due compari
di Roberto Bugliani
[Qui si parla del ’68 e di due suoi leader alle prime prove in una città italiana facilmente identificabile per la sua prestigiosa università. Lo si fa attraverso il filtro di due archetipi dell’immaginario letterario nazionale ( e non solo). Con sottile ironia. E la memoria ben solida in Italia della fiaba collodiana agevola l’operazione. Che sotto sotto resta amarognola per l’autore e per noi. Perché a fare le spese degli intrighi dei due loschi personaggi qui messi alla berlina è il Pinocchio-Movimento. Che fu fin troppo fiducioso – lo sappiamo col senno di poi – nella potenza delle operaie «mani callose» e ignaro di quanti forti e diffusi (ovunque) erano ( anzi sono) i comportamenti servili, omertosi e complici coi potenti, su cui la politica “alla Volpe” sa far leva. Specie quando manca il “Lione”. Ma questa sarebbe un’altra storia e si uscirebbe dalla fiaba. (E.A.)]
La Volpe era in realtà un lupo. Aveva il muso, le zampe, il pelo, la coda da lupo. Ma lo sguardo, che è l’avamposto dell’animo, era quello d’una Volpe, una Volpe un po’ particolare, che suppliva alla carenza d’astuzia con una furberia sempre alla ricerca d’espedienti e scappatoie, divenuta proverbiale tra gli iscritti al Partito in cui militava. Continua la lettura di I due compari