Archivi tag: poesia

Oh pezzo di me che fosti

Tabea Nineo, Bassorilievo in creta 36×35 cm, 1980 circa

di Ennio Abate

 Oh, pezzo di me che fosti
 solo tra gli impiegati e gli sbandati
 quando poesia era un ricamo privato
 e la storia eco o rombo lontano di mare
 e  respirasti in camere di pensione 
 addossato a muri e gente sconosciuta. 
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Antonio Sagredo, La gorgiera e il delirio

Schena editore

In questo libro (170 pagine) appena pubblicato dall’editore Schena di Fasano (Brindisi), Antonio Sagredo ha raccolto sue poesie scritte tra 2003 e 2018. Alcune comparse in questi anni anche su Poliscritture. Ne segnalo volentieri l’uscita, proponendo tre testi da Legioni, presenti ne La Gorgiera e il delirio; e in Appendice la Prefazione di Donato Di Stasi. Su questa per ora mi soffermo con brevi appunti. Per continuare la mia precedente riflessione sui componimenti di Sagredo e confrontarla con un altro punto di vista, rispettabile ma antitetico al mio. Perché? Di Stasi, invece di tenere le giuste distanze critiche dal poeta, incita i lettori ad accogliere senza riserve la ricchezza teatrale e folleggiante di questa poesia, che diventa tout court la Poesia: «Ai poeti bisogna chiedere di essere inquietanti e eccessivi, di seminare disordine e illimitatezza, di suscitare perplessità e di affilare costantemente il crinale del dubbio». Eppure proprio i suoi tratti fondamentali e specifici (la “mercurialità” delle composizioni, che a Di Stasi «appaiono oscure e lampanti»; la drammaticità elisabettiana del poeta alle prese con i suoi numerosi alter ego; la sua volontà di addentrarsi nell’«orrore» pur di esplorare un «Oltre che reclama di venire alla luce e di farsi materia vivente e corruttibile») andrebbero interrogati e approfonditi. Cosa implica l’adesione – ingenua o raffinata – alle mitologie dell’io poetico sagrediano: il «poeta-rospo» che si tramuta in «minotauro »? O al suo vitalismo: «si toglie le gramaglie del lutto e inneggia alla vita sfolgorante dei sensi e ai salti mortali della ragione»? Oppure a un indeterminato «Oltre che reclama di venire alla luce» e che, non ricondotto alla sua dimensione storica, parrebbe offrirci una «vita sfolgorante dei sensi», mentre più che mai la cronaca quotidiana ci mette di fronte a una sempre più preoccupante «vita offesa» (Adorno)? La “meraviglia” per la mostruosità del Presente può, appunto, pietrificare e annichilire. E, dunque, non di altri «salti mortali della ragione» avremmo bisogno. Semmai di una uscita dalla sua sonnolenza, che – come si dice – genera mostri. E di quel suo camminare con passo lento e misurato. Anche in poesia. [E. A.]

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Che bello fotografare

di Arnaldo Éderle

Da tempo Arnaldo Éderle aveva scelto Poliscritture come luogo ospitale per i suoi poemetti. E me li ha mandati, sempre più numerosi,  in questi anni che hanno preceduto la sua improvvisa morte. Avevo pattuito con lui che li avrei pubblicati mano mano, distanziati nel tempo. Tre me ne sono rimasti in lista. Questo sulla  fotografia stabilisce un confronto tra immagine e parola e ribadisce, proprio in un’epoca che la sta negando, la fiducia nel primato della parola poetica che « miracolosamente, salva lo spirito/ nella sua eternità». [E. A.]

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Su “Il tempo dei desideri” di Alberto Mari

di Giò Ferri

Mercoledì 3 aprile 1919 alle ore 18 presso la Libreria Popolare di via Tadino,18 – Milano, Angelo Lumelli e l’attore Roberto Carusi presentano il libro di Alberto Mari. Qui un’analisi da parte di Giò Ferri. [E. A.]

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Ricordando Eugenio Grandinetti

di Giorgio Mannacio

Ho chiesto a varie persone che hanno conosciuto Eugenio Grandinetti un ricordo o una riflessione sulla sua figura o sulla sua poesia. Ecco il primo contributo arrivato. [E. A.]

1.

Ho conosciuto Eugenio Grandinetti, recentemente scomparso attraverso la rivista Poliscritture ma ci siamo visti solo un paio di volte, credo. Nacque tra di noi una simpatia fondata su elementi poco significativi: seppi che era calabrese (come me) e, successivamente, che era cugino di un mio collega di lavoro. Nel contesto della rivista che ho ricordato ebbi modo di leggere alcune sue poesie che suscitarono un certo dibattito intorno all’argomento nichilismo/pessimismo. Ad esso ho partecipato anch’io. Posto che non posso e non devo ostentare una amicizia in senso stretto ma certamente una comunanza di esperienze poetiche e una partecipazione ad una sorte che accomuna tutti noi uomini, ho creduto di ricordarlo intitolando al suo nome le osservazioni sul tema che quella sua esperienza ha suscitato in me.

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A chi pianta un frutteto nel Giardino

di Samizdat 

In riferimento alla discussione in corso qui. [E. A.]

Caro Antonio Sagredo,
ti ringrazio, ma devo  dirti che per me non devi fare nulla.
Che il poeta – più che la Poesia – mangi in due piatti:
quello della storia e quello di una Cosa,
che viene pensata come « astorica, antistorica, protostorica, ecc» come tu dici,
me l’insegnò Fortini. Continua la lettura di A chi pianta un frutteto nel Giardino

Poeti (a Milano). Un’opinione


di Alberto Mari

E’ una visione della poesia italiana d’oggi volutamente circoscritta a Milano e abbastanza amicale. Ma forse  può riaprire una discussione. [E. A.]

Queste osservazioni riguardano la situazione attuale della poesia italiana, con particolare rilievo a un ambito milanese, finora in maggior evidenza sia come autori e case editrici.

Le principali fonti di queste iniziative restano ancorate a eventi ripetitivi che col passar del tempo appaiono come immutabili. In realtà nell’arco di anni una certa evoluzione c’è stata, anche se mancano a tutt’oggi adeguati supporti critici e una giusta discussione sulle forze in campo. Continua la lettura di Poeti (a Milano). Un’opinione

La felicità un po’ guascona degli zingari

Una nota su Claudio Lolli

 di Lorenzo Pinardi 

Persi le forze mie persi l’ingegno
che la morte m’è venuta a visitare. 
[Lamento per la morte di Pasolini]

Nell’introduzione ad un suo concerto, registrato nel novembre del 2000 presso la chiesa di San Lorenzo a San Vito al Tagliamento, Giovanna Marini rievoca un bellissimo ricordo. Nel febbraio del 1958 cominciò a suonare la chitarra classica nei salotti dell’intellighenzia romana e durante una di queste serate culturali, in una abitazione nei paraggi di Piazza di Spagna, mentre si prodigava nell’esecuzione di Bach attirò l’attenzione di un giovane con un bellissimo sorriso e la testa leggermente inclinata nell’ascolto. Continua la lettura di La felicità un po’ guascona degli zingari

E distolse gli occhi

 

di Arnaldo Éderle

E distolse gli occhi dalle care immagini
della parete sinistra e li rivolse
all’armadio grande che sta di fronte al letto.
Quella era la posizione che teneva sdraiato
com’era nel suo ampio letto con la testa appoggiata
a due cuscini. Da lì poteva guardare tutta la
camera e, come un immobile, godere della sua
ampia visuale. Continua la lettura di E distolse gli occhi