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Ricordando Pietrantonio Arminio

di Ennio Abate

Pietrantonio Arminio  non è più tra noi dall’11 dicembre 2015.  Annunciammo  la  sua morte qui. Amico  di Donato Salzarulo e suo compaesano era diventato  anche un po’ nostro amico. La profondità della loro amicizia è testimoniata dai “dialoghi semimuti” che, muovendosi tra visionarietà ( Pietrantonio: “Nella mia mente il tutto si configura come una sorta di altare con gli elementi fondanti di un aggregato umano…Sembra inciso direttamente dalla luce…”) e richiami alla materialità ( Donato: “lo riporto alla materialità dell’opera. L’unità della composizione è data dai materiali usati: ferro, nylon, legno.”) si possono leggere qui.
Senza la forza che un’amicizia vera dà,  credo  che Pietrantonio, già  “privato della voce e costretto alla scrittura” o a far ricorso ogni tanto al linguaggio dei gesti e a scrivere, più o meno velocemente, su fogli, ora sottolineando una parola, ora scrivendola in stampatello ora cancellandola per cercare il termine più espressivo o più esatto”, non avrebbe trovato la forza di parlare della propria arte poliedrica  (scultura, pittura, fotografia) con tanta lucida passione, malgrado l’incombere della malattia. E Donato sarebbe stato  più  esitante “a parlare con [Pietrantonio], a sforzarsi di capire, a porre domande, a ripetere concetti e a parafrasare, tenendo il più possibile sotto controllo la [sua] angoscia da empatia”.  Entrambi  diedero un bellissimo esempio di umanizzazione del dolore e di pacata resistenza alla morte che sempre ci assedia.

Per riportare l’attenzione su Pietrantonio Arminio e la sua opera, pubblico un’accurata  ricostruzione della  sua carriera artistica,  una rassegna delle mostre delle sue opera quando Pietrantonio Arminio era in vita, delle retrospettive curate dopo la sua morte e una bibliografia. Continua la lettura di Ricordando Pietrantonio Arminio

Arie d’Irpinia. Il vento nelle cose.

Conversazioni con Miza

di Donato Salzarulo

1.– Durante l’estate sono andato spesso a Lacedonia, a casa di Michelina Di Conza (in arte MIZA). Ho imparato facilmente la strada. In questo paese ho frequentato dal 1963 al ’67 l’Istituto Magistrale e qui avevo una sorella di mio padre e una sua cugina residenti. La zona è quella che gli abitanti chiamano “del padreterno”. Per chi come me viene da Bisaccia, occorre restare sempre sulla statale 303. Attraversato il paese fin quasi alla scomparsa dell’abitato, all’apparire dell’indicazione per il cimitero (dal finestrino s’intravede il filare dei cipressi), bisogna svoltare a destra per la mesta stradina. Appena imboccata, però, la si deve abbandonare per l’altra che si origina quasi nello stesso punto e che conduce verso la collina: è quella per la contrada Carducci («I cipressi che a Bolgheri alti e schietti»). Salendo, a sinistra, spunta una schiera di villette. Sul cancello di quella di Miza e del fratello si legge in stampatello il nome dei genitori: DI CONZA GIOVANNI – PANNO ANNA.

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Vienimi in sogno spesso, amico mio, aiutami

bisaccia di avellino
Piazza del Belvedere a Bisaccia di Avellino

di Donato Salzarulo

«Il mondo non c’è più, io debbo portarti».
(Paul Celan)

 

Ogni volta è la fine del mondo,
la fine di un mondo.
Ogni volta unica irripetibile traumatica.
Come unica irripetibile traumatica è la fine
di questo mio fraterno amico,
preziosissimo amico.
È come affacciarsi su un baratro,
un vuoto che risucchia,
una vertigine scioccante,
un enigma che si svolge in piena luce
e lascia addosso (dentro, dappertutto)
una sensazione profonda di perdita,
un silenzio gigantesco,
un’assenza incolmabile,
una mancanza insanabile. Continua la lettura di Vienimi in sogno spesso, amico mio, aiutami

In morte di Pietrantonio Arminio

Pietrantonio Arminio

Oggi 12 dicembre alle ore 15.30 a Bisaccia (Avellino) i funerali 

All’inizio metteva insieme i cocci di gigantesche anfore. «Utero materno ed urna cineraria», mi disse una volta. «Ma anche vaso di Pandora» aggiunse col suo tipico gusto dello spiazzamento e dell’accostamento insolito. Certo. «Più banalmente: anche contenitori di olio e peperoni sottaceto…» gli risposi io. Sorrise. I piani del reale, del simbolico, dell’immaginario nella sua arte sconfinano. La giara è tutto quello che vuoi che sia: un luogo per la nascita e la morte, per la conservazione e il nascondimento; un grande oggetto da rimettere insieme e ricostruire.

(D. Salzarulo, Il bisogno del lupo, qui)

Il bisogno del lupo

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Testimoni muti

DIALOGHI SEMIMUTI CON PIETRANTONIO ARMINIO

di Donato Salzarulo

 «Fratello, ti do noia ora, se parlo?»
«Parla: non posso prender sonno».
G. Pascoli

 1 – Spesso, quando arrivo, Pietrantonio non c’è. È su, nelle stanze al primo o al secondo piano della casa di via Forno Giardino. È quella in cui è nato ed è quella che più di tutte è stata trasformata dalle sue mani e dalla sua intelligenza artistica. Vi ha portato la luce. Quella naturale, dell’alba, dei mezzogiorni e dei tramonti. E quella dell’arte che sa coniugare bellezza e funzionalità. Continua la lettura di Il bisogno del lupo