a cura di Pablo Luque Pinilla
El poeta es un condenado a la claridad y al canto1
Ángel Guinda nasce a Saragozza nel 1948. Vive a Madrid dove insegna Lingua e Letteratura in una Scuola Secondaria. La sua consistente opera poetica, esistenziale e minimalista, dagli anni ’70 a oggi è stata raccolta in riviste e libri di poesia. Ha scritto anche le raccolte di aforismi Breviario, 1980-1992 (1992) e Huellas (1992), i manifesti Poesía y subversión (1978) e Poesía útil (1994), e il saggio El mundo del poeta, el poeta en el mundo (2006). Ha tradotto diversi poeti: Cecco Angiolieri dall’italiano, Teixeira de Pascoaes, Florbela Espanca, José Manuel Capêlo e la poetessa brasiliana Ana Cristina Cesar dal portoghese, Àlex Susanna dal catalano. Negli anni ’70 fonda e dirige la collezione Puyal di libri di poesia e alla fine degli anni ’80 la rivista letteraria Malvís. Ha firmato centinaia di articoli di critica letteraria e critica d’arte sulle pagine dei quotidiani “Heraldo de Aragón” e “El Periódico de Aragón”. La sua opera in versi comprende i seguenti titoli: Vida ávida (1980-1990), Cántico corporal (1989), Conocimiento del medio (1990-1995), La llegada del mal tiempo (1995-1996), Biografía de la muerte (1996-2000), La voz de la mirada (2000-2001), Toda la luz del mundo (tradotto nelle lingue ufficiali presenti sul territorio spagnolo e all’interno dell’Unione Europea nel periodo 2000-2003), l’autoantologia La creación poética es un acto de destrucción, 1980-2004 (2004) e Claro interior (2000-2007). Attualmente è in corso di stampa l’edizione canonica della sua poesia completa, Poesía útil, 1970-2007. Un’ampia bibliografia dell’autore può essere consultata in rete all’indirizzo: www.olifante.com/guinda/biblio/index.html Spesso la sua opera ha ricevuto consensi unanimi sia tra i lettori che tra i poeti e i critici letterari, e ha ricevuto il “Premio Pedro Saputo de las Letras Aragonesas” per Biografía de la muerte. Alcune tra le più recenti e importanti antologie degli ultimi anni raccolgono i suoi lavori; tra queste ricordiamo: Antología de la poesía española (1966-2000): Metalingüísticos y sentimentales. 50 poetas hacia el nuevo siglo (2007). Come succede sempre nei casi di grande poesia, la sua opera affronta i temi classici più ricorrenti come il tempo, l’amore e la morte. Allo stesso tempo, la sua attenzione si dirige all’esplorazione metapoetica. Per quanto possa sembrare scontato sottolineare la validità di questi interessi, in realtà non lo è: basti pensare a come, nel nostro contesto attuale, vengano esaltati il nonnulla magniloquente e l’originalità priva di contenuto, in un atto di onanismo creativo che confonde il verso con lo spasmo, la letteratura con l’opportunismo dello spot. In maniera completamente diversa, invece, Ángel Guinda affronta la propria scrittura da una preoccupazione per l’umano, esasperata fino all’estremo della rottura del soggetto poetico, fino all’implosione stessa dell’io lirico. Questa scommessa è sostenuta anche da un grande rigore tecnico che si manifesta sia nell’impiego del verso libero che del poema in prosa o del verso sciolto (il più presente). Ma anche attraverso procedimenti espressivi come l’ellissi, il concettismo, la sinestesia e l’uso di un linguaggio attualizzato, convenzionalmente affatto poetico. Solo in alcune occasioni questo diventa più retorico o volutamente letterario; infatti, nella vita, fonte d’ispirazione di questa scrittura, vige il linguaggio nella stessa misura in cui, a volte, succede il contrario. In definitiva, una tematica e un’estetica che, tutto sommato, risultano radicalmente contemporanee. Per il resto, si tratta di un’opera che, come dichiara l’autore stesso, si specchia in quella di Jorge Manrique, Quevedo, Bécquer, Ungaretti, Montale, Quasimodo e Jaime Gil de Biedma; e si fonda su tre idee fondamentali, spesso riportate nei suoi manifesti, in interviste e presentazioni. Innanzitutto, la concezione della poesia come atto di distruzione; quindi la convinzione che, puntualizzando quanto affermava Nebrija che «si scrive come si parla»2 in realtà, innanzitutto, «si scrive come si vive»3 e la coscienza di marginalità di chi va alla ricerca di un lirismo profondo che condanna il poeta a illuminare il mondo e a cantarlo. Con la prima di queste idee, il poeta risulta uno “sterminatore” – come l’ha definito qualcuno – che cerca di liquidare l’ordine prestabilito per edificarne uno nuovo, esente dai pregiudizi che falsano la realtà dell’uomo, guidato dal sentore del vero. Questo per dire che il carattere apparentemente distruttivo della sua poesia nasce da un’inclinazione al rischio e alla profondità, in cui ogni parola viene soppesata e indirizzata per dotare il poema della massima intenzionalità, sia etica che estetica. Ángel Crespo spiegava il medesimo concetto, affermando che questa poesia è «volta a rimuovere gli ostacoli della vita più che a essere messaggera di annichilimento; porta scompiglio, non nell’ordine naturale, ma nel disordine con cui i manichei di tutti tempi hanno cercato di sostituirlo»4. E noi aggiungiamo che questo modo di procedere, basato sull’effetto dei contrari, colloca il nostro poeta agli antipodi del nichilismo. Arriviamo quindi alla conclusione che Ángel Guinda scrive come vive, così come è stato accennato riguardo al secondo aspetto della sua scrittura. Una fame di vita e di esperienze personali che ci rivela nell’opera lo spazio comune delle nostre vite, la fattura dei nostri desideri, delle nostre frustrazioni, speranze, dubbi e certezze. Infine, sulla risultante delle due vie tracciate ritroviamo la terza che abbiamo indicato: il poeta si sente spinto al canto, alla poesia poiché tanta vita che come spesso afferma l’autore è anche tanta morte, non può non essere offerta, donata. In questo senso, Guinda è stato definito come un poeta maledetto, condannato a rendere poetico tutto quanto incontra. Ciò nonostante, ci sembra più adeguato considerare tale aspetto maledetto come l’ombra che la tentazione della concentrazione su se stesso proietta sul suo lavoro, pur se non arriva a materializzarsi. Di fatto, l’autore stesso ha denunciato questo pericolo nel suo saggio El mundo del poeta, el poeta en el mundo. Ci riferiamo alla pretesa che la poesia crei uno stato migliore della realtà e, per questo, migliore rispetto alla realtà, dimenticando che, come ci ricorda Víctor Moreno, lungi dall’essere così, il verso è «una possibilità espressiva in più che abbiamo a nostra disposizione»5 e, come tale, «non né migliore né peggiore di altre»6. Capiamo allora, che se Ángel Guinda dichiara di scrivere contro la realtà, non è perché la detesta, ma perché riconosce in essa l’incapacità di rispondere al suo grido umano, il che, in ultima istanza, non gli fa rinnegare quanto esiste, ma perseguire – quasi implorare -un inizio di risposta, qualcosa che gli sveli su claro interior – la sua chiara interiorità – come recita il titolo dell’ultima raccolta di poesie. La constatazione, in definitiva, che la realtà è segno di un’altra cosa. Infatti, nella poesia intitolata “La realtà” si spiega che, nonostante scriva contro di essa, senza sapere nemmeno se esiste, essa persiste «e questo sì, è un mistero»7. Un ulteriore conferma ci è data da una traiettoria poetica che comprende due tappe: quella che si conclude con il libro Biografía de la muerte e quella successiva a questa pubblicazione. La linea divisoria tra le due sarebbe delineata dall’incontro con la voz de la mirada – la voce dello sguardo – titolo di un’altra sua opera, e punto di inflessione verso una poesia «rivolta al mistero»8. Se in Ángel Guinda è stato possibile questo itinerario, c’è da chiedersi cosa possa definirsi impossibile! Noi lettori aspettiamo ansiosi l’evoluzione del suo lavoro, e questo, per un poeta, è molto significativo. Traduzione di Gloria Bazzocchi
1Ángel Guinda, El Mundo del Poeta. El Poeta en el Mundo, Olifante, Zaragoza, 2007, pp. 7-8. 2Ángel Guinda, Poesía y Subversión: Manifiesto del 78, Zaragoza, Olifante, 1978; cit. Vida ávida, edizione bilingüe in bulgaro e spagnolo, trad. Rada Panchovska, Sofía, Próxima RP editorial, 2006 p. 88. 3Ibid. 4Ángel Crespo, Las cenizas de la flor, Madrid, Júcar, 1987; cit. Vida ávida, edizione bilingue in bulgaro e spagnolo, trad. Rada Panchovska, Sofía, Próxima RP editorial, 2006, pp. 97-98. 5Víctor Moreno (2007), “Lugares comunes sobre el hecho poético”, Cuadernos de Literatura Infantil y Juvenil, 2007, pp. 1-3. 6Ibid. 7Ángel Guinda, Claro interior, Zaragoza, Olifante, 2007, “La realidad”. 8Ángel Guinda, El mundo del poeta, el poeta en el mundo, Zaragoza, Olifante, 2006, p. 10. |
POESIE DI ÁNGEL GUINDA
a cura di Pablo Luque Pinilla
traduzione di Gloria Bazzocchi
Tu boca vertical me escupió oblicuo y no ha dejado tu sangre de rodar; más que en la mesa, al volcarse una botella, su dentro se derrama. Y esa sangre no puede coagular sino en mi pecho, en esa bomba músculo que llaman corazón y yo taberna. Bebo mosto de alumbramiento, negro alcohol espejo de tu ausencia. Llevo toda la vida bebiendo hijo sin fermentar, masticando la madre de mi vino. Toda la vida borracho de soledad tragando muerte.(Vida ávida, 1980-1990)La tua bocca verticale mi espulse di sbieco e non ha smesso il tuo sangue di gorgogliare; più di quando su un tavolo si rovescia una bottiglia, il suo interno si sparge. E quel sangue non può coagulare se non nel mio petto, in quella pompa muscolo che chiamano cuore ed io taverna. Bevo mosto di nascita, nero alcol specchio della tua assenza. È tutta la vita che bevo figlio non fermentato, che mastico la madre del mio vino. Tutta la vita ubriaco di solitudine a ingurgitare morte.PÓSTUMOMe he bebido la vida. La resaca ha dejado en mis labios un torbellino de desdén, y en la mirada toda la ausencia de la lejanía. Convivo con la muerte. Cualquier noche, en lugar de unas manchas sobre un folio y un ruido de palabras martilleantes dando tumbos contra la dentadura, te dejaré la luz de mi silencio, limpio como el mantel desplegado del sol. (Vida ávida, 1980-1990) POSTUMO Mi son bevuto la vita. LA EDAD DE ORO No lamentes (Conocimiento del medio, 1990-1995)
L’ETA’ DELL’ORO Non rimpiangere PARA PERMANECER Je ne vois qu´infini par toutes les fenêtres Sin perder de vista el cielo, (Conocimiento del medio, 1990-1995)
PER PERDURARE Je ne vois qu´infini par toutes les fenêtres Senza perder di vista il cielo,
AUTOBIOGRAFÍA Si mi vida no es esto Me preguntas por mi vida a bocajarro: (La llegada del mal tiempo, 1995-1996)
AUTOBIOGRAFIA Si mi vida no es esto Mi chiedi della mia vita a bruciapelo: REGLAS DEL JUEGO Cuando se es muy joven Cuando se es menos joven Cuando se empieza a envejecer Cuando se es ya viejo Cuando se nubla la vista (La llegada del mal tiempo, 1995-1996) REGOLE DEL GIOCO Quando si è molto giovani Quando si è meno giovani Quando si comincia a invecchiare Quando ormai si è vecchi Quando si annebbia la vista LOS ALMENDROS EN FLOR Cada año Salgo al campo: (La llegada del mal tiempo, 1995-1996)
I MANDORLI IN FIORE Ogni anno Vado in campagna: LA PUERTA DEL SILENCIO Somos gotas de sed, Frente al mar todos callan. (La llegada del mal tiempo, 1995-1996)
LA PORTA DEL SILENZIO Siamo gocce di sete, Di fronte al mare tutti tacciono.
MORIR Morir es no volver a estar (Biografía de la muerte, 1996-2000)
MORIRE Morire è non ritornare UNA VIDA TRANQUILA Antes del fin Me he castigado tanto el cuerpo, el alma, (Biografía de la muerte, 1996-2000) UNA VITA TRANQUILLA Antes del fin Ho castigato tanto il corpo, l’anima, CANCIÓN ESTÉRIL Cómo habría querido darte todo (Biografía de la muerte, 1996-2000)
CANZONE STERILE Come avrei voluto darti tutto ¿Mirar es acercarse o atraer? (La voz de la mirada, 2000-2001)
Guardare è avvicinarsi o attirare?
“Eres la lejanía, que me cerca.” (Toda la luz del mundo, 2000-2002) “Sei la lontananza, che mi circonda.” Qué insaciable beber un agua que tiene sed. (Toda la luz del mundo, 2000-2002) Quanto è insaziabile bere dell’acqua assetata. LAS PALABRAS Cada palabra pesa Hay palabras que viven, Cada palabra pesa (Claro interior, 2000-2007) LE PAROLE Ogni parola pesa Vi sono parole che vivono, Ogni parola pesa LA REALIDAD A pesar de que escribo (Claro interior, 2000-2007) LA REALTÀ Nonostante io scriva MUNDO PROPIO Estar fuera del mundo por llevar un mundo dentro. Si mi mundo no es éste, mi mundo dónde está. (Claro interior, 2000-2007) MONDO PROPRIO Essere fuori dal mondo per avere un mondo dentro. Se il mio mondo non è questo, dov’è il mio mondo. |
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