di Roberto Bugliani
“Sono dialoghi costruiti in modo particolare, di cui che io sappia non conosco esempi in letteratura (a parte testi che vi s’avvicinano come quello di Carlo Coccioli, “Le case del lago”, o alcuni di Manuel Puig e Antonio Lobo Antunes). Sono dialoghi in cui i dialoganti non hanno indicatori semantici (quello che nei dialoghi “normali” indica l’identità e il tipo di “comportamento” dialogici, come “disse a voce bassa X” o “Y rispose con voce alterata”). Quando poi un dialogante interrompe il discorso dell’altro per fretta o per ribattere una cosa contraria, allora la stringa dialogica di chi interrompe ha inizio subito sotto il discorso del primo, con la prima parola in minuscolo e senza punteggiatura finale fino a che le interruzioni non finiscono, come una sorta di gradino o i versi d’una poesia. Graficamente questa disposizione spaziale è importante perché connota semanticamente una situazione. Qualora i dialoganti siano più di due, il dialogo si arricchisce di altre voci, diventa un dialogo plurale, dove nelle interruzioni che aggiungono altre voci valgono le stesse norme del dialogo a due. Le parole straniere, poi, le ho scritte come si pronunciano.” (da una mail di R.B. a E. A.)
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