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Exodus

di Paolo Di Marco

1- la fuga

Nel 2017 Douglas Rushkoff viene invitato a tenere una conferenza lautamente pagata sul futuro della tecnologia ad un gruppo di banchieri. Quello che si trova davanti non è un convegno ma una riunione privata con 5 dei più ricchi gestori di fondi di investimento del pianeta.
E le domande si focalizzano su un tema preciso: cosa fare dopo l’Evento (1).
E in termini molto dettagliati, tipo come conservare la fedeltà delle guardie private quando il denaro non avrà più valore.
Loro, come gli altri miliardari, sono convinti che il loro potere e ricchezza non possa fare nulla per cambiare questo destino. Il loro problema si riduce a come fuggire.
Chi come questi in un bunker sotterraneo protetto militarmente, altri come Musk in una colonia marziana.
Sulla stessa falsariga solamente personale, anche se non legata immediatamente all’Evento, la lotta all’invecchiamento di Ray Kurzweil e Sam Altman mediante trapianti di coscienza all’interno di supercomputers, o il rovesciamento dell’invecchiamento di Peter Thiel col 3TBioscences e degli Altos Labs di Yuri Milner e Jeff Bezos.
(Stiamo parlando degli uomini più ricchi del pianeta).
Che loro personalmente ci possano fare poco è scritto nella struttura del capitale finanziario di oggi, così diffuso da aver inglobato i risparmi della gran parte dei lavoratori, sia tramite i fondi pensione come negli USA sia tramite tutte le agenzie bancarie o simili dei nostri paesi: finchè garantiscono un rendimento sufficiente i dirigenti restano a galla, ma se con investimenti nel rinnovabile affossano l’indice S&P di cui Exxon &C sono parte fondamentale e con esso i rendimenti, nel giro di 12 ore loro saltano per aria; con grida di giubilo da parte anche di molti che mi leggono che vedono salvi i loro sudati risparmi.
Ma questo non toglie che questi signori assomiglino assai a uno Schettino, che prima manda la nave sugli scogli e poi scappa con la prima scialuppa.
Ma ormai l’indignazione non è più di moda.
Così come quel benemerito tipo di deterrenza descritta nel ‘Ponte sulla Drina’.
Se per un attimo passiamo oltre l’abiezione morale di questi personaggi, che non è certo fatto individuale ma ormai legge fondante del capitalismo, le loro evasioni gettano una luce interessante sulle strade che la scienza ci apre per il futuro (inteso non tanto come tempo reale ma solo come direzione); e anche su come la loro selezione non sia certo un processo neutrale e indipendente dagli appetiti dei finanziatori.

2-qualche dettaglio

a) La rigenerazione del corpo è diventato un terreno caldissimo da quando il Nobel 2012, Shin’ya Yamanaka, ha scoperto 4 fattori di trascrizione che fanno tornare delle cellule già differenziate allo stato originale pluripotente, invertendo il processo di invecchiamento. Ci si sono buttati a decine, con finanziamenti miliardari. Ma c’è un piccolo problema: le cellule pluripotenti danno origine, quasi sempre, a tumori. E anche fermando il processo un poco prima della pluripotenza il rischio, anche se ridotto, rimane.
Ma forse c’è una strada -che offro gratuitamente perché contiene un esemplare insegnamento (2):
il problema, che mette in luce Paul Davies (nel suo Demon in the Machine) è lo scontro tra due fasi della cellula: quello atavico dell’organismo monocellulare, il cui meccanismo è centrato sulla massimizzazione della riproduzione e la difesa dalle aggressioni esterne, la fase egoistica; e quella dell’organismo pluricellulare dove viene massimizzata la cooperazione tra le cellule diverse, la fase collaborativa. Quando la cellula di un organismo pluricellulare è sottoposta a un attacco (stress, sostanza nociva,..) che l’organismo non riesce a bloccare in tempi brevi tende a ritornare alla fase atavica (‘ipotesi atavistica dei tumori’) e a riprodursi per conto proprio reagendo all’organismo combinato come contro un’aggressione esterna.
Questo scontro si risolve solo se tutte le cellule tornano a cooperare abbandonando la fase atavica. E se si trova un metodo per forzarle a farlo e insieme insegnarglielo.
Il modo più semplice è quasi-affamarle, cioè portarle ad una fase al limite della sopravvivenza (il che per inciso è anche una spinta alla rigenerazione) e nel contempo offrigli nutrimento unicamente mediante la cooperazione con le altre (a.e. vascolarizzazione controllata).
Quando il tumore nasce già in risposta ad uno stress quasi mortale questa strada appare difficile da praticare: sarebbe aggiungere stress a stress.
Ma nel caso dei tumori da cellule totipotenti la fase di ‘costrizione/insegnamento alla cooperazione può accompagnarsi subito al ‘risveglio’ della cellula, che non ha ricevuto stress ma è solo all’inizio ‘egoistico’ del suo percorso.
Difficile pensare che questa strada appaia lucidamente a ricercatori impegnati a fondare aziende, aziendine, startup per trarne il massimo profitto individuale. E difficile pensare che il giorno che la vedessero possano cogliere l’ironia della situazione.

b)Il ritorno all’analogico è la novità rivoluzionaria e per ora poco pubblicizzata nel campo dei calcolatori.
Nasce dalle reti neurali e dalla loro insaziabile tendenza a crescere di dimensioni, ponendo problemi pesanti di costi monetari ma anche termodinamici (milioni di calcoli fatti in fretta generano parecchio calore, che è sempre più difficile smaltire).
E tutto perché il calcolo è ancorato al paradigma digitale: tutti i calcoli per quanto complessi devono venire scomposti in unità elementari fino al punto dell’unità base, la scelta tra 0 ed 1. E più i calcoli sono complessi più passaggi ci vogliono.
Il 26 Gennaio ’22 rientra ufficialmente l’analogico: con un commento su Science di M. Hutson e con la pubblicazione dell’articolo di L. Wright, T. Onodera et al. dove si introduce l’addestramento delle reti neurali mediante un meccanismo di carattere fisico.
Conviene fare un passo indietro: le reti neurali sono programmi che simulano il funzionamento del cervello; se vogliamo che riconoscano le facce si addestrano fornendogli tantissime facce e premiando le configurazioni che danno le risposte migliori; si scartano le configurazioni peggiori e così via, generazione dopo generazione, fino ad arrivare al grado di precisione richiesto: il programma si comporta come generazioni successive di bambini addestrati solo a riconoscere immagini.
Se vogliamo previsioni metereologiche cambiano solo le informazioni iniziali e i dati forniti.
Cosa vuol dire che torniamo all’analogico? Se qualcuno va a rivedere i miei scritti recenti troverà due buoni esempi: L’Orgoglio di Cardano (che è qualcosa di più di un racconto di fantasia) e il Calcolatore Quantistico ad Acqua (3): in entrambe i casi i calcoli non prevedono 0 ed 1 ma gli stati dell’acqua in un caso, delle pulegge e delle corde nell’altro.
L’articolo di Wright prevede che le configurazioni, gli stati del calcolo, vengano codificati negli stati di un sistema fisico, che può essere di molti tipi diversi. (Per l’acqua abbiamo grandezze semplici e derivate: pressione, velocità, flusso, colore….e le loro combinazioni). Anche se il commento di Hutson accenna a una miriade di sistemi fisici potenzialmente utilizzabili, l’articolo originale è ancora un poco timido, ché parte e arriva alle sole reti neurali, non solo, ma vede il sistema fisico come approssimazione del calcolo digitale originario. Ma sappiamo che i sistemi analogici possono fare molto di più e sostituire del tutto anche concettualmente la fase digitale. Occorre però riabituarsi a programmare in maniera diversa. (Un poco come il ritorno del disco in vinile..).
E, certamente del tutto involontariamente, questo percorso dà anche una risposta a uno dei problemi del Dopo: cosa faremo senza energia elettrica e senza calcolatori? Basta un poco di acqua e corde….

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Note:

1-È l’eufemismo da loro usato per il collasso ambientale/la guerra nucleare/l’epidemia inarrestabile/l’intrusione informatica totalmente distruttiva…in sostanza il punto di non ritorno; quello che la scienza inascoltata ci avvisa che il pianeta ci riserva per i prossimi decenni, quello che l’orologio del Bulletin of the Atomic Scientists pone fra 100 secondi (simbolici ma vicini). Che la gran parte dei governi, col nostro allegramente in testa, faccia finta di nulla, lanciando promesse vacue e pensando al PIL, mostra come oggi la definizione dei governi come comitati d’affari della borghesia sia ancora eloquente anche se abusata. E per chi è incline alle antiche scritture ci mostra come la miopia del profitto e della borghesia inveri il vecchio detto ‘dio acceca chi vuol perdere’. Anche se non si capisce perché insieme a loro voglia perdere anche noi.

2-anche se rivendico una parte del Nobel che ne seguirà

3-per questo c’è anche un articolo scientifico in corso; e rivendico questa mia priorità anche per il Nobel che andrà a premiare questa riscoperta;
mi rendo conto che due Nobel in una volta possono sembrare eccessivi, ma l’Accademia svedese volendo può sempre trovare il modo……

Riferimenti

Douglas Rushkoff, Survival of the Richest, Medium, 5/7/2018 (Team Human, Norton, 2019)
Matthew Hutson, Everyday objects can run artificial intelligence, Science, News, 26/1/2022
Wright L., Onodera T. et al, Deep physical neural networks trained with backpropagation, Science, 26/1/2022
Paul Davies, The Demon in the Machine, Penguin 2017