Su “Ogni vigilia è disarmata” di G. Mannacio
di Ezio Partesana
L’ultima
raccolta di versi di Giorgio Mannacio ha un titolo meraviglioso: Ogni
vigilia è disarmata – e non c’è nei testi, non c’è nelle rime.
Qualcosa gli rassomiglia, è vero, e si dà per scontato sia quello.
Eppure non c’è. Contro qualsiasi intuizione questa vigilia lascia
tracce in chi la vive ma non in chi la guarda; a morire si è sempre
soli e mai pronti. Hai un bel parlare – e Mannacio ha un parlare
bellissimo – di ricordi, di eredità e persino delle cose comprese,
dei fiumi che rendono memoria del bene fatto e cancellano gli errori,
quell’ascesa è cosa che non impareremo mai a fare. E non perché
ci manchi la fede o la speranza né la carità degli amici e degli
amori; quelli sono lì ad aspettare che si compia il trapasso e di
noi si possa finalmente piangere senza destare sospetto. Sono proprio
e letteralmente le armi che mancano: andando si lasciano tutte
indietro, e non ci si volta nemmeno. Ora io non so cosa si chiami a
raccolta in punto di morte, non sono ancora morto e chi ho visto
andare non me lo ha voluto confessare. Però una cosa è certa: dopo
qualcosa manca che non torna.
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