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Le rondini

 

di Franco Casati

   In quei giorni di primavera sembrava che la sua preoccupazione fosse quella di accertarsi se le rondini erano tornate. Chi lo giudicava un alienato non capiva che ciò rappresentava un punto di vista superiore dal quale guardare, o meglio non guardare, verso terra, verso la banalità della vita. Era come fingere che tutte le sue reali preoccupazioni non esistessero, concentrandosi verso un punto, il ritorno delle rondini, che rappresentasse la sintesi di tutte le sue aspirazioni e desideri: una sintesi universale, legata al ciclo naturale delle stagioni e della natura. Se vogliamo, era un vero tratto di nobiltà, elegante, vitale e distaccato. Continua la lettura di Le rondini

Mìneche

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Contadino 1978

di Ennio Abate

Di Mìneche ho già detto nel 2015 qui; e vorrei ricordare la bella analisi che Rita Simonitto, conoscitrice dei miti e con la sua sensibilità di psicanalista, vi dedicò. In quelle due poesie colse l’importanza della relazione tra il dialetto («madrelingua») e italiano («lingua seconda») e «un intendimento di dialogo tra possibili figure ‘materne’ e figure ‘paterne’, un tentativo di confronto tra questi personaggi che si muovono nell’interiorità del poeta», oltre alla «relazione conflittuale tra il poeta e la figura paterna e il vissuto di un tradimento che rende l’animo esacerbato». Nei commenti che seguirono, parlammo di riferimenti mitici (l’albero del fico sacro a Dioniso, gli agrumi sacri alle ninfe) e storici (l’8 settembre del 1943, il femminismo degli anni ‘70), ed emersero gli echi profondi del tema della figura paterna anche nelle riflessioni di quanti intervennero.

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