di Luca Chiarei
Dal Blog di Franco Arminio riporto un intervento del 18/9/2017 che mi ha fatto ancora una volta riflettere:
1. La poesia è una forma di pentimento. Tentiamo di farci il bene dopo che ci siamo fatti del male. 2.La poesia è il corpo che decide di parlare, è un’insurrezione della carne. 3.La poesia viene sempre da un confine, non è mai centrale. 4.La poesia è sguardo messo ad asciugare. Lo sguardo messo ad asciugare diventa parola. 5.La poesia non si fa con le tue parole, non ne hai. E non si fa neppure con le parole degli altri, non ci servono. 6.La poesia è un fallimento con le conseguenze migliori, ma è comunque un fallimento. 7.La poesia non c’entra niente con le cose che si capiscono e neppure con quelle che non si capiscono. 8.La poesia è un messaggio che viene dal corpo, una fitta dietro l’orecchio, un’arancia nascosta dietro un ginocchio, il fegato che chiede acqua, una piccola vela nella testa. 9.La poesia non sa e non deve sapere. La poesia deve vedere. 10.La poesia è un’intimità provvisoria col mistero. La poesia se ne va, resta il mistero.
Certamente se rivolgessimo la domanda, ma più che altro una affermazione, che pone Franco Arminio a 100 poeti o a 100 lettori di poesia, riceveremmo senz’altro 200 risposte diverse. Questo esito lo possiamo anche ritenere inevitabile e legittimo in quanto le diversità non possono certamente né essere “compresse” né censurate per quanto possano essere estranee alle nostre convinzioni; allo stesso tempo non possiamo limitarci a prenderne semplicemente atto come le “democrazia espansiva” dei social ci vorrebbe insegnare. Al contrario di questo orientamento prevalente che in nome della diversità da “valorizzare” accetta qualsiasi opinione in merito alla poesia (e non solo) senza discuterne, credo che sulle risposte possibili si debba ragionare perché non tutte sono equivalenti e alcune possono essere più convincenti di altre.