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Das Ding. Rovesciamenti di prospettiva

magritte 1

di Rita Simonitto

[Quanti sé convivono in ciascuno di noi? Perché tanto smarrimento quando ascoltiamo (o siamo costretti ad ascoltare) i “messaggi” che il corpo ci manda? Serve poi a qualcosa ascoltarli? E tra ascolto allarmato del “dentro” (il corpo) ed ascolto altrettanto allarmato del “fuori” ( i medici a cui ci affidiamo, ma…) che relazione c’è? Esiste un limite chiaro tra ciò di cui vale la pena occuparsi e ciò che va trascurato? Più che una lamentazione sfiduciata o una critica al sistema medico, l’autrice, con molta ironia, vuole raccontare un’esperienza ancora più complessa: l’incontro con l’ineffabile, la Cosa senza Nome, Das Ding, appunto,  con la quale il ‘corpo’ (nostro ma non nostro)  ci impone, in circostanze quasi sempre impreviste, di fare i conti. (E.A. e S.D.)]

Si può dire che tutto cominciò da una mosca, o, a dir meglio, un moscerino. Di quelli che ti infastidiscono l’occhio e tallonano come segugi la pista del tuo sguardo quasi a non volersi sentire esclusi da niente.
Miodesopsie vengono chiamati questi effetti legati a imperfezioni nella trasparenza del corpo vitreo. Un nome simpatico, che suona bene e non fa nemmeno tanta impressione, anche se poi il fenomeno può degenerare creando seri problemi alla vista.
La sappiamo lunga su questi trucchetti linguistici per cui ‘operatore ecologico’ è più gradevole che ‘spazzino’! Così la vita ci sembra più amabile, più tollerabile.
Ciò accade anche quando ci riferiamo al corpo chiamandolo ‘nostro’.
Sappi che esso non è per niente ‘tuo’: è solo un modo di dire, che usi per darti una certa importanza, sentire che possiedi qualche cosa, che hai potere su qualche cosa. Continua la lettura di Das Ding. Rovesciamenti di prospettiva

Vero come la finzione

Simonitto film mela
di Rita Simonitto

 (Stranger than Fiction), di Marc Forster, 2006, USA)

Il film

[Partendo da un film, Rita Simonitto compone un piccolo saggio sulla conoscenza e sul divario – acuitosi nella storia umana – tra conoscenza logico-razionale e intuitivo-immaginifica (o, semplificando, tra bisogno di controllare con metodo la realtà esterna e bisogno di ascoltare le passioni che da quella interna o psichica provengono). Le peripezie di Harold Crick, il personaggio del film, sono le stesse dell’uomo novecentesco alle prese con il «disagio della civiltà» (Freud). Ma quanto le due dimensioni (che poi sono anche quelle del mito o del sogno e della storia) possono gradulamente integrarsi o, come troppo ottimisticamente si tende a dire, armonizzarsi? (E.A.]

Harold Crick, ispettore del servizio fiscale americano, ha una vita metodica scandita dal suo orologio digitale. La sua ossessività lo porta a contare tutto: dal numero dei colpi di spazzolino che dà ai denti, ai passi che compie fino alla fermata dell’autobus addentando la quotidiana mela. Ma un giorno, in bagno, durante i suoi maniacali conteggi, inizia a sentire una voce di donna che racconta momento per momento la sua quotidianità e a volte la anticipa con toni salaci e critici: è come una fastidiosa eco, un fantasmatico ‘specchio vocale’ che ‘riflette’ i suoi pensieri più intimi.
L’irruzione di una realtà ignota, una presenza che solo lui percepisce e di cui non capisce l’origine, lo inquieta al punto che non riesce a mantenere la sua abituale concentrazione, cosa che gli è indispensabile per il tipo di lavoro che fa e che assorbe tutte le sue energie. Continua la lettura di Vero come la finzione

Libera

bambina

di Rita Simonitto

[Un racconto sul desiderio di fuga e sui condizionamenti, tra cui l’assenza di un progetto, che impediscono di essere libere. Perché protagonista, titubante e impacciata, è proprio una donna]

Finalmente libera.
Non era stato facile quel giorno sfuggire alle maglie che l’avevano tenuta prigioniera per tanto tempo.
Era stato un lavoro lungo, innanzitutto dentro di lei perché aveva dovuto far fronte ad altri lacci ben più inquietanti.
La paura, ad esempio.
Paura di tutto e di tutti. E questo stato d’animo la faceva sentire ancor più intrappolata e così le capitava di reagire d’istinto mostrando una aggressiva insubordinazione verso ogni cosa le capitasse a tiro.
Più volte aveva cercato di convincersi che invece bisognava giocare d’astuzia, mostrarsi (solo mostrarsi, sia chiaro) arrendevoli se si voleva raggiungere uno scopo. Che per lei era quello di andarsene. Continua la lettura di Libera