https://www.ibs.it/cuore-domani-forse-libro-rita-simonitto/e/9788863412406
Alcuni racconti del libro di Rita Simonitto sono stati pubblicati su Poliscritture
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Alcuni racconti del libro di Rita Simonitto sono stati pubblicati su Poliscritture
di Rita Simonitto
Approfitto dello spazio che Ennio mette a disposizione di chi vuole partecipare alla vita di Poliscritture, non solo per integrare con alcune mie osservazioni la sua pur precisa e sensibile disamina al mio Libro di poesie, ma anche per mettere giù due veloci righe a proposito della apertura del lock down, a seguito del Coronavirus.
Continua la lettura di Rettifiche di una letturadi Ennio Abate
1.
Ho letto questo libro partendo dalla Nota dell’autore posta alla fine, dove Rita espone la genesi della sua poesia. Che – scrive – è ricomposizione di “frammenti di storie” o di “esperienze private” in “una storia unica” secondo un “ordine” (o forma) che è quello imposto dai versi. Da qui il titolo, che – precisa – non corrisponde, di per sé, ad un “ordine di senso”. Eppure la bella foto di copertina riempita di foglie macerate sì ma di colori intensi su uno sfondo nero cupo – un riferimento alla canzone “Les feuilles mortes “ del 1946? – è più di un suggerimento. Con una metafora, che è anche un omaggio al mondo contadino della sua infanzia, Rita paragona le quattro sezioni del suo libro a “fasci di mannelle” e il lettore è invitato a scegliere singole spighe-poesie avendo riguardo per l’”insieme”.
Continua la lettura di Su “Per ordine di verso” di Rita SimonittoQuesto disegno (Figura con cesta di frutta, 1983 pennarello) lo feci mentre ero commissario d’italiano e storia agli esami di maturità. Mi pare a Legnano quando conobbi la Franca Ricci. Gli anni dovrebbero essere gli Ottanta. Tiro a indovinare 83-84. Devo averlo buttato giù su un foglietto di appunti e poi ritagliato. La figura è come sospesa sul piede destro. La mano sinistra giganteggia e fa tutt’uno con l’avambraccio. Fa capolino il volto che non si capisce bene se maschile o femminile e piccolo, sproporzionato, dunque, rispetto al corpo. La parte centrale ( gonna o schermo decorato) stacca nettamente il bianco della gamba e quello del petto e della mano. Lo stesso fa il nero tratteggiato della “cesta”, che potrebbe anche essere una sorta di cappellone messicano. Sopra ci sono forme tondeggianti. Potremmo pensare a della “frutta”, ma anche a dei “pani”. C’è qualcosa della grafica un po’ primitiva sudamericana. Importante e il gioco della linea che costruisce mano e avambraccio. Il senso è quello di un equilibrio instabile. [E. A]
[10 luglio 2012]
da Narratorio grafico di Tabea Nineo
Continua la lettura di Un disegno, una poesiadi Rita Simonitto
Ieri sera ho rivisto, per l’ennesima volta, un film di Pietrangeli del 1965 “Io la conoscevo bene” (*) e, rivedendolo – come accade sempre quando possiamo ritornare sopra alle opere d’arte – ho preso contatto con una realtà inquietante che non atteneva solo alla palese denuncia fatta dal regista soprattutto verso il mondo del cinema che in quegli anni, dietro il miraggio di una vita facile ed enfatizzata dai rotocalchi, ‘bruciava’ senza pietà gli incauti che vi si volevano avvicinare senza le dovute protezioni. Ma rappresentava sotto traccia una allucinante fiera delle crudeltà, un catalogo delle varie forme di abbrutimento a cui può pervenire l’essere umano quando, stanco di sacrifici e di patimenti, si fa sedurre dalle sirene del facile successo. Non una scena, non un fotogramma sono esenti dall’evidente spietatezza che permea ciò che viene rappresentato, a partire dalla stessa protagonista Adriana (una strepitosa Stefania Sandrelli), inconsapevolmente impietosa verso la propria persona, incapace di salvaguardare la sua intimità, impossibilitata quindi a proteggersi, a difendersi e pertanto facile preda di personaggi senza scrupoli. Dalle canzoni selezionate (e che fanno da accompagnamento tragico a questa storia), ai dettagli delle tenerezze che questa fragile fanciulla è in grado di dedicare agli altri più deboli di lei (ad esempio nei confronti di un bambino che lei tiene in custodia) fino al ticchettio dei suoi zoccoli estivi che arrivano all’orecchio dello spettatore come tante fucilate: tutto concorre a sottolineare la crudezza nella quale la ragazza è avviluppata.
Continua la lettura di Paralleli inquietanti tra ‘crudeltà’ diversedi Rita Simonitto
Sinceramente avrei preferito utilizzare gli strumenti della mia modesta orchestra (poesia e narrativa) per celebrare il Corones, o più precisamente il Plan de Corones in Alto Adige, una delle meraviglie alpine dichiarata patrimonio mondiale dall’Unesco e che contempla montagne meravigliose e straordinarie valli. Invece li utilizzerò per rappresentare il Corona, i miei vissuti e le mie valutazioni su questo virus e i suoi impatti senza alcuna pretesa di fare proclami nè di ‘prendere posizione’ cercando di individuare qual è la parte cosiddetta ‘giusta’ e rigettando quella cosiddetta ‘sbagliata’. Infatti, ho sempre pensato che, soprattutto per quanto concerne la poesia, non ci dovesse essere alcun imperativo a ‘insegnare’. La poesia è un ‘mezzo espressivo’ che ci permette di accostarci ad una realtà, sempre parziale (quindi mai alla Realtà, al ‘come stanno veramente le cose’), e permette a chi la utilizza di rendere al meglio quello che intende significare e, di contro, permette al fruitore di confrontarsi con i propri punti di vista. E’ quindi una organizzazione strumentale del tutto particolare perché, come un’orchestra, raccoglie in sé il gioco e la versatilità di altri strumenti quali la parola, l’immagine, il ritmo, la musicalità, ognuno di essi con la propria specificità ma uniti per dare una rappresentazione d’insieme, e quindi un senso, a ciò che viene sperimentato e osservato. Inoltre, ritengo che poesia e narrativa si contaminino in qualche modo cedendo l’una all’altra immagini iconiche e rappresentazioni verbali. Per queste ragioni ho pensato, a scrittura ultimata di questi miei pezzi, di metterli assieme: un piccolo racconto, contenuto tra due composizioni in versi. [R.S.]
Continua la lettura di La mia orchestradi Rita Simonitto
La riflessione in varie forme (poetiche, narrative, saggistiche, giornalistiche) sull’incubo pandemico che stiamo vivendo sembra oscillare tra razionalismo e irrazionalismo; e smuovere immaginari che vanno da visioni idilliache quasi new age (qui) a tenebrose e barocche lamentazioni (qui) a interrogazioni sulla dimensione tragica (dell’individuo e della società). Come in questo breve racconto di Rita Simonitto in continuità con altri suoi scritti recenti (qui, qui e qui) ma anche con la sua raccolta di poesie, “Per ordine di verso”, che purtroppo finora ho potuto soltanto segnalare (qui). [E. A.]
di Rita Simonitto
Fragrante il rosmarino insegue l’aria ancora timida come il celeste colore dei suoi fiori tuttora infreddoliti. Giù dalle colline il traffico è lento torbidi pensieri senza passato incenerito nella veloce catena delle bare e il futuro annichilito perché anche le domande diventano stracci persi nel vento del dolore. Primavera, addio, addio. Campane che suonano agonie, bambini che non ridono più e in su guardano pensosi a chi forse li ha traditi. Pervicacemente soltanto la natura non ferma il suo rinascimento, non sfoglia abbecedari non consulta vaticini. Con inconsapevole grazia spennella declivi che stridono di uccelli, giardini ormai incolti perché la mano d’uomo si è declinata nel nulla.
di Rita Simonitto
Assieme a “La Signora” (qui) questi due racconti formano un trittico. Si tratta, come dice l’autrice, di ” tre sfaccettature diverse – attraverso tre ‘personificazioni’ – nel tentativo di dare una rappresentazione plastica di quello che ci sta accadendo”. [E. A.]
Unicuique suum
Se fosse stato uno scrittore esordiente il suo incipit sarebbe stato: “si svegliò madido di sudore”. Ma non era un esordiente e nemmeno scrittore.
Ciò nonostante quello che gli stava capitando era inquietante, oltre i limiti della rappresentazione. Come si fa a raccontare che aveva l’impressione che era il suo corpo che si stava liquefacendo e che quel liquido pian piano si stava allargando sul lenzuolo sudaticcio e caldo?
Continua la lettura di Due racconti “attuali”di Rita Simonitto
Era da un po’ di tempo che la Signora lavorava poco. Ovvero, lavorava sì, ma non di gusto. Per quanto la sua falce avesse ancora la lama ben lucida si sentiva Lei arrugginita. E soprattutto scoraggiata dal fatto che suo cugino, il Fato, si intromettesse nel suo lavoro costringendola a fare gli straordinari, operando in modo meccanico, senza doverci pensare sopra e soprattutto senza poter combattere. Certamente, come accade a tutti i dipendenti, il committente (che le era sconosciuto e a cui quindi non poteva porgere le sue rimostranze) aveva disposto così, proprio come aveva scritto il Divino Poeta “Vuolsi così colà dove si vuole ciò che si puote e più non dimandare”: quello sfrontato che si era permesso di fare una crociera nei suoi regni parlandone (e sparlandone) a suo piacimento.
Continua la lettura di La Signora