di Lucia Bruni
Evvaiii! Ma l’esclamazione sincera e partecipata di Giulia al racconto divertito di Sabrina su come aveva festeggiato il sedicesimo compleanno, era velata di malinconia. Continua la lettura di Su per la discesa
di Lucia Bruni
Evvaiii! Ma l’esclamazione sincera e partecipata di Giulia al racconto divertito di Sabrina su come aveva festeggiato il sedicesimo compleanno, era velata di malinconia. Continua la lettura di Su per la discesa
di Luciano De Feo
Non credevo che fosse già tanto tardi. Ero uscito per respirare aria salmastra, e lungo il sentiero pietroso avevo incrociato la signora Benneth.
– Giorno, – dissi. Non ebbi risposta.
Qualcosa del suo viso mi aveva particolarmente impressionato.
Era pallida come le altre volte, gli angoli della bocca, piegati verso il basso, le conferivano un aspetto quasi disperato.
I suoi occhi non mentivano: aveva pianto! Continua la lettura di Viaggio negli anfratti di Morpheus
di Rita Simonitto
[Quanti sé convivono in ciascuno di noi? Perché tanto smarrimento quando ascoltiamo (o siamo costretti ad ascoltare) i “messaggi” che il corpo ci manda? Serve poi a qualcosa ascoltarli? E tra ascolto allarmato del “dentro” (il corpo) ed ascolto altrettanto allarmato del “fuori” ( i medici a cui ci affidiamo, ma…) che relazione c’è? Esiste un limite chiaro tra ciò di cui vale la pena occuparsi e ciò che va trascurato? Più che una lamentazione sfiduciata o una critica al sistema medico, l’autrice, con molta ironia, vuole raccontare un’esperienza ancora più complessa: l’incontro con l’ineffabile, la Cosa senza Nome, Das Ding, appunto, con la quale il ‘corpo’ (nostro ma non nostro) ci impone, in circostanze quasi sempre impreviste, di fare i conti. (E.A. e S.D.)]
Si può dire che tutto cominciò da una mosca, o, a dir meglio, un moscerino. Di quelli che ti infastidiscono l’occhio e tallonano come segugi la pista del tuo sguardo quasi a non volersi sentire esclusi da niente.
Miodesopsie vengono chiamati questi effetti legati a imperfezioni nella trasparenza del corpo vitreo. Un nome simpatico, che suona bene e non fa nemmeno tanta impressione, anche se poi il fenomeno può degenerare creando seri problemi alla vista.
La sappiamo lunga su questi trucchetti linguistici per cui ‘operatore ecologico’ è più gradevole che ‘spazzino’! Così la vita ci sembra più amabile, più tollerabile.
Ciò accade anche quando ci riferiamo al corpo chiamandolo ‘nostro’.
Sappi che esso non è per niente ‘tuo’: è solo un modo di dire, che usi per darti una certa importanza, sentire che possiedi qualche cosa, che hai potere su qualche cosa. Continua la lettura di Das Ding. Rovesciamenti di prospettiva