Dal diario 1975 di prof Samizdat a cura di Ennio Abate
Abbiamo presentato una ricerca sulle 150 ore. Paola M, grazie ai suoi rapporti con il sindacato, ha fatto una relazione ricca di dati utili. Quanta ideologia sull’argomento. Lei, invece, ha parlato dei vincoli precisi posti dal Ministero della P.I. E delle gerarchie (diploma della scuola dell’obbligo come rivendicazione di base per casalinghe e disoccupati; corsi universitari soprattutto per delegati del Consigli di fabbrica) che si riproducono, E poi dello scontro feroce con i presidi delle scuole statali che, spalleggiati dal Ministero, boicottano in vari modi: aumentando le ore di studio a 500 per disincentivare la partecipazione; mantenendo gli insegnanti delle 150 ore nella condizione di precari; dilazionando l’inizio dei corsi; separando le 150 ore dai corsi del CRACIS.* I padroni hanno sempre considerato provvisoria l’esperienza. E su di essa c’è rissa anche all’interno dei sindacati. Molti temono che i corsi possano diventare luoghi di contestazione o di deviazione dalla linea dei Sindacati. Se le cose stanno così, l’idealizzazione “di parte operaia” sulle 150 ore – ho letto un articolo dello storico Stefano Merli che le esalta – è del tutto sproporzionata rispetto all’entità pratica dei corsi effettivamente attuati. E poi, anche sul piano della didattica, l’impostazione di partenza (raccogliere le storie individuali dei partecipanti, sviluppare su di esse una riflessione critica, passare solo dopo a riflessioni più politiche) si scontra con l’impreparazione degli insegnanti. Specie gli anziani. Gli stessi operai, poi, non sono ben disposti o occuparsi di storia («Quando si va indietro nel tempo, l’interesse cala»). E sono diffidenti anche verso il racconto della propria storia personale.
* Corsi di Richiamo e Aggiornamento Culturale d’Istruzione Secondaria