di Ennio Abate
In quei tempi vidi un vecchio – un letterato mancato. I più giovani, figli suoi quasi per età, ora disquisenti di Simonetti, Saviano, Cavazzoni e Scurati - pedinava. Attento a ciascuno, che a turno - rasato o occhialuto, a tratti animato nel gesto o nel volto, la nota spigolosa l’esatta e mai claudicante citazione dagli appunti estraeva. E Campoformio? E il caveat dell’Ingrato di via Legnano che aveva scritto di un alloro insidiato dagli insetti? In mezzo al pubblico di faccia devota, maldicente solo nel bisbiglio compìto all’orecchio, una bionda annotava: «Nel mondo il capitalismo è diventato sistema economico unico e on line la letteratura – oh cara! - il suo loculo avrà». Sempre a lezione, sempre a ripetizione? – gli sussurrai. Resti in ascolto del vento invano. Perché ancora sognare l’aula magna della Statale di Milano irta di voci e strida dove di potere operaio e studentesco in accoppiata, da spretati, con la fede truce dei Sessanta, straparlaste? Riaprì gli occhi. Dalla tomba merce risorgerà!- mi borbottò.
*Commento alle videoconferenze “Gli Stati Generali della letteratura” ascoltate su LE PAROLE E LE COSE2: qui