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Geno Pampaloni: «I giorni in fuga»

di  Donato Salzarulo

Amo le letture casuali, selvatiche. Amo i libri che mi ammiccano su una bancarella o addirittura per terra, su un tappeto. Impensati e imprevisti. Come questo Geno Pampaloni, apparso sotto i miei occhi sul lungomare di Pietra Ligure, mentre vado a comprare i giornali in quest’ultimo sabato di febbraio. Sta lì per terra, in compagnia di Luciana Littizzetto. Ma cosa ci fa uno dei più autorevoli critici letterari del Novecento con la simpaticissima Lucianina? Cosa ci fa un morto con una viva?
Due passi avanti, cammina una signora col marito. Vede il libro della Littizzetto e per un euro lo tira su e lo porta via. A mia volta estraggo dalla tasca il borsellino, cerco un euro e porto con me «I giorni in fuga», un Coriandolo Garzanti del 1994, quando c’erano ancora le lire.
Acquisto solo libri che mi risuonano dentro per una qualche ragione. Questo ha un’eco nella mia mente perché so chi è Geno Pampaloni, poi perché i nostri sono tempi in cui la critica letteraria se la passa malissimo e, infine, perché non ho letto il libro.
Ora che ce l’ho tra le mani, comincio subito a sfogliarlo. Continua la lettura di Geno Pampaloni: «I giorni in fuga»

Poesia e presente

Preparando una replica a “Il poeta Bovary” di Matteo Marchesini (4)

di Ennio Abate

Sempre a supporto della riflessione sulla poesia contemporanea messa in moto dalla mia lettura del testo di Matteo Marchesini, ripubblico un mio intervento  al  Convegno della rivista di Massimo Parizzi, “Qui. Appunti dal presente” – Milano, maggio 2005. Continua la lettura di Poesia e presente

Poesia Moltitudine Esodo

Tabea Nineo, Partenti

Preparando una replica a “Il poeta Bovary” di Matteo Marchesini (3)

di Ennio Abate

Questo lungo saggio era comparso sul n. 7  inverno 2003/ 2004 della rivista INOLTRE edita dalla Jaca Book. Pur silenziato da poeti e critici allora operanti –  quasi tutti hanno preferito poi andare in direzioni   opposte all’ipotesi di poesia moltitudinaria e esodante da me proposta alla discussione –  lo ripubblico  in questo cupo 2023. Come documento di riflessione. Esistono ancora minoranze o singoli che non si sono rassegnati alla cancellazione di  ogni dialettica tra poesia e politica. Malgrado la crisi di entrambe. E prima o poi bisognerà pur  venir fuori dai pantani dell’iperspecialismo pseudo-accademico o  della spettacolarizzazione  dell’io liricheggiante in cui in troppi si sono cacciati. Continua la lettura di Poesia Moltitudine Esodo

Preparando una replica a “Il poeta Bovary” di Matteo Marchesini (1)

di Ennio Abate

Prima di rispondere in modo meditato a quest’articolo comparso sulla pagina FB di Matteo Marchesini (qui e in Appendice) pubblico questa mia poeteria sul tema del luglio 2015.

Continua la lettura di Preparando una replica a “Il poeta Bovary” di Matteo Marchesini (1)

delivery

di Luca Chiarei

Suona alla porta oggi il delivery e consegna a domicilio perché in tempo di guerra è bello scrivere poesie è quasi spontaneo è naturale siamo tutti concentrati a conservare la concentrazione quando la consegna è quella delle bombe – anche gli spinaci per braccio di ferro, se ci fosse sempre una guerra quando c’è, virgola, sarebbe bello per i poeti domani accarezzarsi lungo il pelo ma ora c’è il delivery, l’ho già detto, delle bombe quelle vere quelle della fine e dell’inizio perché è il tempo che brucino ancora i bambini, quelli di Dresda come fiammiferi, motori bifuel ma ora facciamo il punto. facciamone due: ho provato anch’io, con l’io poetico, con il soggetto da tramortire a circoscriverne una e la pensavo mentre ero alle prese con tartaro da ablare gpl, meglio metano? da cercare – che non è una magia da orti urbani ma poi non sono riuscito, avevo le mani in pasta e sporche di flussi di coscienza che sono già passati 40 anni dalle mie obiezioni ai mondi, ai blocchi, ai muri, alla leva ai servizi militari punto e virgola; tutto questo ora non ha nessuna importanza allora basta una bella prosapoetica poesiainprosa prosainprosa – ma è poesia o non lo è – mentre si svegliano i neutroni, i nuclei, resurrezione delle fissioni virgola cadranno i canini e le gocce di collirio. punto senza a capo non aspettiamo qualcosa da fare, che fare? scuciamoci le schiene, sfiliamo le vertebre schieriamoci dalla parte giusta versus dei giusti governi tecnici – per le costituzioni antifasciste perché il mondo è una arancia da spremere la gente è una arancia da spremere spazio mentre file di elefanti attraversano quello che si deve attraversare navigando nel silenzio degli incroci e non sarà sufficiente il sangue sui semafori e nessuna rima nessuna sinestesia definitiva della morte -sono sempre i bambini tagliati fuori ad aspettare diventare grandi schivare le macerie gli indici di borsa i capitali in fuga – con cani senza guinzaglio e cappotto – con quelli della Nato – con il resto degli imperi a fare aria

Riordinario 19 marzo  2022

 Guerra in Ucraina. Scambio sulla pagina FB di Giovanni Cominelli

di Ennio Abate

Andrò avanti a pubblicare il Riordinadiario delle ultime settimane, ma lo farò a salti e senza rispettare l’ordine cronologico. Più avanti (forse) cercherò di capire il perché di questa scelta (d’emergenza). [E. A.]

Continua la lettura di Riordinario 19 marzo  2022

Dieci poesie

di Umberto Di Donato

Prima dei versi, qualche considerazione in via preliminare-.

*
Usciamo da un equivoco: si afferma che chi scrive vuole farsi leggere. È vero, ma dipende da chi. Per quel che mi riguarda, condivido totalmente ciò che Mandel’štam dice benissimo nelle poche pagine del saggio Sull’Interlocutore. Completando il quadro, aggiungo soltanto che alcuni profeti, spirituali, maestri da strapazzo, riconoscono alla poesia doti universalmente salvifiche, qualità magiche, terapeutiche, curative, basta mettersi all’ascolto. Io non ci credo, l’universale puzza di complotto, ed in più dico che il poeta non è la poesia, ma compone poesie, ripeto, non è la poesia, così come una fonte non è l’acqua. È quest’ultima che noi dovremmo bere, non la cannella. I poeti che profetizzano, che salvificano, che fanno sermoni, in realtà vogliono essere bevuti; e possiamo noi lettori in verità non soddisfarli!? Ora, ponendoci dal punto di vista dei singoli testi, gli unici a dare qualche minima certezza, si può sostenere che se non vengono letti non hanno vita? Non lo so, ma comunque è un loro problema, non il mio, ed in definitiva non di chi le scrive. 

**
Il gesto, l’azione senza frutto, un interlocutore ipotetico, un altro me. Lotta serrata alle piccole vanità. 
Mi preoccuperebbe molto sapere che un mio testo possa emozionare chi frequenta i teatri, i cinema, i festival, gli eventi, i luoghi deputati alla cultura. Anche il libro è un luogo deputato. Il libro non è l’opera, è un supporto, e la possibilità della fruizione attraverso il supporto influenza la collocazione, la distribuzione, induce ad organizzare i singoli testi nello spazio del commercio. Io stesso ho commerciato nella mia preistoria testuale, soggiogato dal libro/supporto e pensandolo nelle mani di qualcuno. Ho recintato, secondo una logica indotta dall’esterno, dodici anni di esperimenti in quattro libri che materialmente non esistono ancora: Motore a combustione interna (1993-2002), Fossa comune (lugliosettembre 2001), Per fortuna non lavoro (2003), Reo confesso (2003-2005). Ormai il danno è fatto.

Vigliacco! 

Poi ho capito. Niente più organizzazione, sequenza esclusivamente cronologica. Massima concessione: titolo alla sequenza per connotare l’arco temporale, per connotarlo a me (ma non ne sono ancora certo). Ridurre al minimo la schiavitù. 

Nel 2004 scrissi questo testo:

“In verità è il poeta che ammazza la poesia, la violenta, la percuote, è la sua voglia di piedistallo. Quando il poeta contemporaneo va in televisione, ed aspira ad andarci, viene schiacciato nei ritmi serrati della distruzione scientifica, della telecamera crematoria. Poi la pubblicità, che rappresenta il momento in cui l’immagine si sposta dalla piramide dei cadaveri al fumo delle ciminiere di Auschwitz.

Anche nel libro vive lo spirito del gulag, del lager: l’ordine, la disciplina, la sequenzialità degli atti, le sezioni, multipli e sottomultipli; la morte. Ma è una morte che ha in potenzialità la sua resurrezione. Per me il libro, cioè quel tanto d’ordine che si cerca di dare al naturale spirito da fuggiasco del poetare, è il box con recinzione morbida in cui si mettono i bambini. Essi stanno lì, giocano, piangono, si aggrappano alla rete, ma siamo certi che cresceranno, che supereranno il varco. E poi il filo spinato/copertina non è attraversato dall’elettricità. Toccandolo non si corre il rischio di essere folgorati.”.

Adesso lo integro e lo supero nella direzione sopra esposta.

1

Il mio è un lavoro di concetto,
ma so che alcuni
lavori manuali sono
davvero tremendi per cui penso
che tutti vogliono andare in ufficio.
Invece no: «mai otto
ore in galera, meglio
spargere col caldo nero catrame».
 
Il problema non è il concetto oppure il manuale,
ma quell'otto,10,12,
così come sei ore a scuola [e che strazio fu per me la scuola!].
 
Riformare: competenze, competizione, i migliori,
che nove volte su dieci non sono
figli di poveri o quasi poveri.
Sburocratizzare: che vuol dire
sostanzialmente tagliare senza
risolvere il problema perché i tempi
lunghi sono nelle procedure.
 
Io ho risolto in questo modo:
ho un impiego, ma non lavoro,
o comunque lavoro poco
-e per piacere non si sparga
troppo in giro la voce-.
 
Desiderare un lavoro. Incredibile!
 
«Che lavoro vuoi fare da grande?».
Così comincia presto la rovina.
 
Io volevo fare il terrorista, ma poi
ho ripiegato sul pubblico impiego.
 
Chiedo comunque aiuto.
 
Bisaccia, 02.04.2021, ore 09.00-09.30, stanzetta, in tv si parla di lavoro e di riforme.




2
 
I versi che scendono troppo
nel presente hanno di certo vita breve.
Ma non importa,
nun me ne fréca pròbbie niénde.
 
Morire violentemente mentre si lavora!
 
Io sto lavorando, seduto, senza
gocce di sudore sulla fronte.
 
Si lavora non più solo  
per mangiare, ma per tanti
piccoli bisogni singolari.
 
Ipocrita! Eppure la mia
colpevolezza è poca cosa
rispetto a chi dirige/arricchisce/imprende,
governa o vuole governare
[poca cosa ho detto, si badi,
e il poco è un essere comunque].
 
Amministrare il contingente, va bene, è giusto,
ma un po' si può pensare
-dico un po', un nonnulla- a come lavorare tutti meno,
ad alternarci tra fabbrica e concetto, a costruire
guardandoci negli occhi quel futuro
che a me non appartiene?
 
Non ci serve più governo,
ma un governo amorevole che dica:
«non avete bisogno di me».
 
Non capisco, non avviene nulla.
 
Io ho un programma, minimo, di annientamento,
velleitario forse, ma sincero.
Al momento ho convinto solo tre persone.
 
Il suo nome ha origini
polinesiane e significa
godersi il tempo libero.
 
Incredibile la beffa!
 
Grosseto, 06.05.2021, ufficio, ore 11.30-12.00 circa, pensando a Luana morta sul lavoro, e pure a quiru pòveriéddo re Peppino.
 


 
3
 
Vedo vari gruppi, coppie, famiglie, amici.
Il tempo libero,
il che significa che la rimanente
parte del tempo libera non è. Giusto?
 
Cosa si fa nel tempo libero?
Niente di libero ovviamente:
centri commerciali con acquisti pilotati,
bevute e cene in cui
si è delle comparse, relazioni
con sceneggiatura sottostante.
 
Non si tratta neanche più di massa
-e stiamo parlando di una massa grassa-,
o di società del consumo;
melma, melma, melma.
 
Non è la cultura che manca,
o le buone letture
-esiste anche la melma colta-,
manca l'uomo, l'uomo dignitoso,
lo schiavo che sa di essere
tale per merito delle bastonate.
 
Schiavo anch'io, ma voglio andare in miniera,
che siano torture tutti i giorni.
Non so cosa farmene
di questa schiavitù con l'aperitivo,
con visita guidata nei musei,
della promozione fasulla dei diritti,
del patrocinio di ministri ed aguzzini.
 
Anche la banca, che già ruba l'altro tempo,
vuole il mio tempo libero e mi scrive:
«Ciao, hai pensato alle prossime vacanze?»,
(ma io e la banca da quando siamo amici?
-memorandum: prosciugare il conto-).
 
Ma dove sono finito?
 
L'unico tempo libero che mi aspetta
inizia sulla soglia del cimitero,
... e meno male.
 
Grosseto, centro, 13.05.2021, ore 19.00-19.30 circa.
 
 
 
 
4
 
Pose il comune in memoria dei caduti
del quindicidiciotto: sei persone
"che con sacrificio onorarono la patria".
Chissà se lo rifarebbero,
se pensano ancora di aver onorato!
 
Anche questa è una radiosa giornata di maggio,
e si dice che siamo in guerra
contro un nemico invisibile.
I miei nemici al contrario sono
onnipresenti e mi guardano storto.
Mi considero in una fase da categorie del politico,
e devo difendermi purtroppo
-anche da questo cane, da questi gatti,
da questi uccelli provinciali.
 
In linea d'aria il mare è vicino, 
vedo il Giglio, qualche vela,
la città sfavillante nella piana.
Il borgo medievale
naturalmente è tutto pietre,
archi, vicoli e mattoni.
 
Silenzio! Il paese vive
prepotentemente in me.
 
In realtà dovrei fare l'asceta, dovrei
compiere il passo decisivo come già
feci mille anni fa; sono caduto
tante volte, ma non in guerra,
e tante volte ancora cadrò.
 
Non posso credere che oggi
lanciano bombe invece
di abbracciarsi felici e fare un picnic.
Cosa trattiene tutta quella gente?
Anch'essi vogliono onorare?
 
Terra santa? Dite?
 
Mi rendo conto solo adesso
di essere seduto in Vicolo
della Saggezza, 2 ... -ed io pensavo che fosse cieco-.
 
Bene, bevo, riempio
le borracce e riprendo a pedalare.
Il ritorno è quasi tutto in salita.
 
Montorsaio, 15.05.2021 ore 10.00-10.30, panchina, notizia bombardamenti in Palestina.



 
5
 

Un clima, un momento, un'aria
che anticipa e che presuppone;
intorno a me, meglio:
su di me come una muta.
E quindi un ritmo, interno,
sereno, serrato, da qualche parte,
emerge e pian piano s'impone.
 
Scelgo di dare o di non dare corso.
 
Poi sarei figlio del mio tempo, della mia epoca.
Ma lei di chi è figlia?
Ha vita propria oppure
è un congegno creato per sfinire?
Cosa vuole da me?
E se la misura della mia vita
fossero i millenni a quale
epoca apparterrei?
 
Schiavo di tutto,
...
se già nelle strutture
del linguaggio si annidano il potere,
la gabbia e la prigione; quindi
si consiglia di sabotare la sintassi,
di attaccare dall'interno ma per molti
interno significa cravatta.
 
Sabotare il linguaggio a mio avviso non si può.
Neanche col silenzio.
 
Già che ci siamo perché non ai ceppi?
 
Così è la muta -non la musa-
che mi viene in soccorso, che mi affranca, che mi aiuta.
 
"Con potete culo quelle pulirvi il bandiere".
 
Non sono riuscito a dargli torto
-pur nella la normalità della sintassi-.
 
Bisaccia, 02.06.2021, festa della repubblica, stanzetta, poi la voce di un contestatore, ore 12.30-13.00 circa.
 
 
 
  
6
 
Seduto sotto il tiglio sto pensando,
rimuginando, ma non dovrei.
Non renderò quest'albero sacro, e credo che oggi
non m'illuminerò -nel senso del Buddha intendo-.
 
Non illuminato, ma comunque tranquillo.
Estendere questo stato, isolarmi, stare solo.
 
Devo risolvere il problema
del sostentamento: occupazione, reddito, stipendio.
Se mi licenziassi domani, pur riducendo
al minimo i bisogni -un tetto, mangiare e bere- non ce la farei.
Non so rubare, scassinare, investire in borsa,
non so ingannare. E allora?
E allora una bestemmia ci starebbe bene,
ma non Antonio però, il santo patrono
al cui cospetto tutto questo accade.
 
Non posso nemmeno farmi monaco,
prete perché dovrei
battezzarmi e tutto il resto
(e tutto il resto è in ogni confessione).
 
Pietrificarmi? Magari!
 
Il mio futuro, tolto lo svanire degli affetti,
è nel suicidio o nell'ascesi -in ufficio infatti
ho iniziato a meditare, concentrazione
su un solo punto-.
...
...
Ma cosa c'è?
Sembra che il vento adesso stia parlando:
«Perché non aspetti la pensione?».
 
Maledetto, vuoi provocarmi, vuoi litigare?
 
Calmo.
Un solo punto,
un solo punto.
 
Bisaccia, 18.07.2021, Convento, ore 10.30-10.45, più o meno.
 
 
 
 
7
 
Insomma ho provato, letto,
riletto, analizzato, pensato.
E allora anch'io
nel mio parlar voglio esser aspro[1]:
mi stanno con dolcezza inculando,
ma non ancora del tutto violato
ad un'azione cruenta sto pensando.
 
Se Dante il sommo celebrato
in parlamento, nelle chiese e nei bordelli,
ha condannato decine di persone,
perché non posso io desiderare
che qualcuno bruci vivo nelle fiamme
di un talk show televisivo?
 
«Bastardo, ti vaccineremo».
Povero me.
No pax.
 
Mi disturba tutto,
dico sempre le stesse cose
-ma le dico bene-,
ho raffinato le mie capacità
di analisi, di sintesi e la mia
forma non è poi così meschina.
L'amore non mi basta, i miracoli, la gioia,
gli appelli alla bellezza che si fa
puttana, consolazione e propaganda.
 
Non parlerò più con nessuno, ho deciso,
neppure con gli uccelli.
Io mi svago al tavolino e lavoro in società[2].
Visto che non sopporto più il lavoro
è tempo di tagliarlo nella parte
che non mi dà sostentamento.
 
Si, l'uomo è un essere sociale,
ma io credo non essenzialmente.
Non mi interessa cos'è nella sua essenza,
non ho voglia adesso di filosofare.
Mi basta evitare per il momento il fango.
...
Inizia così
il mio mediocre medio evo.
 
Grosseto, 12.08.2021, sul letto, ore 20.00-20.30 circa, rielaborando registrazione vocale.
 
 


8
 
Mio caro parliamone,
ma sii chiaro, diretto, schietto.
 
Desidero un milione di euro
-anche il porcospino lo voleva,
ma io coscientemente-.
La realtà mi assale,
e la realtà sono anche gli altri.
Poeti, filosofi e scienziati
non mi servono più a nulla.
Dove un po' di pace?
Forse in un bosco percorrendo un bel sentiero.
 
I sostenitori della realpolitik
non rompessero oltremodo.
Non sono confuso, o frustrato;
spesso i realisti affermano
che posizioni e posture tali
sono una forma di disturbo,
... o meglio: una forma d'impotenza.
Come se dovessi per forza dire
che la vita è vita ed è così com'è.
No, non lo dico e preferisco
subire, incassare, prendere legnate.
 
Quante parole, è un turbinio di bocche aperte,
un ammasso di coglionerie.
I giornalisti andrebbero tutti imbavagliati,
mi avvelenano il sangue.
Non lo posso permettere.
 
-Sessanta secondi di pubblicità-.
 
Monopolio della forza legittima.
Gira e rigira sempre questo è il punto.
 
Ma si, maledico tutti i miei contemporanei,
oggi mi è presa così; e per non dimenticare
che questa è una poesia faccio presente
che la pineta di fronte è come il colle,
l'orizzonte -neutrale- è mio compagno,
e il naufragar m'è dolce in questo stagno [zampilli d'acqua, tre papere, un ranocchio].
 
Vai, adesso mi sento meglio,
lo sfogo è servito. Ritratto 
la parte non lirica.
 
Grosseto, Parco Giotto, 23.08.2021, ore 19.00-19.30, più o meno.




9
 
Perché un essere umano,
un buon cittadino non dovrebbe
provare odio?
Dicono che odiare sia dannoso,
che questo sentimento è brutto,
peccaminoso. Stupidaggini!
 
Io di questi tempi odio, ed anche tanto.
Il treno è in ritardo, niente coincidenza,
sono mascherato, controllato,
divise ovunque e poi transenne, obliterazioni, tornelli.
È chiaro che non la finiranno più.
 
Oggi non farò colpi di testa (domani chissà),
ma fatemi almeno odiare.
Così, banalmente, prevedibilmente,
da intelligenza mediocre e luogo comunista,
mi vedo solo con un mitra in mano,
e di fronte a me tanti governi
in fila, sindacati, imprenditori, intellettuali.
Sono questi maniaci
dell'apparire, dell'emergere, gestire,
questi cultori della norma, dementi
seriali, democratici per finta, animali, vermi,
a tenerci adesso tutti sotto scacco.
 
Su, via, sono inerme,
dal punto di vista della prassi innocuo,
ma lasciatemi almeno sognare, vagheggiare il clic
creativo di un grilletto.
Tanto sparirò da questa vita senza colpo ferire.
Allora dite quello che vi pare,
già conosco l'apparato
retorico che mi si potrebbe
di certo contrapporre.
 
Detto questo,
io non mi rodo il fegato,
né ho del fegato.
 
Dopo tutto resto un moderato.
 
Roma, stazione Termini, 27.08.2021, ore 10.15-10.45, più o meno.




10
 
In certi momenti esprimersi è fatica,
e vorrei cedere il passo.
Ma non devo,
ma non posso.
Non sono irresponsabile come un dio,
ed ogni giorno è una piccola conquista.
 
Mi disturba la mia mortalità,
dover lavorare per nutrirmi
e per poter lavorare domani.
 
Edificare esige tempo.
 
Sono tormentato, di giorno e di notte,
ma non si tratta del tormento
ridicolo dell'artista. Sacrificherei
tutta l'arte del mondo
per un attimo di chiarezza,
per uno sguardo diretto sull'abisso,
sull'oscuro, sull'orrido e il melmoso.
 
Non ho risposte all'assurdo che c'è nell'esistenza,
e il volere non è potere in questo campo.
 
Formalizzare una volontà,
abbattere il mostro,
quello che ci opprime dall'esterno,
e quello che ci schiaccia dall'interno
-che poi è lo stesso mentre si diverte
 ad una festa di carnevale-.
 
Io non rivendico per me cose speciali,
quello che voglio lo voglio per tutti:
poche/nulle pene per il sostentamento,
e poi tempo, tempo, tempo.
 
Se un giorno si arrivasse
a risolvere definitivamente il problema
delle necessità materiali,
a risolverlo urbi et orbi,
resterebbe comunque quello
della mortalità. E qui saranno guai!
Si sarebbe tentati di dire
che le esperienze sublunari sono
un argine in qualche modo
(ed infatti non mi lasciano
disperare di certo a tempo pieno).
[  ]
A proposito di disperazione: oggi si va a votare;
ma io no, così da tempo ho deciso.
«Allora devi stare zitto,
non ti puoi lamentare».
E chi si lamenta.
Io affermo, io asserisco,
io subisco l'ordine
parlamentargovernativo.
Io sono incudine!
 
La rappresentanza non mi interessa,
e non voglio rappresentare.
Bocciato il pensiero liberale,
se considero il linguaggio di molti
autori marxisti mi manca il respiro.
Potrei anche condividere
molte cose, ma l'aria è tutto.
Così preferisco le soleggiate
scampagnate fuori porta delle dolci
correnti libertarie.
 
Adesso posso dirlo caro Errico,
e non si tratta di una semplice opinione:
tra una mite utopia e la cruda
certezza dei macelli scelgo
la prima e incasso.
 
Concludendo, noto che in tv
stanno da tempo sibilando i draghi;
io non sono (ahi me) l'arcangelo Michele,
ma dico amichevolmente ai miei nemici:
tenetevi il PIL,
scopatevi il PIL,
impiccatevi al PIL.
 
Grosseto, 03.10.2021, sul divano, ore 21.00-22.00.
 
 
 
 
 
 
 


[1] Dante, Commedia.
[2] K. Kraus, Detti e Contraddetti.